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«Sciopero dei metalmeccanici,
l’adesione è stata superiore all’80%:
molte aziende sono rimaste vuote»

PRESIDIO per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, questa mattina, davanti alla sede di Confindustria Macerata e in tutte le Marche. Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil: «Ribadita l’esigenza di avere un contratto giusto e equo, mandando così un messaggio chiaro e preciso a Federmeccanica»

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La protesta dei lavoratori

Presidio dei lavoratori e dalle lavoratrici del settore metalmeccanico della provincia, questa mattina, davanti alla sede di Confindustria Macerata in occasione dello sciopero per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro.

«L’adesione è stata importante in tutte le principali aziende del territorio – si legge in una nota della Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil – i metalmeccanici, con la loro partecipazione hanno ribadito l’esigenza di avere un contratto giusto e equo, mandando così un messaggio chiaro e preciso a Federmeccanica.

L’adesione è stata superiore all’80% con picchi fino al 100%, pertanto molte aziende sono rimaste completamente vuote. Anche i presidi, dal nord al sud delle regione, hanno visto una grande partecipazione. Al Crn, in Fincantieri, in Omas, alla Emc Fime, alla Beko, all’Electrolux, alla Raicam, alla Peralisi, in tutto il gruppo Ariston, alla Thermowatt, alla Faber, all’Antonio Merloni, all’Elica, alla Rivacold, a Confindustria Macerata, alla Metaltex tanti i lavoratori davanti ai cancelli, nonostante le gelide temperature. In questa importante giornata, i metalmeccanici, anche nelle Marche hanno dimostrato tutta la loro determinazione nel voler rinnovare il contratto nazionale».

Dopo sei mesi di confronto la trattativa per il rinnovo del Ccnl Metalmeccanici Industria si è interrotta «per responsabilità di Federmeccanica-Assistal che hanno respinto buona parte delle richieste contenute nella piattaforma di Fim-Fiom-Uilm», proseguono i sindacati che riassumono i motivi della rottura del negoziato.

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«In merito al salario è stata respinta la richiesta di aumento di 280 euro (Liv. C3), nessun aumento definito nel contratto nazionale ma tutto legato all’andamento inflattivo, peggioramento della clausola di salvaguardia posticipando di 6 mesi parte dell’aumento sui minimi contrattuali, nessuna volontà di modificare la clausola di assorbimento degli aumenti contrattuali. Per quanto riguarda i premi di risultato per i lavoratori delle aziende senza contrattazione aziendale, viene proposta una soluzione impraticabile e difficilmente raggiungibile.

Inoltre, non c’è nessuna disponibilità a ridurre l’orario di lavoro e a regolamentare lo smart-working, nessuna disponibilità a riconoscere permessi per conciliare tempi di vita e di cura dei figli e genitori e vene richiesta la fruizione collettiva dei Par individuali non utilizzati. Sui contratti precari infine – concludono Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil – nessuna disponibilità a regolare l’utilizzo attraverso il Contratto nazionale e non c’è nessuna garanzia economica e occupazionale per i lavoratori in caso di cambio appalto».



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