Il ministero della salute ha riformulato il tenore massimo di chetone di lampone ammissibile negli integratori alimentari presenti sul mercato italiano, tutto grazie ad uno studio di Unicam che ha riportato risultati sorprendenti. Conseguentemente, le imprese titolari di integratori contenenti derivati del frutto, sono tenute a conformare i prodotti a partire dalle produzioni avviate dal 2016. Lo studio è stato commissionato dalla federazione erboristi italiani (Fei) Confcommercio e coordinato dal dottor Filippo Maggi della scuola di scienze del farmaco e dei prodotti della salute, eseguito ai laboratori di cromatografia dell’università di Camerino, ex dipartimento di scienze chimiche dai dottori Massimo Ricciutelli, Fabrizio Papa e Romilde Iannarelli. «E’ stato valutato il quantitativo di chetone di lampone in integratori alimentari presenti sul mercato nazionale che hanno la finalità di perdita del peso corporeo – afferma Filippo Maggi, docente Unicam – Ciò ha portato ad un intervento del ministero della salute a ristabilire gli equilibri e fare chiarezza sulla tipologia di estratti a base di lampone che possono essere definiti naturali. Le analisi condotte ai i laboratori dell’università di Camerino si sono concluse attestando l’impossibilità di dichiarare il contenuto in chetone di lampone quale sostanza naturalmente estratta dai frutti, a causa delle quantità straordinariamente elevate riscontrate all’analisi e pertanto incompatibili con un principio attivo di derivazione naturale. Per contro, le analisi hanno evidenziato la presenza del composto di sintesi 4-(4-idrossifenil) butan-2-one, il cosiddetto “chetone di lampone” aggiunto ad hoc, pur vantandosi l’origine “all natural” di questo componente, che in quanto novel food non può essere utilizzato. Tale risultato – conclude Maggi – è motivo di soddisfazione per Unicam che si avvale di expertise e strumentazioni di alto livello che sono impiegate oltre che per la ricerca di base anche per risolvere problematiche di rilievo pubblico come in questo caso».
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