di Beatrice Cammertoni
“Una città sorniona, fiaccata, attraversata da un malessere interiore”: sono queste le ormai famose parole che Monsignor Giuliodori ha usato per Macerata nel corso della celebrazione di lunedì in Cattedrale per la ricorrenza della festa del Patrono. L’Omelia del Vescovo, estremamente ricca di spunti di riflessione, ha ricostruito l’immagine di un capoluogo di provincia pieno di potenzialità ma in una situazione di stallo e incapace di rinnovarsi.
Alla città, con affetto, Monsignore ha rivolto queste parole: “Cara Macerata, Città di Maria e terra di San Giuliano, ritrova la tua spiccata sensibilità religiosa, lo slancio della fede in Gesù Cristo, il coraggio di vivere e testimoniare il Vangelo, non avere paura di essere ciò che sei stata, ciò che sei e che sei chiamata ad essere”.
Dopo aver chiesto ai politici locali quale fosse la loro opinione in merito, Cronache Maceratesi ha incontrato i parroci di due delle chiese più frequentate di Macerata, per sapere in che modo anche loro hanno recepito l’omelia del vescovo.
Don Attilio Marinsalda (foto a sinistra), della parrocchia dell’Immacolata, celebra la messa che recentemente ha guadagnato il primato di più breve di Italia. “L’omelia del Vescovo non è da intendere come un giudizio all’amministrazione vigente o ai cittadini, bensì come impegno concreto di Monsignor Giuliodori nel realizzare un’idea di società maturata nella conoscenza del Vangelo. L’impegno di ognuno verso il prossimo è fondamentale: il secondo comandamento è importante quanto il primo per un buon cristiano. L’amministrazione ha comunque raggiunto importanti risultati per la città, che è una delle più vivibili della nazione e i cui passi avanti sono guidati da una giusta concezione di ciò che è giusto o no.”
La domenica mattina, si ritrovano nella chiesa in Corso Cavour moltissimi maceratesi: la prospettiva del sacerdote sulla città, dunque, non può che essere privilegiata. “Direi che la pratica religiosa a Macerata è viva, dall’inchiesta effettuata da Monsignor Orandoni la percentuale di praticanti è molto più elevata che nel resto d’Italia. Frequentare la messa dà la possibilità di istruirsi non solo secondo i criteri umani ma anche nella sapienza del Vangelo, sul quale è necessario meditare”.
Sono numerosi anche i fedeli che frequentano la chiesa di Santa Croce, guidata da Don Alberto Forconi (foto a destra). “Ero presente alla celebrazione di Lunedì: credo non sia possibile valutare tutti gli aspetti di questa lunga omelia se non dopo un’attenta analisi, complessa al pari di quella che ha guidato il Vescovo nel redigerla. Monsignore parla di riflessioni, preoccupazioni e speranze che sono emerse dopo due anni di esperienza nella nostra diocesi: potendo dare uno sguardo generale, lui riesce a cogliere dei tratti che a noi parroci sfuggono, come fa il pastore quando sceglie i pascoli per le sue pecore e evita i pericoli.” Don Alberto prosegue: “Ho recepito con molto interesse questa lettura della nostra realtà. Il Vescovo ha un carisma particolare dato dalla sua giovane età ma anche dalla grande esperienza che ha già avuto in ambito ecclesiastico. Il discorso è chiaro, ogni punto è sviluppato alla luce del sole, una lezione lucida con proposte e indicazioni.” L’immagine che il sacerdote sceglie per rappresentare l’omelia è quella del campanello di una casa: “Quando in un’abitazione si sente suonare è chiaro che qualcuno sta chiamando, che è necessario muoversi e adoperarsi. In questo caso a premere il tasto è una persona autorevole, ricca d’animo, che manda un richiamo di qualità e competente a cui non si può non dare seguito. Uno dei punti su cui focalizzare maggiormente l’attenzione è l’unione delle forse sociali. Superare le divisioni per costruire insieme ed impegnarsi. Ognuno di noi deve guardarsi intorno, combinare le proprie forze con quelle degli altri per collaborare nel risolvere i problemi che colpiscono le parrocchie, la città e più in generale il nostro stato”.
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Non vorrei che monsignore, senza accorgersi, abbia un pochino peccato di superbia.
Sicuramente monsignore, da quella persona intelligente che è, avrà ascoltato la voce dei suoi fedeli, avrà parlato con i cittadini, avrà ascoltato le molte lamentele che si levano dai quartieri cittadini, avrà sicuramente parlatoocon i suoi sacerdoti.
E si sarà fatto un idea di come è Macerata e di come sono le sue persone.
Però che, dopo soli 2 anni, possa essere considerato un maceratese “doc” ( e quindi profondo conoscitore di Macerata, delle sue persone e della sua lunghissima storia politica e sociale) e quindi che dal pulpito bacchetti la città mi sembra una forzatura.
A Macerata, come ho già detto in un altro intervento (https://www.cronachemaceratesi.it/?p=8758) non tutto è oro quel che luccica… ma non ci sono solo aspetti negativi.
E se la città è parzialmente addormentata lo si deve soprattutto a chi, a livello politico e religioso, negli ultimi 40 anni non ha fatto altro che dispensare camomila e valeriana a tutti.
Se per 40 anni a Macerata un solo partito l’ha fatta da padrone, e dai pulpiti cittadini, questo partito era sponsorizzato un piccolo “mea culpa” lo vogiono fare anche i nostri politici di lunghissimo corso (abbiamo politici, che ancora fanno politica ed intralazzano, che hanno cominciato oramai quasi mezzo secolo fa… e sono ancorali….) e qualche nostro sacerdote???
Il fatto singolare è che solo oggi alla scadenza dell’amministrazione di centro-sinistra di Meschini ci si accorge dell’inerzia maceratese, quando il Comitato Anna Menghi da circa 10 anni sottolinea questo aspetto. Parliamo chiaro a molti è stato bene questo stato delle cose, oggi alla vigilia delle votazioni amministrative in molti alzano la cresta, credo semplicemenete per accreditarsi rispetto ai Cittadini stanchi di una notte durata quasi dieci anni. Fioccano candidati sindaci e ipotesi di coalizione, ma i fatti resto fatti come ad esempio la trattativa privata avviata dal Sindaco per riqualificare il Centro Fiere di Villa Potenza. Non si possono chiedere allenza quando non vi sia una pausa di riflessione su tali fatti!!!!!