Il profeta disarmato
e il cavaliere inesistente

Il punto

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di Mauro Montali

La grande mamma ha vinto. Ovvero la tradizione e il conformismo messi assieme. E tutti in soccorso dei grandi partiti. Non si chiamano più Dc e Pci e Psi ma è lo stesso. Pd e Pdl, i malmostosi derivati, ringraziano. La battaglia (ma quale?) sarà tutta, ed unica, fra Romano Carancini e Fabio Pistarelli. La città trema: chissà quali sconvolgimenti ideali e strutturali i due potranno promettere. E intanto il “profeta disarmato”, Ivano Tacconi, torna a casa a leccarsi le ferite. Macerata è  città certo sofisticata ma indolente, e perciò tollerante, sia pure all’incontrario. Non per volontà propria ma perchè non combatte. O se lo fa è solo sulla carta e contro i mulini a vento. Tanto per non farsi male. E, quindi, a proposito dei “profeti disarmati” che nella storia son finiti male (Savonarola e Trotsky, per esempio,definiti così da Machiavelli e da Isaac Deutcher), al buon Ivano saranno risparmiati sia le picconate che il rogo. Ha illuso tutti  quanti, Tacconi. Il grande centro è stata un’utopia durata lo spazio di un mattino. Almeno ci ha provato. Quel fresco venticello di rinnovamento, il grande centro per l’appunto, a cui tutti per un quarto d’ora,che non si nega a nessuno diceva Andy Warhol, hanno creduto è, però, passato sopra il campanile di piazza della Libertà senza lasciare tracce.
Tutto come prima e tutti a casa. Incluso quel Fortebraccio di Maurizio Mosca, dal quale ci saremmo aspettati molto di più. Ma, si sa, il coraggio non si trova ogni giorno. E, ora, non ci si lasci illudere della pletora di candidati sindaci che avremo. E’ per non farsi male, come al solito.
A dare ulteriori illusioni c’è stato pure (o forse soprattutto) Giulio Conti. Per dirla con Italo Calvino: il cavaliere inesistente. O quasi. Oggi ha fatto la sua centocinquantesima conferenza stampa. Non è successo nulla di decisivo. Chi si attendeva che l’on.Conti si mettesse alla testa di un movimento d’opinione vincente, è rimasto deluso, delusissimo. Al massimo,come ha annunciato, appoggerà la lista di Fiamma tricolore con lui candidato sindaco. Una rivoluzione. Doveva fare questo e quello. Alla fine non andrà neppure con Anna Menghi e con Vittorio Lanciani. Su di un punto,tuttavia, è rimasto fermo: porterà via qualche voto a Pistarelli. Ma non tanti: le alleanze latitano anche per lui. Per il resto ha condotto una battaglia personale,personalissima, ha fatto ammuina, questo sì. I giornali gli sono, comunque, riconoscenti per aver dato loro tanti titoli in pochi mesi.

Tacconi-Ivano

Ivano Tacconi, proprio perchè disarmato, è un eroe. Aveva  un ideale. Lui dice di combattere ancora, ma sembra quel soldato giapponese che, in una qualche isola del sud est asiatico, crede ancora di lottare contro gli americani. L’Udc, costretta dai giochi nazionali, non l’ha seguito. E nessun altro. Paradossalmente, Antonio Pettinari che si è visto costretto (ma non è detta l’ultima) a chinare la testa di fronte a Viventi, Ucchielli, Spacca e, probabilmente,allo stesso Casini, adesso si trova più a sinistra di lui. Sono i “troubles”,i guai della politica.
L’idea del grande centro è tramontata. Forse, non ci ha creduto mai nessuno. E se qualcuno ha cavalcato quest’ipotesi è perchè ci vedeva un tornaconto personale. Tutti candidati sindaci, nessun sindaco effettivo. Bene, un’altra sconfitta per Macerata.
La tradizione, si diceva, ha vinto alla grande.Pistarelli va a messa tutte le domeniche, Carancini una sì e una no. L’hanno detto loro. Per carità, ci mancherebbe altro. Il vescovo non ha più nemici, ammesso che li abbia mai avuti. Eppure, monsignor Giuliodori si è lamentato del fatto che “il male non è stato estirpato”. Non si tratta del comunismo, ovvio. Dov’è mai stato in queste plaghe? Ma c’è un nemico, più insidioso:l’anticlericalismo.
Due settimane fa il “Grande Oriente d’Italia”, venendo meno alla sua proverbiale riservatezza, ha firmato un manifesto pubblico d’invito per la conferenza di Massimo Teodori all’Università proprio su questo tema. E’ la prima volta che succede. E Macerata si candida con le sue sei logge e i trecento affiliati ad essere, in proporzione, la città più massonica d’Italia. Senza aggiungere che dalle parti di piazza Strambi la manifestazione estiva di Civitanova “Tutto in gioco” è stata definita come “il festival dell’ateismo”.
Chiesa contro Massoneria? Come ai vecchi tempi? La politica, quella laica e conseguente, che fine ha fatto?
Sembrerà strano, ma il “grande centro” poteva servire anche a laicizzare la vita pubblica maceratese.
Tra un profeta disarmato, un cavaliere inesistente, pasdaran di ogni tipo, frammentazioni micropolitiche, sindaci che nascono in ogni condominio, Macerata è condannata ad essere quella di sempre: “Civitas Mariae” e il collegio elettorale di Garibaldi.



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