Le dicerie popolari marchigiane
nel nuovo volume di Claudio Principi

Commovente presentazione a Palazzo Persichetti di Corridonia

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Al centro Claudio Principi a Palazzo Persichetti di Corridonia durante la presentazione del 5. volume delle 'Dicerie popolari marchigiane', tra la prof. Francavilla che ha curato la postfazione del volume e Pierantoni (slow Food)

di Maurizio Verdenelli

Fu il regalo di Natale, quell’anno, della figlia Corina ad aprirgli l’immensa prateria della sua produzione libresca che tutt’ora a 91 anni percorre, anzi trascorre con giovanile baldanza. Quel dono inaspettato sotto l’albero gli aprì una vita nuova, a settantanni, dopo un’esistenza avventurosa da trasvolatore iniziata a 17 anni – è stato il più giovane pilota militare in Europa- sui cieli di Libia e continuata con la guerra, la prigionia in Kenia e la fuga in tutta l’Africa e l’Asia fino alla sua onorata pensione. Quella pubblicazione, copia unica, ‘fatta in casa’ con amorevole cura filiale -la stampa dopo la trascrizione sul pc dei testi ‘sottratti’ dai faldoni paterni e poi la rilegatura- fece comprendere a Claudio Principi da Corridonia, anzi da Montolmo, ‘scopritore’ di Giorgio Perlasca, lo Schindler italiano, l’assoluta necessità di divulgare la sua incredibile ricerca sul dialetto maceratese e più generalmente marchigiano.

Da allora, negli ultimi vent’anni, Principi ha allineato decine e decine di volumi, tutte tessere di un puzzle monumentale ben lungi dall’essere compiuto. Ha cominciato, era facile intuirlo, con “Gli Olmi di Montolmo” ed ha continuato con una serie interminabile di saggi e racconti. “Neppure io sono quanti, non li ho mai contati”. Una nebulosa luminosissima creata con un febbrile lavoro quotidiano da parte di questo autentico Indiana Jones dello scoop storico (sapevate che il grande G. B. Velluti, cui è dedicato il teatro corridoniano, si chiamava in realtà Stracciavelluti?) che compulsa archivi storici e documenti anagrafici alla scoperta di tutto ciò che i libri di storia patria ignorano. Un’opera lungi dall’essere completata, dicevamo: sono infatti numerosi e voluminosi gli scatolini allineati nello studio e nelle stanze adiacenti, pieni zeppi di appunti, studi, ricerche e scoperte. Come quelle del dottor Ciccarelli, il famoso dentista de ‘La Pasta del capitano’, del mitico comandante Romagnoli (anch’egli come Ciccarelli, da Petriolo) il primo ufficiale non francese al vertice della Legione Straniera e del maceratese Procaccini, segretario di Giuseppe Mazzini. Ma i nomi importanti e sconosciuti, sopratutto in ambito areonautico, di maceratesi sono molti di più e lui, Principi, spera di consegnarli quanto prima alla gloria delle loro imprese sottraendoli, come per gli altri, ad un ingeneroso destino di buio, finora.

Intanto appare abbastanza soddisfatto dall’aver portato a termine la collana sulle Dicerie Popolari marchigiane -tra Ottocento e Novecento (Simple editore, Macerata) con il quinto volume presentato con un po’ di commozione a Palazzo Persichetti di Corridonia, strapieno di gente nonostante la giornata festiva e sopratutto l’orario mattiniero! (A sostenere quest’ultimo impegno è stata anche e sopratutto la condotta Slow Food di Corridonia, con Fabio Pierantoni, nel contesto del progetto nazionale promosso a Brà dal presidente nazionale Carlo Petrini per l’oralità della memoria, denominato “Il granaio della memoria”).

La passione per il dialetto marchigiano, la grande lingua giunta intatta dal ‘300 -secondo la felice intuizione del Carducci e del Tommaseo che la scoprirono a Recanati in occasione della celebrazione della poetica leopardiana- scoppiò nel petto di Principi nel leggere una lirica del poeta Edwin Merkham dedicata allo zappatore così come gli era stata ispirata da un quadro di Millet. Il ‘seme’ nel petto di Claudio in realtà era stato lanciato tanti, tanti anni prima, quando egli aveva appena otto anni ed aveva seguito molto malvolentieri il padre ad una battuta di caccia. Lui ricorda: “Mio padre Enzo, figlio del primo custode di Villa Fermani, ruolo che aveva ‘ereditato’ con tante altre mansioni comunali, aveva voluto assolutamente che lo accompagnassi. Non si era mai visto un ragazzino che noin amasse la caccia, in quegli anni! Così in quell’alba livida, lungo un terreno brullo, vicino ad una catapecchia cadente, in un ambiente dunque tetro e poverissimo, incontrammo un contadino anch’egli male in arnese, che zappava. Mio padre gli chiese come andasse e lui rispose con una frase, peraltro, usuale in quelle situazioni ed in quelle condizioni: ‘Vanghemo… se camina a ppart’arreto’. Non disse altro continuando nel suo lavoro. L’allusione ad un’esistenza misera, senza speranza era chiara: vangando, non si può fare dunque molta strada. Anzi si arretra. Mi impressionò tantissimo quella scena di miseria senza speranza, e quel messaggio dopo decenni esplose dentro di me. E quando questo accadde, giurai a me stesso cher non avrei scritto la storia dalla parte dei Grandi, ma da quella degli umili, degli ultimi, dei contadini.  Loro avrei servito con la mia scrittura -in Aviazione mi chiamavano Penna facile”. Così è stato.

Nella sua libreria, c’è  una scritta ammonitrice di Lao Tze, un chiasmo per l’esattezza: “Le belle parole non sono sincere, le parole sincere non sono belle”. Eppure la demologia di Claudio Principi si legge come un bicchiere di vino spumeggiante. E’ un fiume in piena che tal volta interrompe. Quando facendosi sospettoso (il bagaglio ricco di ‘pietre preziose’  di Indiana Jones è stato talvolta ‘saccheggiato’ da finti archeologi culturali) mi chiede di non scrivere le cose che in quel momento sta dicendo, anzi svelando.”Le devo ancora pubblicare”, spiega. E mi fa giurare solennemente.

E’ anche un perfezionista assoluta, con correzioni, appendici, modifiche continue e l’amico ‘filiale’ Pierantoni talvolta ne fa affettuosamente le spese. Non dimentica tuttavia, Principi, l’amore di una vita: l’Areonautica (“Termine preso a prestiuto da Leopardi” ricorda) e sopratutto il progetto, da ampliare, del contributo dei marchigiani al suo progresso. “Lo sa che la moglie di un pilota recanatese di aerostati (volò all’inaugurazione dello Sferisterio e morì qualche anno più tardi schiantandosi contro una casa) divenne una specie di eroina in quei primordi dell’aviazione? La presenza della donna, come pilota espertissima, è segnalata in tutta Europa ed in Africa in occasione dell’inaugurazione del Canale di Suez. Pensi: di lei, di questa maceratese così importante ed avventurosa, non si sa nulla!”.

Storia vecchia….(ci sarebbe da dire, visti i precedenti) ma assolutamente da salvare. E Claudio, bastone in mano, dal suo studio in via Montolmo, riaccende i motori per una nuova perlustrazione, un’altra difficile missione in territorio ‘nemico’: quello dell’oblio e della difficoltà, sempre ricorrente, di dare alle stampe la ‘memoria perduta’.



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