Lutto nel giornalismo
per la morte di Carlo Paci

IL RICORDO - Decano dei giornalisti marchigiani, ex presidente dell'ordine regionale fra gli anni '80 e '90, Aveva 92 anni. Paci e' stato caposervizio del Messaggero per 30 anni, ed era andato in pensione nel 1987

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Carlo-Paci

Carlo Paci

E’ morto venerdì sera ad Ascoli Carlo Paci, decano dei giornalisti marchigiani, ex presidente dell’ordine regionale fra gli anni ’80 e ’90. Aveva 92 anni. Paci è stato caposervizio del Messaggero per 30 anni, ed era andato in pensione nel 1987. I funerali ieri ad Ascoli con rito laico.

di Maurizio Verdenelli

“All’amico del mio grande amico e maestro Carlo Paci”. Firmato Tullio Pericoli. Il libro: “Ritratti arbitrari”. Il luogo: Fabriano, dove lui aveva appena ricevuto il Premio Gentile nel settore ‘Arte e Cultura’. Quando: 11 ottobre 2003. A Pericoli, uno dei più grandi disegnatori italiani, già collaboratore di giornali come L’Espresso, Corriere della Sera, Repubblica (autore tra l’altro di una strepitosa campagna pubblicitaria per il turismo della Regione Marche, assessore Giulio Silenzi) s’illuminavano letteralmente gli occhi quando gli si parlava del suo primo ‘capo’, Carlo Paci, responsabile della redazione ascolana del ‘Messaggero’ dove aveva ‘cominciato’ tantissimi anni prima. Era infatti un ragazzo meno che ventenne quello che da Colli del Tronto bussò una mattina, poco dopo la metà degli anni 50, alla redazione cittadina del capoluogo da poco aperta dal quotidiano romano. Chiedeva una semplice collaborazione. Non aveva macchina fotografica, il giovane Tullio. “Così lo mandai, taccuino e matita ben appuntita, alle sedute del consiglio comunale per fare i ritratti di tutti: sindaco, assessori, consiglieri.

Carlo-paci-con-il-presidente-Sandro-Pertini

Carlo paci con il presidente Sandro Pertini

Compresi subito che avevo davanti a me un grande talento” mi raccontava Carlo, morto venerdì sera a 92 anni, il grande patriarca del giornalismo marchigiano. Non solo quello: Carlo fu ‘anche’ partigiano e tra i ricordi più belli teneva la foto con il Presidente Pertini, con il quale era amico fin dai tempi della Resistenza, quando nell’82 il partigiano Sandro era stato in visita ufficiale, per un’intera settimana, nelle Marche.

“Tullio Pericoli andò poi a Milano: era naturale, continuò con i giornali diventando una grandissima firma, tuttavia mantenendo sempre i rapporti con la sua regione e pure con me” ricordava con un largo sorriso, Paci. Il quale aveva un intuito particolare da talent scout. Così, cominciando lui a curare l’Annuario delle Marche e chiedendo a me, caposervizio a Macerata -nelle Marche eravamo solo io e lui- un giovane cui affidare incarichi di collaborazione, comprese subito che c’era stoffa da vendere dietro il sorriso pronto e fulminante (lo definiva così ‘il compagno Enzo Torresi’ scomparso nei giorni scorsi) di quella ragazza alle prime armi che gli avevo segnalato. In tal modo Emanuela Fiorentino -vice direttrice di Panorama, adesso del TG4- gli divenne affezionatissima, sua collaboratrice assidua, firma consueta dell’Annuario.

carlo-paci-696x392-325x183Ad Ascoli Paci formò, oltre ai figli Sandro e Mario, giornalisti di vaglia come Enzo Paolini (gli successe poi alla guida della redazione ascolana, poi del coordinamento editoriale dell’inserto Marche), Franco De Marco, Bruno Ferretti e via elencando. “Abbiamo grande autorevolezza e riscuotiamo altrettanto rispetto: entriamo dappertutto senza problemi: il nostro giornale è il primo della piazza” mi confidò una volta negli anni d’oro della direzione di Vittorio Emiliani (1980-197) il redattore capo delle edizioni regionali, Giuseppe ‘Pino’ Coscetta. Paci infatti era qualcosa più di un giornalista. Da presidente dell’Ordine aveva fondato insieme con altri la Scuola di giornalismo di Urbino, faro di formazione per le nuove leve e a livello cittadino e  la Quintana per cui la città ‘di travertino’ va famosa al pari della squadra di calcio, massimamente al tempo di Costantino Rozzi e di ‘Carletto’ Mazzone. Il calcio, anche e soprattutto in quegli anni, era addirittura ‘esploso’ tanto che Paci manteneva costantemente ‘di spalla’ (titolo più appetito dell’intera pagina) la cronaca quotidiana sull’Ascoli Calcio. Notizie, pettegolezzi, tutti. In Rai, bucava il video Tonino Carino ‘da Ascoli’.

Ascoli divenne un fenomeno mediatico anche all’interno del severo palazzo di via del Tritone del ‘Messaggero’ dove le edizioni locali erano le prime ad essere sacrificate ad ogni ricorrente sciopero dei tipografi. Tuttavia incontrandolo le prime volte, nella riunioni di direzione centrale e sentendo parlare di Carlo Paci come di un guru, noi new entries dalle ambizioni sfrenate, ingigantite dai primi successi, guardavamo a quel monumento low profile dal fare gentile ed amichevole, con ingiustificato disincanto. Storia vecchia nel giornalismo dove i giovani ‘rampanti’ si sentono spietati ‘rottamatori’. Senza sospettare allora che Paci era davvero e concretamente ‘il giornalismo’ nelle Marche. E poco contava se, con un senso di noblesse obblige, lui disdegnasse le nuove tecnologie fedelissimo com’era alla ‘Olivetti’ e volesse prendersi giuste pause anche in nome del diletto cinematografo o di qualche evento culturale di rilievo. In lui coesistevano tutte le categorie dell’indagine: ‘nihil humani alienum a me puto’ per dirla con Terenzio. Al contrario di quello che dice G.B. Shaw dei giornali locali, Paci sapeva distinguere perfettamente “tra un incidente in bicicletta e l’invisibile spegnersi di un’epoca”. E sapeva capire il talento artistico, dedicando ad esempio all’amico Tullio una ‘stanza’ della cronaca ‘nuda e pura’ di Ascoli Piceno. E Pericoli, un giorno, avrebbe dedicato al suo ex ‘capo’ un bozzetto di lui, meraviglioso.

Con Carlo ebbi rapporti molto amicali, anche quando nessuno di noi due fece più parte del Messaggero (lui in pensione nell’87) ognuno dietro ad altre avventure. Quando qualche editore voleva ‘aprire’ sulla piazza, non poteva fare a meno di contattare il Patriarca. Così fece Franco Sensi, editore del ‘Corriere Adriatico’. Era facilissimo: affidarsi a Paci significava avere successo, diventare rapidamente i primi della piazza, vendere copie su copie. Era successo al ‘Messaggero’, accadde anche al giornale dell’imprenditore che amava Visso e la Roma. Carlo conosceva i suoi concittadini benissimo. Era maestro dell’opinione pubblica e come un ‘sarto’ disegnava il ‘suo’ giornale su quei lineamenti a lui arcinoti.

Un giorno litigammo, via telescrivente. Ci sentivamo spesso al telefono, ma quella volta avevo affidato le mie critiche alla telex. Lui rispose dicendo che si trattavano di ‘ukase’, di modello zarista. Aveva ragione. Ma una volta ebbi ragione io. Primi anni 80, caso De Rothschild, uno dei primi scoop nelle Marche. Una notizia che avevo sempre ‘in pagina’ nonostante che le indagini fossero sempre ad un punto morto – tuttora desta perplessità la conclusione di quelle. E scherzando, ad Ancona, mi disse: “Ora ti allarghi, ora ti restringi…pensi sempre alla baronessa”. Risposi un po’ acido: “Come te, con l’Ascoli calcio…”. Si riprese la sua rivincita quando una mattina, per me nerissima, si sorprese fintamente innocente che a Macerata Il Messaggero aveva ‘bucato’ il buco della Carima, in quel fatale maggio dell’85. Sarebbero venuti tempi ancora peggiori, ma né io né lui potevamo sospettarlo.

Cosa rimane ora di quella grande storia che, grazie ad Emiliani, il direttore ‘marchigiano’ s’irradiò fino a Pesaro volando sulle colonne del quarto giornale italiano? Solo il ricordo dal 5 luglio 2016: esattamente a 59 anni ed 81 giorni dall’apertura del ‘Messaggero’ sulla gloriosa piazza ascolana. Non credo affatto che Carlo, professionista autentico, abbia avuto rimpianti o resipiscenze o nostalgie per quegli anni eppure formidabili ed irripetibili. Il suo occhio di eterno ragazzo, di giornalista autentico spaziava sempre oltre, davanti e sopra di sé. Verso l’infinito e verso le sue infinite curve indagando laddove lo sguardo sembrava non potesse più andare.

Ciao Carlo, ti sia lieve la terra.



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