Walter Siquini e la sua squadra
di Luca Patrassi
Il dottor Walter Siquini guida dal luglio 2019 la Chirurgia ad indirizzo oncologico di Macerata: ascolano di Castignano, laurea e specializzazione ad Ancona, primo incarico nella Clinica chirurgica dell’Università di Ancona «con il prof Eduardo Landi, mio grande ed indimenticabile maestro. Ho lavorato per 15 anni al suo fianco alla clinica chirurgica di Ancona – aggiunge Siquini – ed in questo periodo, grazie a lui, ho avuto modo di formarmi e di frequentare prestigiose istituzioni chirurgiche Nazionali. Per 8 anni, dal 2011 al 2019, ho poi diretto la Chirurgia generale di San Benedetto del Tronto»
Walter Siquini
E’ a Macerata da poco più di cinque anni. Che immagine aveva dell’ospedale e cosa ha trovato?
«Avevo l’immagine di un ospedale dotato di enormi potenzialità e grandissime risorse umane, strutturali ed organizzative. Non a caso ho deciso di lasciare San Benedetto per venire qui. Il mio principale campo d’azione e di interesse è sempre stato la Chirurgia Oncologica. La gestione di questa delicata specialità chirurgica prevede, secondo le più recenti linee guida, all’interno dell’Ospedale, la presenza delle strutture complesse di radiologia interventistica ed endoscopia operativa, oggi divenute indispensabili ed imprescindibili per poter operare in sicurezza molte neoplasie. A Macerata trovavo quindi un reparto di Chirurgia generale ad indirizzo oncologico ed un’Oncologia in forte ascesa diretta dal dottor Nicola Battelli, al quale mi legano sentimenti di grandissima stima e profonda amicizia alimentati durante la nostra lunga collaborazione a Torrette. Un ulteriore importante valore aggiunto era trovare a Macerata tanti direttori di struttura complessa tutti formati e provenienti dall’ospedale di Torrette con i quali avevo condiviso il lungo periodo della formazione (il dr Alborino della Radiologia Interventistica, Il Dr Feliciangeli della Gastroenterologia, Il dr Catalini della Medicina, la dottoressa Marchesani della Pneumologia, la dottoressa Servi dell’Urologia) e nel reparto di Chirurgia ritrovare sei chirurghi provenienti dalla mia stessa scuola landiana (Alessandro Cardinali, Guido Gesuelli, Massimo Sartelli, Rodolfo Scibè, Gianluca Speranza e Cristian Tranà). L’idea di dirigere una Chirurgia ad indirizzo oncologico, in un ospedale più grande, disponendo di tante risorse umane e strutturali rappresentava per me un’avvincente sfida da affrontare. Tutte le potenzialità che immaginavo ho poi ritrovato nella realtà».
Ci presenta il suo reparto?
«La mission della mia unità operativa è rappresentata dal trattamento chirurgico integrato delle patologie oncologiche ma anche dalla chirurgia delle malattie infiammatorie intestinali croniche e dall’endocrinochirurgia. Un obiettivo che mi è stato affidato dalla Direzione generale quando sono arrivato a Macerata era quello di realizzare la modernizzazione della Chirurgia generale ad Indirizzo Oncologico, ricca di un grande patrimonio umano e tecnico-scientifico e con importanti volumi di attività, ma ancora fortemente ancorata alla chirurgia aperta laparotomica. Il programma era quindi di imprimere una forte accelerazione e di attuare una rivoluzione sia tecnica, passando all’applicazione sistematica e standardizzata dell’approccio chirurgico mini-invasivo, sia organizzativa con l’introduzione ed applicazione sistematica dei moderni protocolli Eras. Motivando e trovando pronta risposta nei miei collaboratori sono riuscito ad introdurre ed implementare rapidamente l’approccio laparoscopico che dopo un solo anno è divenuto lo standard di trattamento per la quasi totalità degli interventi elettivi di chirurgia maggiore oncologica ed anche per molti interventi eseguiti in regime di urgenza. Unitamente alla laparoscopia, è stata introdotta l’applicazione sistematica di oltre il 70% dei punti del protocollo Eras e questo straordinario connubio è risultato dirompente nel miglioramento degli risultati, della qualità di vita dei pazienti e nella riduzione della spesa. Un altro passo in avanti in termini di modernizzazione è stato compiuto nelle occlusioni neoplastiche del colon un tempo trattate con l’asportazione del tumore ed il confezionamento di una stomia ed ormai costantemente gestite con il posizionamento delle protesi coliche. Queste consentono di evitare l’intervento in urgenza e di eseguire, dopo 3 settimane, una resezione colica laparoscopia che scongiura il confezionamento di una colostomia, spesso altrimenti definitiva, in questi pazienti. In questi 5 anni ho profuso un grande sforzo personale nell’opera di tutoraggio e così facendo sono riuscito a formare un gruppo chirurgico di alto livello, equipe nella quale la maggior parte dei chirurghi è attualmente in grado di eseguire in autonomia i principali interventi di chirurgia laparoscopica avanzata».
I numeri quali sono?
«Nel quinquennio in esame, la Chirurgia generale ad indirizzo oncologico ha registrato 6874 ricoveri di cui 2292 in regime d’urgenza e un totale di 6448 interventi di cui 4636 in elezione e 1812 in urgenza. Entrando più nel dettaglio sono state effettuate 747 resezioni colo-rettali: 593 resezioni coliche e 154 resezioni del retto (mininvasive nel 75% dei casi), 129 gastrectomie (per oltre il 50% laparoscopiche), 83 resezioni epatiche (5 laparoscopiche), 204 tiroidectomie, 10 pancreasectomie, 6 surrenalectomie laparoscopiche e 9 riparazioni di ernie diaframmatiche laparoscopiche, 670 colecistectomie vl, 314 appendicectomie di cui 189 laparoscopiche. L’introduzione del binomio laparoscopia ed Eras ha comportato un rapido e progressivo aumento percentuale del numero dei pazienti operati per patologia colo-rettale che è risultato del 26% nel 2020 (106 pazienti contro 86 del 2018), del 38.1% nel 2021 (116 contro 86) per raggiungere il 50,2% nel 2023 (130 vs 86). Inoltre, osservando attentamente la casistica operatoria si può notare come al progressivo aumentare dello skills del gruppo chirurgico si è assistito ad un progressivo incremento, dal 2019 al 2024, della percentuale degli interventi eseguiti in laparoscopia, sia per la chirurgia elettiva che per quella in regime di urgenza e per procedure via via sempre più complesse. Attualmente oltre il 90-95% degli interventi di chirurgia colo-rettale e gastrica elettivi vengono effettuati in laparoscopia ed in casi selezionati con l’aumentare dell’esperienza dopo emicolectomia destra o sinistra ci siamo spinti ancora oltre, nei percorsi di ultra-eras, con one day left colectomy e one day right colectomy e cioè dimissione del paziente in prima giornata postoperatoria, opzione impensabile ed improponibile fino a pochi anni fa».
I riscontri statistici.
«Il Piano nazionale esiti (Pne) di Agenas relativo al 2021 indica come la Chirurgia generale ad indirizzo oncologico di Macerata sia al primo posto nelle Marche per neoplasie del colon operate con approccio mini-invasivo con 83 casi, seguita da Pesaro con 66 ed Ancona con 63. I dati del Pne del 2022 certificano, inoltre, che la nostra Chirurgia è al primo posto per resezioni rettali ed al secondo posto per gastrectomie dopo Pesaro. Siamo ancora in pole position, nella nostra regione, per la più bassa degenza mediana nella chirurgia colica che è passata da 12,8 giorni del 2018 a 5 giorni ormai stabili dal 2019 al 2023 (contro una mediana nazionale di 7). Abbiamo condotto un importante studio retrospettivo di confronto, in chirurgia colo-rettale, tra l’approccio tradizionale (chirurga aperta) e l’approccio moderno (laparoscopia associata a protocolli Eras) che ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa della degenza media (crollata 12,8 a 5,8 giorni), delle infezioni del sito chirurgico (passate dal 20,2% allo 0.9%), delle complicanze mediche (scese dal 19.1% al 5.2%), delle complicanze chirurgiche (passate dal 21.4% al 13,7%) e dell’uso degli antibiotici. All’analisi dei costi, la riduzione delle giornate ha comportato un risparmio di 354,888 euro nel 2020 e di 432,216 euro nel 2021. Le risultanze di questo studio, in corso di pubblicazione, sono state presentate a vari congressi nazionali ed al congresso mondiale di Eras Society a Lisbona nel 2023. Questi risultati sono stati raggiunti grazie ad un importante lavoro di squadra che ha coinvolto nel progetto tutto il personale medico ed infermieristico della mia Unità Operativa, della sala operatoria ed i numerosi colleghi parte attiva ed integrante del percorso Eras (anestesisti, internisti, fisioterapisti, dietologi, gastroenterologi). Stiamo collaborando con altri importanti centri nazionali e fornendo i nostri corposi dati a scopo di studio e ricerca. Questo ulteriore e gravoso impegno ha prodotto numerose pubblicazioni scientifiche e presentazioni congressuali che danno lustro alla Chirurgia ed all’ospedale di Macerata. In questo modo siamo coinvolti attivamente nella costruzione di una chirurgia in evoluzione sempre più gentile, efficace e rispettosa della qualità di vita dei pazienti».
Ha citato il protocollo Eras, di cosa si tratta?
«Eras è l’acronimo di Enhanced Recovery after Surgery o “miglior recupero dopo un intervento chirurgico”, è un modello organizzativo multidisciplinare che ha l’obiettivo di facilitare e migliorare la convalescenza e la guarigione dei pazienti sottoposti a chirurgia attraverso la standardizzazione e l’ottimizzazione delle cure perioperatorie. Eras è un protocollo Evidence based medicine che ha avuto la forza di confutare assiomi indiscussi e non dimostrati dell’agire chirurgico e quindi di scardinare quei comportamenti imposti dogmaticamente come postulati dai nostri maestri che per decenni hanno contribuito ad aumentare inutilmente il dolore e la sofferenza dei pazienti impattandone negativamente la qualità di vita. In questo contesto, l’abolizione della preparazione intestinale, del sondino naso-gastrico e dei drenaggi, la rapida rimozione del catetere vescicale, la precoce mobilizzazione e rialimentazione e ripresa della funzionalità intestinale sono tutti punti di Eras che hanno indubbiamente migliorato sia la qualità di vita dei Pazienti che i risultati clinici. Nella nostra esperienza, l’assenza del sondino naso-gastrico e la precoce rimozione del catetere vescicale in I giornata post-operatoria, ci ha consentito, rispetto al passato, di azzerare sia le polmoniti che le cistiti postoperatorie. Il percorso di implementazione che conduce all’ applicazione sistematica del binomio Eras e laparoscopia è una strada lunga e faticosa che implica un “salto culturale” ed impone di “rimettersi in gioco”, impone un lungo percorso di standardizzazione sistematica delle procedure laparoscopiche, la disponibilità della migliore tecnologia (colonne laparoscopiche 3D/4K, suturatrici meccaniche robotizzate, sistemi avanzati di dissezione e sintesi tissutale, tecnologia ad infrarossi per il verde di indocianina, fili barbati autobloccanti per arrivare alla piattaforma robotica) e l’attuazione tassativa di oltre il 70 % degli items del protocollo Eras. Quando finalmente tutto viene messo a punto (nel mio vissuto personale sono stati necessari 10 anni) si raggiunge il traguardo della significativa riduzione delle complicanze, della degenza e della spesa».
I benefici per i pazienti
«La cosa più bella, importante e gratificante è osservare, in prima giornata post-operatoria, il paziente operato di resezione colo-rettale o gastrica laparoscopica all’interno di un protocollo Eras, che cammina e si muove liberamente in reparto senza sondino naso-gastrico, catetere vescicale e drenaggi e vederlo uscire con passo spedito dall’ospedale, tra la seconda e la quarta giornata post operatoria, come se non fosse stato operato. Inoltre, i principali beneficiari di un approccio totalmente mininvasivo, sia nella tecnica chirurgica sia nel percorso pre, intra e post-operatorio sono i pazienti grandi anziani e con numerose comorbidità che riescono a superare brillantemente l’intervento, vengono rimessi in piedi e rialimentati poche ore dopo l’operazione e possono essere dimessi dopo 4-6 giorni. Nell’era della chirurgia open associata ai vecchi comportamenti, molti di questi Pazienti sviluppavano gravi complicanze causa di lunghissime degenze post operatorie spesso esiziali. E’ ormai dimostrato che la “magica associazione” rappresenti in Chirurgia generale la rivoluzione copernicana più importante e significativa degli ultimi trenta anni, rivoluzione che ha aperto una nuova era nella cura del Paziente chirurgico, i cui straordinari paradigmi di comportamento, supportati dall’evidenza scientifica, andrebbero diffusi e trasferiti a tutta la comunità ospedaliera medica ed infermieristica degli altri reparti, per scardinare abitudini dannose ormai superate ma ancora oggi di largo utilizzo e rendere il nostro un Eras Hospital».
Tempo di bilanci o di obiettivi?
«Bilanci ed obiettivi non sono due aspetti antitetici, anzi ritengo che siano fortemente interconnessi ed interdipendenti. Fare il bilancio delle attività svolte e misurare ciò che si è fatto è indispensabile per capire se la strada percorsa è quella giusta e se i risultati ottenuti sono soddisfacenti oppure no e se vanno attuati dei correttivi per migliorarli. Se non abbiamo i numeri in termini di volumi e di risultati non possiamo fare i bilanci conclusivi che rappresentano il presupposto, la base e la rampa di lancio per poter programmare nuovi obiettivi e nuove sfide raggiungibili».
Quando si è presentato ha detto che le parole guida nel suo reparto sono umiltà, umanità e accoglienza. Sono ancora il suo riferimento o aggiungerebbe qualcos’altro?
«Tanti anni fa ho frequentato il reparto di Chirurgia oncologica del San Raffaele di Milano diretto dal prof Staudacher e tutte le mattine attraversando l’atrio leggevo la frase di Don Verzè scritta all’ingresso: “questo è il luogo dove si celebra la sofferenza”. Occupandomi poi di chirurgia oncologica ho sempre pensato che il nostro ruolo per tutti i pazienti, ed in particolare per i neoplastici, è quello di cercare di curarli prestando grande attenzione all’aspetto umano per alleviare il dolore e la sofferenza fisica e psicologica. Con spirito caritatevole o filantropico il nostro compito è quello di sostenere, aiutare ed alleviare il dolore a chi sta vivendo un momento molto difficile e complesso della vita. In questo contesto diventa mandatorio che i nostri problemi, tensioni e nervosismi debbono spegnersi quando varchiamo l’ingresso dell’ospedale per metterci a disposizione dei malati con umiltà, umanità, disponibilità ed accoglienza. Come dico sempre agli studenti di Infermieristica nella prima lezione, in ospedale non c’è posto per l’ignoranza, la maleducazione e per la mancanza di rispetto nei confronti di chi soffre ed è malato».
Guida la Chirurgia che già nella parola sembra animata da una base interventistica. Alla voce prevenzione cosa dice?
«Dico che prevenire i tumori è molto meglio che curarli. Questa strategia è anche molto meno costosa, aspetto non trascurabile quando le risorse disponibili sono limitate. Si stima che circa il 40% di tutte le neoplasie potrebbero essere evitate con la prevenzione primaria cioè intervenendo sui fattori di rischio (fumo di sigaretta, alcool, obesità) ed adottando uno stile di vita sano (dieta ricca di frutta, verdura, legumi e povera di grassi e carni rosse, attività fisica costante). Il fumo di sigaretta è il silent killer più spietato che conosciamo responsabile di circa il 90% dei tumori polmonari e del 27% circa di tutti i tumori umani (cavo orale, laringe, faringe, esofago, vescica). Esiste, inoltre, la prevenzione secondaria che attraverso gli screening mira alla diagnosi precoce e ad un trattamento tempestivo che consente di migliorare le chance di guarigione. Nel nostro sistema sanitario sono attivi tre screening: per i tumori del colon retto dai 50-69 anni (sangue occulto fecale), della mammella dai 50-69 anni (Rx mammografia) e della cervice uterina dai 25-60 anni (Pap test)».
La risposta della popolazione agli screening?
«Purtroppo l’aderenza ai protocolli di screening a livello nazionale è troppo bassa e nel 2022 è stata solo del 45% per il sangue occulto fecale, del 70% per la mammografia (con ampia forbice tra Sud (58%) e Nord (80%)) e dell’80% per il Pap test. Ciò dipende o dal Paziente che non si presenta all’appuntamento prefissato o dalla struttura pubblica che per mancanza di risorse umane non riesce ad espletarli. Sappiamo che un’aderenza che raggiunge il 90% certifica un sistema sanitario ben organizzato e di elevato livello e che le risorse investite in questi capitoli di spesa restituiranno un enorme risparmio in termini sia economici che di salute e benessere. Ho la chiara impressione che sia per la prevenzione primaria che per gli screening, nel nostro Paese si debba fare molto di più e meglio attraverso il coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale e con campagne di informazione e di sensibilizzazione ministeriali riguardanti il fumo, l’alcool, la dieta, lo stile di vita e gli screening con recall telefonico per chi ha disertato. E’ un ambito di civiltà dove c’è molto da lavorare».
Si parla molto di sanità pubblica, è un concetto da difendere o un modo di vivere la professione?
«La nostra sanità pubblica fondata sull’articolo 32 della Costituzione è un’istituzione unica che molte Nazioni ci invidiano e che dobbiamo continuare a difendere a tutti i costi e con ogni sforzo. Difenderla significa garantire a tutti cure mediche di qualità indipendentemente dalla condizione economica».
Si dice che alcune specialistiche non siano più attrattive per i giovani: un problema economico, un eccesso di rischi anche legali, i Paesi esteri esercitano un richiamo maggiore?
«Questo è un argomento di grande attualità, un problema emergente particolarmente preoccupante per le ripercussioni che potrà avere in un futuro molto prossimo. Purtroppo, la Chirurgia generale, una delle branche più affascinanti e complesse della medicina, sta perdendo attrattiva tra i giovani medici e siamo giunti ad una situazione di allarme per la mancanza di vocazioni chirurgiche. Quando io ero neolaureato la specializzazione in Chirurgia generale era tra le più ambite e ricercate e nessun posto disponibile andava perduto. Lo scorso anno in Italia il 56% delle borse di Chirurgia generale non è stato assegnato per mancanza di candidati. Lo stato di allerta è stato affrontato in una sessione dedicata durante l’ultimo congresso nazionale dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) a Napoli, dove il presidente Marco Scatizzi ha “tuonato” ai tre onorevoli invitati (Boschi, Boccia ed un senatore della Lega) che “dall’analisi dei dati tra 5 anni il 30% delle Chirurgie generali presenti sul territorio nazionale sarà costretto a chiudere per mancanza di chirurghi e che le istituzioni debbono con urgenza assumere provvedimenti correttivi, rappresentati in primis dalla depenalizzazione e dall’aumento della retribuzione”. Infatti, il rischio di contenzioso medico-legale sempre più insistente e lo stipendio non certo proporzionato all’elevato livello di responsabilità portano i giovani medici a scegliere specialità meno pesanti, più remunerative che offrono maggiori opportunità di attività privata, con minori responsabilità e più basso rischio di contenzioso medico-legale come dermatologia, chirurgia plastica, cardiologia. Del resto tra tutti i Paesi europei solo in Italia, Grecia e Polonia la responsabilità del contenzioso medico-legale ricade direttamente sul medico e non sulla struttura sanitaria che eroga le prestazioni. La depenalizzazione ha l’obiettivo di ridare serenità ai medici, di ridurre la medicina difensiva ed omissiva e di ripristinare le vocazioni chirurgiche. Se il Governo non depenalizza e non aumentano gli stipendi i chirurghi saranno sempre di meno e sempre maggiore sarà la fuga all’estero dove si lavora meglio, senza pressioni e con uno stipendio due o tre volte maggiore».
Macerata registra un grande numero di donazioni, anche importanti. E’ un fenomeno che più vi sorprende o più vi rende consapevoli di svolgere una funzione di grande rilievo sociale?
«Non sono affatto sorpreso dalla grande generosità dei maceratesi. Le donazioni sono un segno tangibile del supporto e della fiducia che alcuni cittadini ripongono nell’ospedale e nei suoi professionisti. Sono gesti di generosità che non solo consentono l’acquisizione di strumentazioni molto costose altrimenti non attenibili per le scarse risorse disponibili, ma creano anche un legame più forte tra l’ospedale e la comunità. Dal 2019 ad oggi la Chirurgia generale ad indirizzo oncologico di Macerata ha avuto tre importanti donazioni: il Misonix, dissettore ultrasonico per la chirurgia resettiva epatica laparotomica e laparoscopica ed una colonna laparoscopica full optional 3D/4K che sta per arrivare entrambi donati dalla Lube Industries ed un ecografo Esaote munito di sonda laparoscopica donato dalla Banca Macerata. Colgo l’occasione per rinnovare i ringraziamenti al presidente Ferdinando Cavallini, al direttore Toni Guardiani ed alla responsabile dell’area commerciale Debora Falcetta. Un grazie particolare a Luciano Sileoni della Lube Industries, per la particolare sensibilità che ha sempre dimostrato nei confronti di chi soffre ed in particolare per i pazienti colpiti da neoplasie e per la sua grande generosità che ci ha consentito di acquisire le più avanzate strumentazioni tecnologiche disponibili sul mercato».
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Grandissimo!!
Tra i più grandi in Italia in questo ambito.
Un ottimo reparto con medici bravissimi e competenti.Colgo l'occasione per ringraziare il dottor Guido Cesare Gesuelli e la coordinatrice del reparto Marina Rossi per la loro competenza,bravura e immensa umanità.Grazie di vero cuore!!
Un grande professionista e di un'umanità unica.
Sono stata operata dal dott. Siquini un grandissimo professionista, umano ed empatico con un'equipe eccezionale.
Circa 23 anni fà, ho avuto la fortuna di conoscere il Dr Squini, facente parte dell'equipe del prf Landi....e ciò che dico da allora, se non fosse x la Sua (la loro) grande umanità umiltà e gentilezza,forse non ce l'avrei neanche fatta ad essere ancora qua!
Non ho parole, è stato detto tutto !!!!! Complimenti
Il Professor Walter Siquini è di unumanita, unumiltà e di una semplicità unica, un grazie di cuore per tutto ciò che ha fatto e continua a fare con estrema passione.
Il dottor Siquini è un grande professionista che si prende cura dei pazienti con grande umanità.Grazie per il lavoro che svolge
Complimenti...siamo fortunati ad avere medici così
Un grande plauso a tutta l'equipe.
Un grande medico
Sono tutti super grazie di cuore
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Veramente un gran bel reparto, complimenti a tutti gli operatori e all’ottimo Direttore dell’orchestra chirurgica.
“Evitabile il 40% delle neoplasie”. Un’affermazione difficilmente sostenibile e dimostrabile, non credo che il dottor Siquini, di comprovata bravura, si sia espresso così.
Come dico sempre agli studenti di Infermieristica nella prima lezione, in ospedale non c’è posto per l’ignoranza, la maleducazione e per la mancanza di rispetto nei confronti di chi soffre ed è malato».Non c’è bisogno di commentare tanto è chiaro il passaggio.E qui ci vorrebbe già un controllo capillare che non dovrebbe fare sconti a nessuno.
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«La nostra sanità pubblica fondata sull’articolo 32 della Costituzione è un’istituzione unica che molte Nazioni ci invidiano e che dobbiamo continuare a difendere a tutti i costi e con ogni sforzo. Difenderla significa garantire a tutti cure mediche di qualità indipendentemente dalla condizione economica».
Ecco qui oltre a scioperi dei medici che non porterebbero a niente dovrebbe intervenire la politica che non vuole rendersi conto del problema forse perché si sentono degli unti dal signore. Dovrebbero, quelli che decidono, ammalarsi tutti di cancro e poi fare i loro consigli e le loro riunioni in un ospedale con i medici con le braccia conserte in attesa di quali decisioni verranno prese.
Fondamentale, è conoscere quali frutti presentano un indice glicemico basso: agrumi, frutti di bosco, pesche, pere, avocado, prugne.