Lucio Corsi è diventato un duro:
in migliaia al Mind festival
per i suoi personaggi fantastici (Foto)

UNA PORTA SU MARTE - Tra avventure surreali, testi taglienti e un pubblico adorante di qualsiasi età, il cantautore toscano è stato protagonista di una serata indimenticabile a Montecosaro. Commozione per "Tu sei il mattino" e "Nel cuore della notte". Stasera tocca a Psicologi e alla maratona techno fino all’alba

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Lucio Corsi e il pubblico del Mind festival

di Leonardo Giorgi

Come spieghi migliaia di persone che si trovano in un prato fino a tarda notte per cantare a squarciagola – tra le altre cose – delle avventure di Rocco Giovannoni, il bullo delle scuole medie; della storia dell’inventore delle conchiglie, stanchissimo, nascosto nei meandri dell’isola d’Elba; del fotografo reale-immaginario chiamato Francis Delacroix, che quando hanno sparato a Wojtyla, a quanto pare, ricostruì l’identikit di Pulcinella ad una guardia pontificia? La risposta sta sul palco del Mind festival di Montecosaro, in piedi a scuotere la chitarra elettrica o seduto ad abbracciare il pianoforte. La risposta, ieri sera, ha la forma di Lucio Corsi.

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Punta di diamante della lineup dell’edizione in corso del festival di Montecosaro, Lucio è salito sul palco dopo il talentuoso e sorprendente Caponetti di Ascoli. Già dai primi istanti, dalle prime urla del pubblico alla sua comparsa (tanti giovanissimi e bambini), Lucio e i suoi mettono in chiaro che per le successive due ore conterà solo la musica. A parte il volto coperto di cerone e un manierismo da teatro, tratto distintivo di Lucio da ben prima dell’album che lo ha messo tra le attenzioni degli addetti ai lavori (Cosa faremo da grandi?, 2020), sul palco ci sono due pianisti, un bassista, tre chitarre elettriche, un batterista. I ragazzi suonano, bene, e si sente fin dal primo pezzo.

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Lucio pesca dal disco d’esordio e si presenta con il riff elettrico e le sonorità che ricordano Ivan Graziani della struggente Freccia bianca: un testo evocativo (come buona parte della scrittura di Corsi), dove il treno che lo strappa dalle sue campagne della Maremma toscana per portarlo a Milano diventa un personaggio crudele che taglia l’Italia in due con i suoi binari (Freccia bianca lo spirito di un capo indiano / Che entra dentro le bocche spalancate / Delle montagne in Liguria / Come se fossimo una gomma americana / Il buio ci mastica e ci sputa).

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Poi ancora La bocca della veritàRadio Mayday, Amico vola via, Trieste per una scaletta che pesca a piene mani da tutta la discografia del cantautore, fino ad arrivare ai pezzi, i più cantati, dell’ultimo album di Corsi intitolato Volevo essere un duro come la canzone che gli è valso il secondo posto al Festival di Sanremo e la partecipazione all’Eurovision Contest. Un disco breve – nove canzoni – e acclamato dalla critica (ha recentemente vinto la Targa Tenco 2025 come miglior album italiano dell’anno) che ieri sera è stato eseguito integralmente in ordine sparso. Dalle scanzonate (ma non troppo) Questa vita e Sigarette, fino ai personaggi unici e universali di Let there be Roccko (uno sfrenato rock and roll dedicato a Rocco Giovannoni, il bullo delle medie e compagno di banco di Lucio, “figlio di due spacciatori”) e Il re del rave, che sottolinea con l’osservazione spietata – e la brillante ingenuità di un bambino che vede l’avventura in ogni mistero – l’epopea di un qualsiasi fine settimana di un qualsiasi “re” che conosce bene un certo tipo di feste (Ha montato l’impianto il re del rave / Viaggia in treno ma in bagno il re del rave / Il re del rave quand’è all’ultima spiaggia / Vede la Madonna che balla sotto cassa).

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Prima del rush finale, lo stesso Lucio ha interrotto per qualche istante il concerto per una persona che si è sentita male sotto al palco (soccorsa e rimessa in sesto in pochi minuti): «Me ne sto un attimo in silenzio, almeno permettiamo alla persona di riprendersi. Col caldo è normale, anche io ai concerti sono solito svenire». Passata la paura, arrivano i brani più attesi: Situazione complicata (L’unico difetto che ha è suo marito / L’unico difetto che ha è quel cretino / E l’unico difetto che ha lui è che è un mio amico), Volevo essere un duro (riarrangiata con un’introduzione a tre chitarre elettriche e basso molto più hard rock rispetto alla versione sanremese) e Tu sei il mattino, il gioiello della discografia di Lucio. Come in tanti altri suoi pezzi, anche qui è la dimensione infantile e assolutamente intima che, in qualche modo, diventa linguaggio universale. Trasformando così, paradossalmente, una storia prettamente personale (che inizia addirittura al momento della nascita del protagonista: Sono nato a mezzogiorno / Tra le braccia di mia madre / Con lo stesso nome di mio nonno / Che non mi ha visto cantare) in un inno popolare, tra sorrisi, abbracci e occhi commossi. 

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E quindi – ancora – come si spiega tutto questo? La risposta probabilmente la dà lo stesso Lucio, con la canzone Nel cuore della notte, capolavoro che chiude il suo ultimo album e suonata in modo immacolato anche ieri sera prima del bis: a volte un gatto che attraversa l’autostrada riesce ad arrivare dall’altra parte; i camion in viaggio tornano a casa; la vita di una ragazza abusata da un padre feroce e ossessivo può cambiare. A volte, insomma, la realtà è molto più della somma delle canzoni e delle cronache. A volte, facciamo diventare famose le persone giuste.

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Il Mind festival continua stasera. Psicologi aprono la serata del Mind festival alle 21 con un live intenso tra pop, rap e poesia urbana, seguito da una lunga notte techno che porta sul palco tre protagonisti della scena elettronica: Roberto Clementi alle 23 con il suo set ipnotico e profondo, HU a mezzanotte e mezza con un’esperienza sonora immersiva e visionaria, e il gran finale all’una e mezza con i 999999999, icone dell’hard techno mondiale, per un viaggio senza tregua nel cuore della notte.

(foto di Alessandro Stronati)

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