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L'alluvione che ha colpito la Liguria ha scaricato oltre 500 mm di pioggia sulla regione in poche ore. Nelle Marche, a marzo, il picco fu di 242 mm in due giorni, ma ci furono comunque tre vittime e gravi danni infrastrutturali nel Maceratese. Il geologo Antinori: "Basta con l'urbanizzazione selvaggia a ridosso dei fiumi". Proteste a Corridonia e Tolentino

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Un’immagine di Porto Recanati dopo l’alluvione del marzo scorso

di Filippo Ciccarelli

Sono passate appena un paio di settimane dalle devastazioni che la pioggia ha portato in Liguria e nella Lunigiana; le immagini di quella tragedia sono ancora impresse nella mente di tutti noi. Strade che diventano rigagnoli, torrenti, poi veri e propri fiumi in piena, che spazzano via tutto quanto si trovi sul loro percorso, trascinando con sé mezzi di trasporto, pezzi d’asfalto, ed anche vite umane. Passata l’emergenza, è montata la rabbia dei cittadini nei confronti delle autorità. Il disastro si poteva prevedere? Le autorità hanno fatto il possibile per avvisare e proteggere la gente? Queste sono domande che in genere ricevono risposta, quando la ricevono, dopo anni di carte bollate, indagini, sentenze. Ce n’è un’altra, però, a cui è doveroso dare una risposta. E se fosse successo qui, nel Maceratese, a cosa saremmo andati incontro? Agli inizi di marzo, forti piogge colpirono la nostra regione, causando tre  morti oltre a danni per decine di milioni euro.
Secondo i dati Assam, la zona più colpita fu Montedinove , in provincia di Ascoli Piceno, dove precipitarono complessivamente 241.8 mm d’acqua nei primi due giorni del mese. In provincia di Macerata il dato più alto venne registrato a Montecosaro (158.6 mm) e Sant’Angelo in Pontano (153.4 mm). Nonostante tutto, molti centri della provincia furono duramente colpiti (il fosso Trodica esondò, invadendo d’acqua la frazione di Morrovalle, a Sambucheto alcune famiglie vennero sfollate con i gommoni, il torrente Fiastra lesionò il ponte a Colbuccaro).

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L’alluvione dello scorso marzo (foto Picchio)

E se la quantità d’acqua fosse caduta sul nostro territorio in minor tempo ed in quantità maggiore? Andrea Antinori, geologo ed insegnante al Liceo Scientifico di Macerata, la vede così:
” Non è solo il dato della pioggia ad incidere. Per valutare le possibili conseguenze bisogna sapere com’è fatto il torrente, la sua pendenza, ma anche e soprattutto quanto è antropizzata l’area. La stessa quantità di pioggia che cade su un territorio a bosco riversa più lentamente nel corso d’acqua, che può farla perciò defluire meglio. Il problema è che la costruzione di aree urbane accelera il tempo di corrivazione, cioè l’acqua che cade su Macerata, non impiega più di mezz’ora per arrivare, attraverso le fogne, al Chienti ed al Potenza. Se cadesse su una superficie di campi, con alberi, il tempo sarebbe molto più lungo. Il fiume avrebbe nel tempo dissipato l’acqua. A Genova il terreno è impermeabilizzato ed il corso d’acqua entra subito in piena. La questione ha più sfaccettature”.

Parlando di urbanizzazione e di costruzione in prossimità dei fiumi, a Corridonia stanno realizzando la nuova area commerciale proprio sulle sponde del Chienti…
“E’ questo il problema. Più si occupano le aree vicino agli argini, meno il fiume ha la possibilità di giocare sulla variazione di portata. Mi spiego meglio: ripulire gli argini, scavare il letto del fiume, rimuovere la vegetazione è un palliativo. Il fiume è una realtà dinamica; quando trasporta acqua, trasporta energia che scorre. Non potendo aumentare la sua lunghezza, per sfogare la sua energia porta via materiale solido, ha bisogno di porzioni di terreno vicino agli argini per potersi allargare. Ci sono zone dove è naturale che il fiume esondi; quello che vediamo di solito è solo il letto di magra, ma il fiume dispone anche di una zona laterale più ampia che deve usare per le portate massime, che si chiama letto d’esondazione”.

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Allagamenti nel Maceratese (foto Picchio)

Per realizzare il nuovo centro commerciale gli argini sono stati alzati di diversi metri. Questo non aiuta?
“Aiuta solo quella zona dove gli argini sono stati alzati. Mi spiego meglio: continuando a costruire vicino ai fiumi, bisogna rinforzare gli argini. Ma se io li rinforzo dal punto A al punto B, per esempio, sposto solamente il problema. Se venisse una piena contenuta dai nuovi argini, ma troppo grande per quelli che sono rimasti invariati più a valle, il fiume esonderebbe comunque. Le soluzioni, quindi, sono costose perché andrebbero rifatti nuovi argini e soprattutto, come succede ad esempio per il Po, bisognerebbe fare una manutenzione continua, ogni anno, con strutture che vanno sempre rinforzate. Oppure, si potrebbero prevedere delle casse d’espansione specifiche per i fiumi troppo antropizzati”.

Passiamo al fiume Potenza: com’è la situazione?
“Disastrosa, nel senso che ormai il fiume è quello che è: io sono di Villa Potenza, e ricordo che tanti anni fa poteva succedere che l’acqua, dopo la piena, arrivasse fino alle case ed all’attuale strada 77. Quello che non si capisce è che la natura funziona con cicli anche ultradecennali. Le piogge “normali” magari hanno un ciclo annuale, poi magari ogni 10, 20, 30 anni i cicli delle piogge aumentano. Questi eventi non sono “strani”, ma magari si ripetono dopo 40 anni. Oggi, però, l’urbanizzazione non è quella di 40 anni fa…”.

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Il ponte di Colbuccaro lesionato dall’alluvione dello scorso marzo

Con la piena del Fiastra il ponte di Colbuccaro è stato lesionato…
 “Perché si continua a pensare di trattare un fiume come se fosse un canale. Un fiume non è un canale: per far defluire l’acqua si draga il corso d’acqua: questo, unito all’erosione naturale, fa sì che i piloni del ponte siano stati danneggiati. La cosa che mi stupisce è che concetti del genere si studiano nei primi anni di idraulica, non capisco cosa ci sia di così difficile nel far comprendere che usare il fiume come fosse un canale non è niente più che un palliativo”.

 Macerata correrebbe il rischio, se si ripetessero condizioni metereologiche simili, di vivere una situazione come quella di Genova?
“Per fortuna no, perché Genova ha la montagna alle spalle ed è costruita dentro gli alvei fluviali. Noi possiamo far defluire l’acqua, stando in collina. I rischi maggiori, invece, li vivono i fondovalle dei nostri fiumi, che sono tutte pianure alluvionali, nemmeno troppo ampie. Soprattutto il pericolo maggiore è rappresentato dalle precipitazioni che vengono da est, perché in quel caso, aumentando il moto ondoso, il mare riceve di meno dai fiumi, e quindi l’acqua defluisce con minor velocità”.

 Le preoccupazioni legate alla nuova area commerciale di Corridonia vengono condivise anche da un nostro lettore, Giorgio Rapanelli, che ci ha scritto questa lettera: 
“Dopo la tragedia di Genova e delle Cinque Terre, alla gente di qui ritorna la paura delle passate piene del Chienti e del Fiastra. Ricordo che l’acqua dei due

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Andrea Antinori

fiumi allagava spesso i campi dell’attuale zona industriale, portandosi pure via ettari di terreni agricoli. Oggi ci si sente al sicuro poiché a monte dei due fiumi ci sono le dighe: vediamo, però, che altrove le dighe non impediscono all’acqua di fare danni e vittime. In caso di forte piena, il centro commerciale sarebbe salvo poiché è stato messo in sicurezza sopraelevandolo due metri. ma la massa d’acqua, proveniente soprattutto dal Fiastra, che in passato si fermava in parte in quegli ettari di zona agricola ove è il centro commerciale, colpirebbe direttamente le abitazioni della zona Damen di San Claudio, costuite più a valle lungo le sponde del Chienti”.

A Tolentino intanto la lista Gente Comune-Voce alla città esprime preoccupazione attraverso un intervento pubblicato nel sito vento civico: http://ventocivico.wordpress.com/2011/11/10/alluvioni-in-liguria-e-toscana-a-tolentino-come-siamo-messi-potrebbero-accadere-fatti-simili/

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Task force in Provincia (leggi l’articolo)

 



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