di Gianluca Ginella
Il dramma del vigile del fuoco Roberto Torregiani è stato rivissuto in tribunale da chi quel 18 giugno 2014 era sul posto: i colleghi, l’allora comandante, e anche dipendenti dell’azienda. E poi i carabinieri che hanno svolto gli accertamenti, il medico legale. Undici i testimoni che sono sfilati oggi in aula al tribunale di Macerata per l’udienza in cui è imputato, per omicidio colposo, il titolare della Gfl di Recanati, Giovanni Pirchio, 77 anni, originario di Loreto, difeso dall’avvocato Roberto Acquaroli. Il processo è in corso davanti al giudice Marika Vecchiarino e prende in esame i fatti che hanno portato alla morte del vigile del fuoco di Montelupone Torregiani che perse la vita in seguito ad una esplosione che si verificò all’interno di un silos della Gfl dove era scoppiato un incendio. Torregiani a causa della forza d’urto causata dall’esplosione precipitò per quattro metri e mezzo. Gravissime le ferite che riportò, non si riprese mai e morì il 14 gennaio del 2016 a 47 anni. A lui è stata dedicata la nuova caserma dei carabinieri di Tolentino. Oggi in aula c’era anche il comandante Dino Poggiali, oggi in servizio ad Ancona, ma che all’epoca dei fatti guidava i vigili del fuoco di Macerata e che intervenne alla Gfl. Poggiali ha spiegato che l’intervento al silos si era svolto secondo la prassi. Erano stati controllati i fumi, la temperatura esterna del silos e poi era stata usata la termocamera per vedere se all’interno ci fosse ancora l’incendio.
I vigili del fuoco per spegnere le fiamme avevano raggiunto e aperto una porta che si trova a 4,5 metri di altezza, è stato riferito oggi in aula. «Ho ripetuto i controlli che aveva già fatto il precedente caposquadra, i fumi, la temperatura, la termocamera, poi abbiamo fatto quattro o cinque spruzzi di acqua all’interno del silos e c’è stata l’esplosione» ha detto il caposquadra Fabio Corona oggi al processo. Una esplosione che fece cadere Torregiani, che si trovava davanti alla porta da cui era stata spruzzata l’acqua, e che ferì altri colleghi, che per fortuna se la cavarono. «Ho visto delle scintille e poi l’esplosione è avvenuta dopo 30-35 minuti. Ho visto Torregiani cadere dopo la deflagrazione» ha riferito Fabio Scocco in udienza.
Nel corso dell’udienza di oggi sono stati sentiti anche i luogotenenti Silvio Mascia e Angelo Pardi, vice comandante e comandante della stazione dei carabinieri di Recanati, che si occuparono delle indagini. Pardi in particolare ha riferito di essere intervenuto all’azienda perché erano state segnalate anomalie in merito allo spuntone di un tubo che prima c’era e poi all’atto della perizia tecnica disposta dalla procura risultava essere stato tagliato. Sentito anche il responsabile della manutenzione dell’azienda, Sandro Dottori, che ha parlato di un incendio anomalo perché «di solito nei silos non si verifica mai che le fiamme partano dal basso, come successo in questo caso, ma avviene sempre dall’alto». Ha detto che hanno cercato di aprire uno sportello che si trovava in basso, ma senza riuscirci.
«Il silos era pericoloso perché semivuoto – ha continuato Dottori -. Ho detto ai vigili del fuoco di non aprire la porta (quella a 4,5 metri di altezza da cui venne spruzzata l’acqua all’interno, ndr) perché poteva esserci una esplosione». I vigili del fuoco hanno però riferito che la porta era già stata aperta, dopo i controlli del caso e inoltre la perizia della procura testimonia che l’esplosione sia stata generata da altre cause e non dall’apertura dello sportello. Secondo la procura la causa del principio di incendio «è con ragionevole probabilità la rottura i due tronconi della coclea raschiatrice sita nella parte inferiore al silo, seguita da strusciamento tra i due tronconi – si legge nel capo di imputazione –. L’attrito ha sviluppato un’elevata temperatura locale che ha provocato l’innesco della combustione covante della segatura. L’accumulo dei fumi di pirolisi nel silos ha raggiunto e superato il limite inferiore di infiammabilità. L’atmosfera esplosiva formatasi nel silo è stata innescata ragionevolmente dal nucleo di brace stessa in esso presente». A Pirchio viene contestato di aver omesso di fare la corretta manutenzione del silos. Oggi è stato sentito anche il figlio dell’imputato, Pierluigi Pirchio, che ha riferito di essere stato informato dell’incendio alle 7,30 del mattino e di aver chiamato i vigili del fuoco per poi andare subito in azienda. Al processo sono parti civili i famigliari di Torregiani (sorella e genitori), tutelati dall’avvocato Pietro Siciliano, e quattro vigili del fuoco che rimasero feriti al silos, assistiti dal legale Olindo Dionisi. Prossima udienza il 20 marzo 2020.
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