Sulle tracce del Tintoretto:
le guide turistiche dell’Ottocento
confermano la tesi di Sgarbi

MACERATA - Alcuni testi raccolti dal collezionista Antonio Volpini suggeriscono ai viaggiatori del Grand Tour D'Italia di fermarsi alla chiesa delle Vergini per ammirare l'opera attribuendone la paternità al maestro veneziano. La città viene descritta come "ben fabbricata ma poco commerciante". Lo studioso: "Sono documenti che racchiudono molte informazioni di prima mano sulla provincia. Mi piacerebbe fare una mostra al museo della Carrozza visto che quello era proprio il mezzo utilizzato per gli spostamenti"

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Guide turistiche antiche antonio volpini 1

Alcuni degli antichi libri di viaggio della collezione di Antonio Volpini

 

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Il collezionista Antonio Volpini nel suo studio

di Marco Ribechi

Adorazione dei Magi nella chiesa delle Vergini di Macerata, spuntano nuovi indizi sulla paternità dell’opera. Fonti inedite, conservate nella casa di un collezionista di antichi oggetti da viaggio, emergono per gettare una nuova luce sul quadro, al centro di una breve querelle tra il Comune e Vittorio Sgarbi. Lo scorso anno proprio il critico d’arte, al tempo ancora assessore alla rivoluzione del comune di Urbino, aveva portato l’opera nella città ducale per una mostra nell’oratorio San Giuseppe. Un ritardo nella riconsegna del dipinto, seguito da alcune dichiarazioni di Sgarbi, avevano montato una piccola polemica sulla fruibilità del quadro, parzialmente dimenticato a Macerata, a pagamento con un biglietto di 2,5 euro a Urbino. Subito il critico aveva gettato acqua sul fuoco per poi dare il suo parere di esperto: «E’ ben visibile una firma in caratteri dorati con scritto “Tentoretto” e datata 1587 – spiega il critico d’arte – sembra inverosimile che un grande maestro permettesse al figlio ventiseienne di attribuirsene il nome. L’opera riecheggia i bagliori cromatici e l’impegno narrativo dagli esiti drammatici propri della fase estrema del maestro veneziano e a mio avviso è da attribuire al caposcuola» (leggi l’articolo).

 

Sgarbi e l'opera contesa

Sgarbi e l’opera contesa

Dopo questa dichiarazione di attribuzione al grande maestro veneziano in molti si sono interessati al dipinto tra cui l’assessore alla cultura Stefania Monteverde (leggi l’articolo) e l’onorevole Irene Manzi che addirittura aveva presentato un’interrogazione al Ministero dei beni culturali (leggi l’articolo). Da quel giorno poco o nulla si è saputo dell’opera nonostante il patto sancito in aprile tra il critico e il sindaco Carancini (leggi l’articolo). Oggi nuove fonti inedite e inattese tornano a confermare la tesi di Vittorio Sgarbi che attribuisce al Tintoretto non solo la concezione dell’opera ma anche la realizzazione. Tra i vari pezzi antichi, conservati a Corridonia dal collezionista di oggetti da viaggio Antonio Volpini, spuntano infatti delle guide turistiche di inizio Ottocento che invitano i viaggiatori a fermarsi nel santuario di Macerata per ammirare l’opera.

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Sulla sinistra la guida Richard del 1832, sulla destra la Artaria del 1834. Entrambe affermano che il quadro è un Tintoretto

«Sono delle vere e proprie guide di viaggio come le moderne Lonely Planet o Touring – spiega Volpini – le più aggiornate e ricche di informazioni, sulle città, sui monumenti e sulle opere d’arte risalgono al periodo in cui andava di moda il Gran Tour d’Italia con cui è nata l’idea moderna del viaggio di piacere. Prima ci si spostava solo per necessità. Tanti rampolli di famiglie aristocratiche italiane e europee iniziarono a percorrere le strade della penisola per visitare luoghi, opere d’arte e scoprire panorami e sapori. Le prime guide di viaggio risalgono alla fine del 1500 come “Itinerario delle poste per diverse parti del mondo 1563” di Giovanni Da l’Herba o la famosa “Il burattino veridico o’ vero istruzione generale per chi viaggia 1682” di Giuseppe Miselli. Dalla seconda metà del 1700, con la moda del Grand Tour, aumenta considerevolmente la produzione di guide da parte di stampatori italiani, inglesi e francesi e nel 1771 esce in Italia la prima guida corredata da carte stradali: “ Direction pour les voyageurs en Italye” di Carlo Barbieri».

RICHARD 1832 Guide turistiche antiche antonio volpini

Le pagine dell’antica guida Richard dedicate a Macerata

Sono libri scritti per essere usati dai nobili e uomini di cultura del tempo, per questo contengono informazioni con un alto tasso di attendibilità. Nel “Nuovo itinerario d’Italia” del 1832, scritto da Richard e pubblicato a Livorno si legge: “Macerata è una città di circa 18 mila abitanti, situata sulla vetta d’ un monte onde si scuopre l’Adriatico: essa è assai ben fabbricata , ma poco commerciante. Sonovi alcune chiese che meritano d’ esser vedute […] come la chiesa della Madonna fuori del Ponte, che è di una bella architettura, e contiene fra altri buoni quadri, una bell’opera del Tintoretto. Questa città, capo-luogo della delegazione alla quale da il nome racchiude un’Università, un Collegio, due Accademie, e parecchi altri utili stabilimenti, consiste il suo commercio principale in grani, seta e bestiami”. Tra le varie descrizioni delle caratteristiche della città, tra l’altro ancora attuali, si legge chiaramente che l’autore suggerisce di ammirare l’opera del Tintoretto.

 

guida artaria

La descrizione di Macerata nelle antiche pagine della guida Artaria, 1834

Ma c’è di più perché nel 1834 nella sua “Nuovissima guida dei viaggiatori d’Italia” dell’Editore Epimaco e Pasquale Artaria di Milano si trova un’ulteriore conferma: “Macerata, città molto ben fabbricata sulla vetta di un colle, d’onde si gode la vista dell’Adriatico, con belle e comode strade, massimamente ad uso di passeggio. Essa è riguardata qual capitale della Marca d’Ancona, come lo fu del dipartimento del Musone durante il Regno d’Italia, e contiene circa diciotto mila abitanti […] il tempio della Madonna delle Vergini fuori di città, che tra varj bei quadri ne ha un bellissimo del Tintoretto”. Per dovere di cronaca bisogna dire che esistono anche guide più moderne che invece pongono dei dubbi sull’autore: nella “Guida di Macerata e suoi dintorni illustrata” del 1905 dell’avvocato Raffaele Foglietti si dice che la chiesa delle Vergini fu dichiarata monumento nazionale nel 1869 e che il marchese Raffaelli sosteneva che “La sacra famiglia” non era del Tintoretto ma di  Leandro da Ponte da Bassano. Come si può notare i dubbi sull’opera sono sempre esistiti ma le fonti più antiche confermano la tesi di Vittorio Sgarbi. «E’ necessario uno studio più approfondito – conclude Volpini – confrontare le varie opere e andare a ritroso nel tempo. In queste guide è racchiusa buona parte della storia della nostra provincia, dei monumenti, delle sue strade. Si possono ricavare tante informazioni che non sono contenute nei normali documenti già studiati. Mi piacerebbe poter esporre a Macerata i cimeli da viaggio che ho raccolto nel corso degli anni, la mia è una delle collezioni private più ampie che si possono incontrare. L’occasione potrebbe essere l’inaugurazione della quadrilatero per confrontare le antiche tecniche di viaggio con le moderne. Il luogo ideale è il museo della Carrozza a Palazzo Buonaccorsi visto che i nobili del Gran Tour d’Italia si muovevano appunto a bordo di questi mezzi trainati da cavalli».



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