
Silvano Fazi durante la presentazione del libro ad Urbisaglia
Cinquanta “scandafàole” della tradizione marchigiana scelte e raccontate in dialetto maceratese: sono le fiabe e le novelle narrate dall’autore Silvano Fazi nel suo ultimo volume Piticchjì, uscito a fine novembre e presentato nei giorni scorsi in varie città della provincia di Macerata. Sono testi scritti tra quelli che a partire dall’ultima parte dell’Ottocento ad oggi hanno raccolto nel centro-sud delle Marche diversi autori come Antonio Gianandrea, Giovanni Ginobili, Luigi Mannocchi e Claudio Principi.

L’illustratrice Miriam Mugnoz ad Urbisaglia
Giunte ad oggi trascritte nei modi più variegati e sparse in una miriade di pubblicazioni (libri, opuscoli e giornali), Silvano Fazi racconta le “scandafàole” nella parlata dialettale maceratese così come venivano tramandate un tempo nelle campagne, accanto al fuoco o dentro le stalle, da narratori provvisti di capacità oratorie consolidate e di particolari abilità nel catturare l’attenzione dei presenti. E così Chjuì, Beccaccì, Tarduà e tanti altri personaggi prendevano vita e coinvolgevano il pubblico, a cui veniva lasciata, tra tante peripezie, la possibilità di riconoscere i valori e le regole fondamentali della convivenza, e da quale parte stava il bene e da quale parte stava il male.

Silvia Alessandrini Calisti a Macerata
Come scrive nella prefazione del libro Silvia Alessandrini Calisti, esperta di web, comunicazione nei social media e delle tradizioni popolari marchigiane, «non si può non accogliere il lavoro di Silvano Fazi con gratitudine e ammirazione, perché si tratta di molto più di una semplice raccolta di vecchie storie. Le cinquanta scantafavole di questo libro ci regalano la stessa sensazione di riaprire un vecchio baule dimenticato da tanto tempo in casa dei nonni, che al suo dischiudersi scatena una forza emotiva di grande potenza, ma anche di infinita dolcezza, muovendo al sorriso, alla riflessione e, perché no, anche ad una nostalgia buona, capace di farci ricongiungere con la nostra essenza e le nostre radici».
Anche i sensi sono coinvolti nella lettura perché come dice Eliana Ribes, moglie di Silvano Fazi, «questo libro è per tutte le età e le stagioni. In inverno ha l’odore delle castagne cotte sopra la brace del camino e delle bucce di arancia sulla stufa economica. Ha il sapore del pane nociato e dei cavolfiori fritti. Ha la voce del vento che soffia forte e penetra dagli infissi sconnessi, quella dei nonni che con i loro racconti suscitano meraviglia e paura nei bambini. La fantasia regna sovrana, ammanta e rende straordinaria una quotidianità di fatiche e rinunce, oggi inimmaginabili».

Agostino Regnicoli a Macerata
Il libro è impreziosito dalle illustrazioni dai tratti morbidi e delicati di Miriam Mugnoz, che fissano in modo efficace aspetti ed emozioni dei singoli racconti. È inoltre corredato dalle Avvertenze per la lettura del testo dialettale, di cui Agostino Regnicoli ha curato la revisione ortografica, e da un Piccolo glossario dei termini meno conosciuti, per cui risulta accessibile anche a chi conosce poco il dialetto maceratese: chiunque potrà quindi apprezzare il mistero e la musicalità delle storie raccontate da Fazi con la sua prosa dialettale gustosa e scorrevole.
Silvano Fazi, già autore dei testi in dialetto urbisagliese Per quanti fjuri cac-cia ’m prate (scritto con la moglie Eliana Ribes) e Me sa mijj’anne, ha presentato il volume in quattro occasioni: alla Biblioteca statale di Macerata, alla Biblioteca comunale di Urbisaglia, alla Piccola Libreria delle Marche di Recanati e alla Biblioloro di Loro Piceno. Letture del libro sono state fatte anche all’Ecomuseo Villa Ficana di Macerata.

Urbisaglia

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Macerata

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Loro Piceno

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Recanati

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Ecomuseo Borgo Ficana

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