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Macerata città astratta:
il logo che ognuno vede a modo suo

POLEMICHE SUL CITY BRAND - Il marchio "visionario" commissionato dal Comune ha scatenato una pioggia di commenti tra ironia e perplessità. Perticarari (Pd) incalza sui costi: «Il tutto alla modica cifra di oltre 30mila euro?»

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Tre uomini e una gamba decorata dal city brand di Macerata (Foto Ai)

di Leonardo Giorgi

Ma quanto avete speso per questa roba qui? Guarda che uno studente dell’Accademia con 30mila lire la fa meglio, non ha neanche lo Sferisterio. Non si tratta di Aldo, Giovanni e Giacomo, non ci sono sculture di Garpez coinvolte, eppure la polemica esplosa dopo lo svelamento della nuova grafica del “city brand” di Macerata ricorda molto la scena più iconica di Tre uomini e una gamba. Oggi, un uomo e una cifra: tra i più polemici per l’iniziativa del Comune, c’è il consigliere Andrea Perticarari (Pd): «Il tutto alla modica cifra, sembra, di oltre 30mila euro» commenta dopo aver visto una determina del settembre 2021, quando il lavoro è stato commissionato.

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Il nuovo marchio su una shopper

Il lavoro del grafico Leonardo Sonnoli, punto di riferimento internazionale nell’ambito del design “d’identità” di opere pubbliche e non solo, è stato spiegato ieri da lui stesso come «riflessione sul paesaggio di questo territorio, un elemento di forte valenza storica e naturalistica appunto. Nella scelta cromatica, che deve molto alla tavolozza di Vladimiro Tulli, l’azzurro corrisponde alla visione prepotente del cielo che domina sul rosso dei coppi e su bianco calvo e rosato degli intonaci e delle pietre che caratterizzano i palazzi nobiliari e lo Sferisterio» (leggi l’articolo).

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Ieri la presentazione del City Brand

Effettivamente, il logo può ricordare la città vista dall’alto e i suoi colori, ma – commenta ironicamente sui social l’architetto Luca Maria Cristini – «a Macerata arrivano tutti con l’elicottero». Sempre Cristini scrive: «Il nuovo “city brand” della città di Macerata non mi fa venire in mente niente di buono. Ma davvero lo hanno pagato? Era così bella quella emme». C’è chi, nei social, ha usato quella emme per epiteti e commenti meno eleganti rispetto a quello dell’architetto Cristini, che ha paragonato il design a quello del Biol, il “detersivo biologico superconcentrato” di una volta.

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Una vecchia confezione del detersivo Biol

Anche la emme di “macchia” compare spesso tra i giudizi di chi ha detto la sua sul logo. Chi ha parlato di macchia sulla tovaglia, chi invece ha scomodato il test di Rorschach e le macchie – appunto – utilizzate come indagine della personalità. Durante la presentazione si è affermato che il simbolo parla a tutti, e così, proprio come fosse un test di personalità, il già citato consigliere Perticarari ha raccolto oggi in un post le descrizioni con cui i maceratesi in queste ore si sono rivolte al city brand: «Rapida carrellata delle immagini collegate dai maceratesi al nuovo city brand della città di Macerata con i colori invece che ricordano quelli di Civitanova: Tac ai polmoni; escremento di piccione su strada; esplosione di razzo di Musk; macchia; barattolo di vernice caduto in terra; test di Rorschach; drago che sputa fiamme a testa in giù; gatto preso sotto da un’auto; cavallo alato con zaino; assorbente che galleggia in una pozza; eccetera… insomma bene, ma non benissimo. La domanda a questo punto è una. Ma quando all’Amministrazione hanno presentato il progetto, avevano gli occhi bendati? E si badi bene, non è una critica al professionista che lo ha creato, ma a chi ha dato l’ok».

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Leonardo Sonnoli presenta il city brand

Un’altra descrizione la offre Massimo Giorgi, in un commento sulle pagine di Cronache Maceratesi: «Pur nel rispetto del dichiarato astrattismo dell’opera ci pare che nel rosso dei coppi si possano vedere stilizzati alcuni profili: quello d’un polipo rimasto con un solo tentacolo, quello della testa d’un gatto o altro felino, quello d’un camelide sudamericano, quello d’un dinosauro erbivoro e infine quelli di due busti umani a testa in giù. Il profilo d’un pistacoppo non c’è, ma avrebbe dato all’avanguardismo del brand un maggior senso di non rinuncia alle radici, senso che resta comunque garantito da quel bianco “calvo” che è un colore che solo Macerata possiede».

Visto che sarà il tempo a dire se il lavoro grafico potrà veramente fare il bene della città e «parlare a tutti» (facendosi comprendere), pensando a Rorschach, resta solo un dubbio: il «gatto morto» è nel city brand o nell’occhio di chi guarda?

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Il post del consigliere Andrea Perticarari

Macerata ha il suo city brand, l’ispirazione viene da Tulli. «E’ un simbolo che parla a tutti»



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