La cultura protagonista al Cinema Italia con Pitecus di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Artemigrante Festival con la collaborazione del Basquiat Bistrot e la direzione artistica di Marco Cecchetti hanno deciso di organizzare in autoproduzione lo spettacolo, «presi dalla necessità di riportare momenti di cultura anche non convenzionali all’interno della nostra città» dicono gli organizzatori.
Nel caso specifico all’interno del teatro Cinema Italia a Macerata, lo spettacolo andrà in scena venerdì alle 21,15. I biglietti si possono acquistare all’interno del Basquiat Bistrot o sul live ticket.
Classe 1965, novarese ma laziale d’adozione, Antonio Rezza rappresenta un caso di studio esemplare di un performer che afferma la propria radicale alterità e al tempo stesso s’inserisce in un contesto di azione multimediale, affrontando, con metodi e strategie calibrate, contesti espressivi differenti, partendo dal teatro e approdando alla televisione, al cinema e alla letteratura. Critici occasionali e recensori fedeli fanno esercizio di aggettivazione per descriverne azioni e affabulazioni: ciniche, dissacratorie, folli, ribelli, travolgenti, tracotanti, e così via. Tra i suoi (non molti) esegeti c’è anche chi ha scomodato Carmelo Bene e Antonin Artaud, almeno per compararne l’indole anarchica e la sfacciata aggressivi-tà nelle apparizioni pubbliche. Tuttavia Rezza è prima di tutto un artista contemporaneo. Insieme a Flavia Mastrella, scultrice con la quale collabora da oltre vent’anni, ha dato vita a una serie di lavori che tuttora attendono un’analisi organica, per quanto rischiosa.
Il saggio qui proposto ha lo scopo di fornire un primo, parziale orientamento all’interno di un percorso artistico magmatico e, se si vuole, sconnesso come quello del duo Rezza-Mastrella, binomio che appare inscindibile per quel che riguarda la dimensione performativa (diversa e più individuale, infatti, l’attività letteraria, in cui Antonio Rezza firma da solo i romanzi pubblicati). Per questo, a una prima parte (firmata da Carlo Titomanlio) centrata sulla peculiare prassi generativa degli spettacoli e sulla corporeità di Rezza in relazione allo spazio scenico, seguirà una seconda (di Igor Vazzaz) focalizzata su alcune proposte interpretative del lavoro dei due artisti, alla luce delle numerose, e forse sorprendenti, connessioni tra il (non) fare scenico di Rezza e le teorie del teatro e del comico.
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