La visita di Ezra Pound (Foto pubblicate nel recente libro curato dai f.lli Nino e Luigi Ricci in ricordo del padre Amedeo allora direttore della biblioteca comunale)
L’avvocato maceratese Andrea Marchiori, componente del direttivo di Forza Italia, riflette su come è cambiato il ruolo della cultura e il modo di viverla a Macerata.
Quando Macerata non aveva paura della cultura, raccontano i nostri padri, in città si respirava aria di tradizione, desiderio di futuro e volontà di conoscenza artistico-culturale. Il legame inscindibile con i caratteri del territorio non era di ostacolo al progredire delle idee. Attorno agli anni sessanta ci fu a Macerata una congiuntura favorevole, sostenuta da solide radici economiche e istituzionali, che consentì il rilancio del ruolo storico e sociale del capoluogo facendolo diventare un significativo avamposto della cultura artistica e della creatività nazionale.
Quella felice stagione, che vide concentrarsi a Macerata una serie di talenti e di iniziative artistiche, produsse nella prima metà del decennio successivo, la fondazione dell’Accademia di Belle Arti, la nascita di nuove facoltà universitarie (Lettere, Scienze economiche ecc.), i successi nazionali delle produzioni di artigianato artistico dell’Istituto D’Arte, nonché l’affermarsi di una generazione di talenti alcuni dei quali hanno oggi raggiunto una fama internazionale (Trubbiani, Ferretti, ecc.). Sino alla seconda metà degli anni ’80 la città si mostrava determinata a tenere il passo con la modernità dei tempi, sia pure seguendo modelli propri mai sperimentati in precedenza, ma soprattutto attraverso l’avvio di importanti opere strutturali e la realizzazione di fondamentali dotazioni riguardanti l’edilizia scolastica, sportiva e direzionale. Pertanto si poteva affermare che era in atto un processo di connubio tra infrastrutturazione fisica e sociale senza precedenti.
Purtroppo, con l’inizio degli anni ‘90 si è assistito all’avvio di un processo inverso in direzione di un progressivo declino che, manco a dirlo, ha colpito sia il territorio che il tessuto sociale e culturale della città. L’urbanistica sregolata dell’ultimo ventennio resterà, purtroppo, una piaga che rimarrà in eredità alle future generazioni ed i tentativi di camuffare evidenti errori di programmazione e progettazione della città non daranno mai la giusta compensazione: un esempio su tutti e’ la lottizzazione industriale fantasma di “Valleverde”, dove un investimento di 12 milioni di euro il cui futuro non trova alcun tipo di considerazione e di riflessione da parte delle stesse amministrazioni uscenti che l’hanno voluta. Nel 1960 la Macerata colta e illuminata si poteva permettere di ospitare nella sala della biblioteca e del palazzo comunale anche l’anziano poeta e scrittore statunitense Ezra Pound a dispetto del diniego che l’anno precedente gli era stato opposto alla partecipazione al premio nobel per la poesia. Erano quelli gli anni del fervore artistico-culturale che animava l’intera città e che portarono prima, nel 1967, all’avvio della procedura di acquisto dello Sferisterio e del Palazzo Bonaccorsi, poi nel 1976, all’acquisto di Palazzo Ricci da parte della Cassa di Risparmio di Macerata per destinarlo successivamente a museo. Evidentemente la città era orientata più sui contenuti e sulla qualità dei prodotti artistici piuttosto che sulla vuota esteriorità delle forme. Se oggi nella riedizione dell’antico orologio della Civica Torre si fosse rimasti più fedeli ai tradizionali e consolidati principi di qualità ed eticità dell’opera d’arte, pensando anche alle future generazioni, avremmo forse evitato di scivolare nell’estetica dell’effimero e di un banale post-moderno. Si avverte in tutto ciò una tendenza festaiola alla rievocazione della storicità che si confonde per somiglianza organizzativa degli eventi con i mercatini d’oltralpe o la giornata degli artisti di strada.
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“Attorno agli anni sessanta ci fu a Macerata una congiuntura favorevole, sostenuta da solide radici economiche e istituzionali, che consentì il rilancio del ruolo storico e sociale…”
“Sino alla seconda metà degli anni ’80 la città si mostrava determinata a tenere il passo con la modernità dei tempi, sia pure seguendo modelli propri mai sperimentati in precedenza…”
“Purtroppo, con l’inizio degli anni ‘90 si è assistito all’avvio di un processo inverso in direzione di un progressivo declino che, manco a dirlo, ha colpito sia il territorio che il tessuto sociale e culturale della città.”
Analisi necessariamente rapida e superficiale ma corretta. Tanto corretta che si può applicare, con ben pochi distinguo, all’Italia intera. Intendiamoci, non voglio togliere alcuna responsabilità dalle spalle dei nostri amministratori locali: ne hanno tante e gravi, a cominciare da quelle che Andrea ha citato.
Rimane però il fatto che quello seguito da Macerata è anche il percorso seguito dall’Italia; e gli anni 80 sono effettivamente il punto di svolta di una parabola che prima ha iniziato a scendere gradualmente e ora precipita.
Sarebbe bello se dal mondo della politica, invece di un lamento per la voglia di fare festa, arrivassero proposte capaci di analizzare la realtà storica e di individuare possibili percorsi per uscire da questa situazione.
Marchiori
La sua rievocazione storica e’ interessante e indubbiamente ricorda eventi che oggi sono sconosciuti ai più . Meriterebbe una discussione senza pregiudizi che magari ci aiuterebbe a comprendere meglio i cambiamenti della nostra città e della nostra società . Lo spartiacque degli anni 90 non e’ casuale visto che ci riporta alla affermazione della cultura televisiva commerciale, effimera e di plastica, che ha avuto i suoi lunghi effetti anche sul versante politico . Ops mi viene in mente solo ora che lei guarda caso milita proprio nel partito erede più o meno diretto di quel fenomeno degli anni ’90. Lungi da me però mi creda voler utilizzare questa rievocazione per meri fini politici e meno che mai elettorali! Come nel suo caso d’altronde ! Però ripensandoci credo che magari io è lei, se vogliamo riusciamo anche a fare di meglio .
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Io risponderei alla copia dell’orologio del ‘500 con una copia dell’Ezra Pound del ‘900, andrebbe bene anche in plastica, à la guerre comme à la guerre.
Capita spesso che molti, soprattutto tra gli intellettuali ed eruditi invitati da fuori, parlano della nostra città senza conoscerla veramente affermando cose curiose. Due esempi, uno recente e l’atro meno. L’altro ieri in occasione del convegno sulla replica dell’orologio un rappresentante dei Beni Architettonici ha definito enfaticamente Macerata città d’arte. Ora tutti sanno che Macerata è sempre stata una città della cultura ed è più famosa per la sua Università e per il teatro d’Opera. Certo il concetto di cultura è ampio e contiene anche quello di cultura artistica, ma se parliamo di “città d’arte” anche solo nelle Marche sono altre quelle che ci vengono in mente. Il secondo esempio riguarda la conferenza tenuta al Teatro Lauro Rossi dal famoso architetto Fuksas su invito di Micheli, che parlando impropriamente della nostra città la disse appartenente ad un territorio dalla tradizione “latifondista”, mentre tutti sanno che la nostra maggiore tradizione è di tipo mezzadrile. Questo per dire che il lodevolissimo tentativo di Andrea di rileggere con serietà, sintesi ed efficacia il passato, alla ricerca del momento di rottura con quella tradizione (definita con arguzia “QUANDO MACERATA NON AVEVA PAURA DELLA CULTURA”), rappresenta un fondamentale contributo per alimentare un confronto serio sul presente e sul futuro di questa città.
Lo Sferisterio donato, non comprato.
Nel 1985 la Società Civile dello Sferisterio (Eredi dei 100 Consorti) proprietaria del monumento ha ceduto lo Sferisterio all’Amministrazione Comunale a titolo gratuito.
Tale gesto di liberalità ha consentito alla città di poter usufruire degli ingenti fondi FIO per il restauro urgente dell’edificio.
È con questo spirito che si dovrebbero affrontare le importanti questioni cittadine.
Per ulteriori approfondimenti: http://www.centoconsorti.it
Venne EzraPound bene nel 2014 è venuto Cacciari molto meglio,sono arrivati diversi altri filosofi e Marchiori sempre attento non se n’è accorto guarda caso.Però confonde l’orologio con un momento di decadimento culturale:è proprio vero siamo sempre in campagna elettorale ed ogni argomento è buono per denigrare chi non ci rappresenta.