Valentina Gregori insieme al piccolo Cristiano
di Federica Nardi
Oltre due anni lontano da casa, l’incertezza sul futuro, l’assenza di prospettive, lo «stress continuo, le notizie che sono pugni allo stomaco». Valentina Gregori è provata per ciò che sta vivendo dopo il terremoto che ha costretto lei e il marito Luigi Carletti a lasciare la loro casa di Caldarola. Ieri all’ospedale di Macerata è nato il secondo figlio della coppia, «Cristiano, a 32 settimane – dice Valentina –. Anche lui prematuro come suo fratello Riccardo che era venuto al mondo due anni fa, a 34 settimane di gravidanza, in piena emergenza terremoto. Penso che lo stress che stiamo vivendo abbia avuto la sua parte». Cristiano pesa poco più di due chili ed è alto 45 centimetri. Dopo più di due anni, di passi avanti «non ne sono stati fatti molti» racconta Valentina, che dopo essere stata sfollata a Trodica di Morrovalle con il marito, è ritornata a Caldarola e sta in una sae. «Non è più l’emergenza a fare paura ma l’incertezza del futuro che è anche peggio perché ti logora giorno per giorno – racconta Valentina –. Creiamo una famiglia per costruire, ma su basi di totale incertezza. Il nostro futuro è legato a tanti “forse” che sembrano più giochi di potere sulla pelle delle persone e delle nostre vite. Se si vogliono incentivare i giovani a rimanere e fare figli, non è questa la risposta. A oggi essendo realistici bisognerebbe andare via: eliminano i servizi, la ricostruzione è lunga, non ci sono prospettive reali. Non sappiamo quando torneremo a casa – continua Valentina –. Due anni fa non pensavo di essere a questo punto ma almeno di avere una prospettiva. Invece non c’è nulla: né una visione né una strategia di far rinascere i territori. Ancora facciamo i convegni per dire sempre le stesse cose che non vanno. O si cambia radicalmente nel giro di sei mesi o questi territori diventeranno la Pompei del terremoto. Verranno a vedere le macerie e i palazzi puntellati. Non si sta considerando la cura del tessuto sociale. Se non curi quello è inutile ricostruire. Noi facciamo figli per anche per alimentare la speranza, ma chi sta sopra di noi gioca con le nostre vite».
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