
L’Abbazia di Rambona in una foto senza impalcature, prima del recente sisma

Sant’Amico raffigurato insieme al lupo nell’Abbazia di Rambona
di Marco Ribechi
In silenzio e solitudine si ritirava in meditazione in una piccola cella adiacente alla cripta dell’abbazia di Rambona a Pollenza. Pellegrini da ogni luogo venivano a fargli visita per i suoi miracoli, invocandone i poteri taumaturgici, legati alla guarigione delle ernie. Oggi la sua storia segue il declino degli stessi luoghi che lo hanno ospitato, la memoria di Sant’Amico è andata perduta così come il cenobio di Rambona è stato dimenticato nonostante la sua enorme importanza e il suo passato glorioso, che racchiude la storia segreta delle Marche (leggi l’articolo). Un luogo inestimabile oggi minacciato dal terremoto ma già pericolante prima della recente furia della terra, un sisma culturale di cui pochi si sono occupati ma che oggi non può più essere trascurato se si vuole raccogliere i pezzi di un passato ancora da decifrare.

Il terremoto ha ulteriormente aggravato la situazione dell’Abbazia
In epoca moderna a parlare di Sant’Amico è stato Don Nazareno Boldorini, (1904-1959) sacerdote di Rambona per 30 anni e grande studioso e ricercatore della storia del territorio. A lui si deve il volume “Sant’Amico Abate di Rambona in Pollenza – Marche” che racchiude praticamente tutte le informazioni relative al religioso: una raccolta della vita, del culto e della tomba del santo di Rambona, incluso lo studio sull’autenticità delle reliquie. L’esistenza storica di Sant’Amico è attestata da San Pier Damiano nel suo Liber Gratissimus, scritto nel 1052. Una testimonianza di grande valore visto che il documento è coevo alla vita del Santo; inoltre Pier Damiano aveva visitato le terre di Camerino più volte, mosso dal desiderio di conoscere i monasteri fondati dall’eremita San Romualdo. L’abbazia di Rambona faceva parte a quel tempo della diocesi di Camerino ed era collocata sulla strada romana che da Settempeda (l’attuale San Severino) conducenva a Treja. Pare probabile perciò che San Pier Damiano abbia fatto visita a Rambona e lì abbia raccolto notizie di prima mano su Sant’Amico.

Gli affreschi al’interno dell’Abbazia di Rambona ogni giorno appaiono più danneggiati
L’Abate Amico nacque prima dell’anno Mille a Monte Milone: era così che veniva chiamata Pollenza nel Basso Medioevo prima di riprendere, nel XIX secolo, il nome originario di Pollentia, Pollenza. Era figlio del castellano di Pollenza (allora castello medioevale) e venne battezzato con un nome caro ai Franchi visto che lo portava un soldato di Carlo Magno morto in combattimento e venerato come martire a Mortara. Il giovane Amico ricevette un’educazione cristiana forse ad opera dei monaci di Rambona. Sant’Amico fu monaco, sacerdote, abate della Badia benedettina di Rambona. Il monastero in cui professò e visse era stato fondato alla fine del IX secolo dall’Imperatrice Agertrude sulle rovine di un tempio pagano dedicato alla Dea Bona. Secondo l’iconografia esistente, Sant’Amico era raffigurato come un uomo alto un metro e ottantacinque, snello, nell’atto di usare attrezzi agricoli o di dispensare oratorie. Una stampa su rame lo presenta in estasi, vestito da Abate e con un lupo accanto (animale spesso raffigurato vicino al Santo). Morì a Monte Milone dove era stato trasportato malato, nell’Ospizio di Santa Maria che potrebbe essere l’attuale Chiesa di San Francesco. La salma venne poi riportata alla Badia di Rambona dove il popolo acclamò l’amato Abate come Santo.

Altri affreschi in condizioni precarie
Dei miracoli operati da Sant’Amico il più famoso è quello del lupo che sbranò la cavalcatura che egli stava conducendo carico di legna dalla foresta al convento. Sant’Amico ammonì il lupo per un atto tanto crudele e l’animale si ammansì a tal punto che accettò di trasportare la legna in sostituzione del cavallo ucciso. Questa storia è comune a un altro Santo omonimo, Sant’Amico di Avellana, con cui viene spesso confuso. In generale si assegna a Sant’Amico il potere taumaturgico della guarigione, specificamente quella dell’ernia per cui ancora oggi è invocato. Un altro miracolo attribuito al santo sarebbe la conversione del Fosso dell’Acqua Salata, nel territorio dell’Abbazia, in acqua dolce in quattro punti, dove tutt’ora si trovano piccole fonti. La cripta di Rambona con le sue colonne e capitelli che, secondo Don Nazareno Boldorini, rappresenterebbero le virtù del Santo e i vizi da lui combattuti, è adiacente ad una piccola cella, l’antico Confessionale, dove probabilmente venne effettuata la sua prima sepoltura. Per questo è anche conosciuta come “Grotta di Sant’Amico”, in quello stesso luogo sembra che egli andasse per pregare e fare penitenza. L’importanza di Sant’Amico oggi è legata a doppio filo a quella della Basilica di Rambona: entrambi incarnano il ponte tra la magia pagana e la spiritualità cristiana. Non è un caso infatti che Sant’Amico andasse a pregare nella “grotta” dove vi era il rozzo sarcofago di pietra ora spostato nella cripta. All’interno del sarcofago vi sono delle ossa di un santo anonimo morto dopo atroci sofferenze per malattia d’ossa. Chi era questo “Santo”? Come mai tanta devozione da parte dell’Abate di Rambona? Egli doveva certamente conoscerne l’identità e l’importanza. L’Abbazia di Rambona, punto di contatto tra religioni e popolazioni di diversa provenienza ha ancora molte cose da svelare, aspetti che possono gettare una nuova luce sul ruolo della Marche nella storia dell’Italia e dell’Europa, fondamentale però sarà preservarla dalla lenta distruzione che inesorabile ne minaccia l’esistenza.
Questo articolo è stato scritto in collaborazione con il gruppo di ricerca The X Plan. Per leggere la cronaca integrale della loro escursione clicca qui.
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