Trotificio nel mirino di Report,
è un allevamento dell’Erede Rossi Silvio.
La replica: «Documentati episodi isolati»

TV - La trasmissione ha mostrato immagini in uno stabilimento di Bergamo. L'azienda di Sefro ha contestato che le riprese non erano autorizzate. «Abbiamo sempre adottato una politica di massima trasparenza, favorendo verifiche e accessi da parte di enti pubblici, società di certificazione e istituti universitari. All’esito di questi controlli, l'azienda è stata spesso presa a modello per la qualità del prodotto e l’efficienza organizzativa»

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Il servizio di Report

Le telecamere di Report hanno documentato le condizioni dell’allevamento di trote in un impianto situato nel bergamasco, di proprietà dell’azienda “Erede Rossi Silvio” di Sefro. Il servizio si è basato su immagini contestate dall’azienda che sostiene le riprese siano state fatte abusivamente. 

La puntata si è aperta con le immagini del 14 dicembre 2024, durante la festa di Fratelli d’Italia a Roma, in occasione della quale l’azienda “Erede Rossi Silvio” è stata premiata per l’alta qualità nel settore ittico, riconoscimento assegnato per il suo ruolo di leader italiano ed europeo nella produzione di trote.

L’imprenditore è stato celebrato anche dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha dichiarato: «Avete visto Rossi, ottant’anni. Ho visto il camioncino con cui, insieme al padre, vendeva il pesce in giro per l’Italia. Oggi porta nel mondo l’esperienza italiana».
Niccola Rossi, ottantenne imprenditore e patriarca dell’azienda che gestisce insieme ai tre figli e al fratello, ha espresso pubblicamente la propria opposizione al cibo sintetico. L’azienda, fondata nel 1947, ha conosciuto un progressivo successo: dapprima con gli allevamenti nel Maceratese, poi in altre regioni italiane, fino a diventare leader europeo.

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Le immagini mostrate da Report provengono da un allevamento in provincia di Bergamo. Sono stati ripresi i vasconi dell’impianto, dove alcune trote presentavano una “coroncina” bianca, probabilmente causata da infezioni micotiche.

Secondo il veterinario Enrico Moriconi, intervistato nel servizio, i funghi derivano da condizioni igieniche, a suo dire scadenti: «I pesci vivono tra i propri escrementi e residui alimentari. Inoltre, la legge non prevede limiti massimi di densità per questo tipo di allevamento».

Nel servizio si evidenzia anche la presenza di ferite causate dall’aggressività tra pesci, accentuata durante la somministrazione del mangime (a base di farine e oli vegetali e animali) da parte dei camioncini. Sempre secondo il veterinario: «Questi animali andrebbero immediatamente tolti, curati e sottoposti a trattamenti. Le immagini mostrano anche pesci già morti, che dovrebbero essere rimossi per evitare la diffusione di malattie infettive. Le trote, essendo curiose, possono restare incastrate con la testa tra le griglie e morire soffocate».

Anche durante il trasporto verso il macello emergono criticità, sempre secondo il servizio di Report. Le immagini mostrano i pesci spinti da un getto d’acqua in una vasca. Il tubo, si dice nel servizio, spesso si intasa e gli operai lo sbloccano spingendo con un bastone, causando sofferenza agli animali. Un’altra criticità è sollevata da Simone Montuschi, presidente dell’associazione “Essere Animali”: alcune trote, ancora vive, vengono messe in vasche ricoperte di ghiaccio come metodo di stordimento. Montuschi spiega che tale procedura non porta alla perdita di coscienza e gli animali possono impiegare fino a 40 minuti per morire per asfissia: «È una cosa vergognosa e dolorosissima».

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LA REPLICA DELL’AZIENDA La risposta dell’azienda “Erede Rossi Silvio” non si è fatta attendere. In una Pec firmata da Niccola Rossi e dall’avvocato Paolo Giustozzi, si contesta la legittimità delle immagini: «Non è stato fatto cenno alle modalità attraverso le quali le immagini ritraenti fasi della lavorazione, realizzate contro la volontà e all’insaputa della mia assistita, siano pervenute alla vostra redazione. Nella quasi contestualità, la mia assistita ha ricevuto una comunicazione da parte dell’associazione Essere Animali, nella quale si affermava che non vi era intenzione di rendere pubbliche le iniziative e le immagini in questione».

La comunicazione era una risposta a una diffida da parte dell’azienda a non fare uso di immagini acquisite in modo fraudolento. L’avvocato Giustozzi, inoltre, sottolinea che l’azienda aveva preso contatto con Report per offrire il proprio contributo al servizio, ma ha poi deciso di non rilasciare interviste, ritenendo che non sussistessero condizioni di trasparenza adeguate, anche in relazione a un procedimento penale in corso.

trotificio-report-1-650x353Nella lettera si chiede di non mandare in onda immagini che ritraggano fatti e persone senza il consenso degli aventi diritto. Nella comunicazione del 29 maggio, l’azienda contesta l’esistenza di criticità nei propri impianti di allevamento e macellazione:
«L’azienda ha sempre adottato una politica di massima trasparenza, favorendo verifiche e accessi da parte di enti pubblici, società di certificazione e istituti universitari. All’esito di questi controlli, è stata spesso presa a modello per la qualità del prodotto e l’efficienza organizzativa».

L’azienda denuncia inoltre ingressi clandestini da parte di persone non autorizzate, per i quali sono in corso indagini.
«In questo contesto – si legge nella nota – si rifiuta il merito di un confronto basato su immagini non autorizzate, in quanto non garantiscono né genuinità della fonte né rappresentazione obiettiva del ciclo produttivo, prestando il fianco a una selezione distorta dei contenuti».

Infine, l’azienda ribadisce che: «Gli episodi documentati sono isolati e non rappresentativi del reale operato. Il benessere animale è certificato da dati obiettivi e investimenti continui. La densità media nelle vasche è ampiamente al di sotto dei limiti previsti. La mortalità giornaliera è inferiore allo 0,02% della biomassa allevata (ossia 1 pesce ogni 5000). Le lesioni micotiche sono sporadiche e non necessariamente indice di negligenza; l’alimentazione è basata su mangimi estrusi di prima qualità, regolarmente controllati; la macellazione con ghiaccio rappresenta solo il 10% del totale, mentre la metodica principale è l’elettro-assorbimento; comportamenti negligenti di singoli operatori, per quanto condannabili, non riflettono il lavoro quotidiano dei 175 dipendenti dell’azienda, che gestiscono 18 stabilimenti». L’azienda conclude dichiarando che adotterà ogni misura necessaria affinché simili comportamenti non si ripetano. Dal 2016 a oggi, l’azienda ha ricevuto circa sei milioni di euro di fondi pubblici per sviluppo impianti, zone terremotate, emergenza Covid e benessere animale, secondo quanto emerso dall’inchiesta. L’acquacoltura italiana, destinata a diventare una delle principali fonti proteiche del futuro, risulta essere «il settore meno regolamentato, privo di limiti normativi su densità, benessere animale e metodi di macellazione», come sottolineato da Sigfrido Ranucci a conclusione del servizio.



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