Rifiuti, Migliorelli a tutto campo:
«Dal porta a porta alla Tari,
sistema che mostra sempre più crepe»

COSMARI nel mirino dell'ex assessore provinciale all'ambiente: «Sulla raccolta, il tempo si è fermato: inaccettabile convivere ancora con i sacchetti abbandonati lungo le strade. L'89% dell'indifferenziato non viene recuperato, per cui se non si differenzia bene a monte, va tutto in discarica. Aumenti Tari figli della preoccupante situazione finanziaria. La nuova discarica? Stallo imbarazzante». E un monito sul futuro: «Nel 2029 scade il contratto di servizio: attenzione agli appetiti dei privati»

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Carlo Migliorelli

«Parlare oggi di rifiuti non è solo una questione ambientale, ma un atto dovuto di trasparenza verso i cittadini. Perché dietro i sacchetti lasciati lungo le strade, dietro una Tari che cresce ogni anno, c’è un sistema che mostra crepe sempre più evidenti». È l’affondo di Carlo Migliorelli, esponente di Strada Comune e già assessore provinciale all’ambiente.

Che inizia la sua disamina dal sistema porta a porta. «La sua introduzione fu una risposta necessaria a un modello ormai obsoleto basato sui cassonetti stradali – ricorda Migliorelli – quel sistema ha prodotto risultati importanti e resta, ancora oggi, uno degli strumenti più “democratici” per ottenere alte percentuali di differenziazione. Ma il tempo si è fermato. Nel frattempo, tecnologie e modelli organizzativi si sono evoluti, mentre nelle nostre città continuiamo a convivere con sacchetti esposti per giorni lungo le strade. Un segnale evidente di mancanza di aggiornamento, di visione del futuro, di capacità gestionale e manageriale».

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L’interno dell’impianto Cosmari di Tolentino

C’è poi un problema di mancato riciclo al Cosmari. «I numeri parlano chiaro e sono difficili da smentire – prosegue l’esponente di Strada Comune – nel 2023, secondo i dati Arpam, su 37.287 tonnellate di rifiuto urbano indifferenziato, ben 33.244 tonnellate sono finite in discarica dopo il trattamento nell’impianto del Cosmari. Significa che circa l’89% dell’indifferenziato trattato viene comunque smaltito in discarica. Un dato allarmante, che smaschera una realtà scomoda: se la differenziazione a monte non è fatta bene, il trattamento successivo serve a poco. Le matrici recuperabili risultano compromesse e il costo dello smaltimento aumenta, ricadendo interamente sulle tasche dei cittadini. Nel frattempo, la società è cambiata. La composizione sociale dei nostri territori è mutata profondamente, ma le campagne di informazione e sensibilizzazione sono rimaste al palo. Scuole, università, associazioni, comunità straniere, mondo dello sport e del lavoro dovrebbero essere coinvolti in modo sistematico. Invece, tutto è lasciato alla buona volontà dei singoli. Anche i controlli risultano insufficienti. Le sanzioni amministrative, se utilizzate con intelligenza e finalità educative, potrebbero correggere comportamenti scorretti. Oggi, però, prevale un clima di tolleranza che penalizza chi rispetta le regole».

Un altro nodo critico riguarda la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle attività economiche. «Con il decreto del 2020 queste tipologie non sono più assimilabili ai rifiuti urbani – rimarca Migliorelli – devono seguire percorsi separati, regolati da convenzioni specifiche. Ma nella pratica questo avviene davvero? I regolamenti comunali sono stati aggiornati? La commistione tra rifiuti domestici e rifiuti d’impresa non falsifica forse i dati del ciclo urbano? E soprattutto: quanto pesa tutto questo sulla Tari dei cittadini, che continua a essere calcolata sui metri quadri e non sui rifiuti effettivamente prodotti? A ciò si aggiunge un servizio logisticamente oneroso, svolto con mezzi usurati e spesso in perdita economica e con il personale che opera sulle strade stanco, logorato e non sempre messo nelle condizioni di lavorare in sicurezza. La legge vieta esplicitamente al servizio pubblico di gestire rifiuti speciali pericolosi provenienti dalle attività produttive. Eppure nelle isole ecologiche continuano ad arrivare batterie, toner, gomme, vernici. Davvero provengono tutti dall’autoconsumo dei cittadini? O siamo di fronte a un sistema di controlli largamente inefficace?».

Il quadro finanziario, secondo Migliorelli, è però l’aspetto più preoccupante. «Nel bilancio consuntivo 2024 il Cosmari vanta crediti verso i comuni per oltre 24 milioni di euro, destinati a salire a oltre 31 milioni nel 2025 – aggiunge l’ex assessore – parallelamente, i debiti verso banche e fornitori superano i 51 milioni di euro. Il risultato è già scritto: +9,87% di aumento Tari nel 2025, +8,50% nel 2026, +6% nel 2027. Un salasso continuo per le famiglie, mentre il rientro dei crediti viene rimandato a una generica pianificazione pluriennale. La questione discariche è il simbolo del fallimento della programmazione. L’individuazione di un nuovo sito è fondamentale per l’autosufficienza del territorio. Ma lo stallo dell’assemblea dei sindaci dell’Ata3 è ormai imbarazzante. Nel frattempo, prende corpo l’ipotesi di una nuova vasca di completamento a Cingoli per ulteriori 250mila tonnellate, nonostante l’impegno formale di chiudere la discarica al termine della volumetria prevista. Un patto con i cittadini che rischia di essere clamorosamente disatteso. Il paradosso è evidente: come può un organismo di pianificazione decidere dove collocare una discarica quando a votare sono gli stessi comuni potenzialmente interessati? Al di là delle responsabilità politiche, con una maggioranza di amministrazioni di centrodestra, emerge una grave incapacità di assumersi decisioni impopolari ma necessarie».

Il 2029 è una scadenza da non sottovalutare. «E’ l’anno in cui scadrà il contratto di servizio con il Cosmarirammenta Migliorelli – l’affidamento in house è possibile, ma non scontato. Gli appetiti privati sono forti e il rischio di una progressiva disarticolazione del servizio pubblico, come già visto nel settore idrico, è tutt’altro che remoto».



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