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Usura, il ristoratore Giulio Fanelli:
«Dipinto come un mostro,
ma la vittima sono io»

CIVITANOVA - Il 62enne, titolare di un locale sul lungomare Piermanni, oggi in redazione ha voluto dire la sua sul processo in cui è imputato al tribunale di Macerata. Sull'imprenditore che sarebbe stato taglieggiato: «Si è avvalso in questi anni della mia amicizia e di quella della mia famiglia ed in questo periodo ha copiosamente usufruito della mia ospitalità e di una serie reiterata di aiuti finanziari»

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Giulio Fanelli oggi in redazione (fotografato di spalle per motivi di giustizia)

 

«Non sono un mostro, in questa vicenda la vittima sono io». Così il ristoratore Giulio Fanelli, titolare di un locale sul lungomare Piermanni di Civitanova, che oggi ha voluto dire la sua sul processo in cui al tribunale di Macerata è accusato di estorsione, usura, lesioni. Una vicenda che ha portato, lo scorso anno, anche all’arresto del ristoratore, conosciutissimo e a Civitanova. Oggi Fanelli, accompagnato dall’avvocato Massimiliano Cofanelli, dello studio legale di Gabriele Cofanelli (che lo assiste al processo) è stato nella redazione di Cronache Maceratesi. «Ho letto l’articolo del processo sul vostro giornale e volevo intervenire perché non sono il mostro che è stato dipinto e la vera vittima sono io». Fanelli, 62 anni, secondo l’accusa avrebbe fatto un prestito di 10mila euro ad un imprenditore per poi chiedergli interessi del 133%. Inoltre avrebbe cercato di estorcergli la restituzione del debito e si sarebbe spinto, insieme al figlio (pure lui all’epoca arrestato e per il quale si procede separatamente) a picchiarlo, colpendolo anche con una pala.

fanelliFatti che Fanelli nega di aver compiuto. Anzi. «Fermo restando che il procedimento penale dovrà necessariamente seguire il suo corso, ritengo doveroso, sia a titolo personale che a tutela della mia attività di ristorazione evidenziare alcuni aspetti» dice con un comunicato che ha preparato insieme al suo legale Gabriele Cofanelli. È un fiume in piena su questa vicenda, tra rabbia e rammarico per quanto accaduto, ma c’è un procedimento in corso e allora si affida ad una nota per chiarire i punti senza lasciarsi andare all’emozione. «L’imprenditore (che sarebbe stato vittima di usura, ndr), se così può definirsi, si è avvalso in questi anni della mia amicizia e di quella della mia famiglia ed in questo periodo ha copiosamente usufruito della mia ospitalità e di una serie reiterata di aiuti finanziari» dice Fanelli. Il ristoratore continua dicendo che «sono state innumerevoli le occasioni nelle quali l’imprenditore (che Fanelli cita sempre tra virgolette, ndr) si è rivolto a me per affrontare il proprio sostentamento economico e per poi dimenticare tutto ciò, sino al punto di aggredire fisicamente sia me che un componente familiare, provocando una serie di lesioni personali». Inoltre «dinanzi a questo quadro asseritamente indiziario e che, ad avviso scrivente, poggia unicamente sulle dichiarazioni dell'”imprenditore”, sussistono una serie di elementi di natura oggettiva che a nostro avviso potranno essere confutati dai diciassette testimoni indicati a difesa pur se, nel contempo, lo scrivente ha dovuto subire una carcerazione di natura cautelare». Altro punto che sottolinea, è: «inutile affermare la più ampia ed incondizionata fiducia nell’operato della magistratura e che, sia nel corso delle indagini preliminari che nella successiva fase dibattimentale, ha dimostrato e dimostrerà di certo equilibrio e senso di responsabilità dinanzi una vicenda che purtroppo ha riaperto antichissime ferite oramai sepolte nell’animo esponente e che ritenevo appartenessero ad una vita diversa popolata da vecchi fantasmi». Infine, conclude «attendo con ansia il giorno in cui potrò chiedere un pubblico confronto con l'”imprenditore” e comunque sin d’ora vorrei togliermi un sassolino evidenziando come detto “imprenditore” si è sempre rifiutato di ricevere le notificazioni che per ragioni procedurali ero costretto ad inoltrare nel corso del periodo di custodia e con l’unico obiettivo risultato di appesantire la mia detenzione senza in alcun modo interloquire con lo stesso scrivente».

(redazione CM)

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