di Maurizio Verdenelli
Macerata Racconta ha avuto quest’anno un top d’ascolto difficilmente raggiungibile, quello legato ad Erri de Luca per il quale la fila, ordinatamente intesa, fin fuori il teatro ‘Lauro Rossi’ ha battuto quella per Gianrico Carofiglio 1 a 10. Ma se i grandi scrittori hanno rappresentato per una sera, o quasi, l’attrazione indispensabile, per questo genere di manifestazione importante è stata la coltura di piccoli (!?) scrittori crescono. Ed è stata questa la notizia più importante emersa dalla settima edizione della fiera libraia maceratese. Non sappiamo, in assenza di un comitato scientifico, se la scelta di chiamare un esordiente di 63 anni come il maceratese Maurizio Angeletti (che abita con la famiglia a Passo Treia) sia stata effettivamente consapevole o forzata dal meccanismo di legare la presenza di una casa editrice, in questo caso Edizioni Simple, ad un libro – in questo caso ‘La Maschera delle ombre’ (10 euro, 94 pgg), raccolta elegante di poesie e non solo, curata graficamente da Andrea Raggi con copertina magnificamente illustrata da Genesio Medori.
Quest’ultimo è stato il pigmalione di Angeletti. Una storia che potrebbe prendere lo spunto da una canzone celebre di Gino Paoli il cui refrain fa: ‘Eravamo quattro amici al bar…’. Il locale in questione è il Bar Roma di Passo Treia condotto dai fratelli Graziano e Roberto Biagetti con mamma Rita. Non casualmente i ‘quattro amici’ che hanno accompagnato al ‘Tempio’ di Macerata Racconta, con la sua opera prima, Maurizio Angeletti sono stati altrettanto passotreiesi (non treiesi, ha tenuto a precisare il collega Andrea Mozzoni) insieme con Medori. Agli Antichi forni c’è stata la ‘Presentazione’ con mamma Gina e il fratello Silvano. Mamma Gina è quella che ha pagato la pubblicazione al figlio che proprio nelle ‘humanae litterae’ ha trovato, dopo la crisi come operatore economico (ramo cartoleria in tutta la provincia maceratese, un’edicola frequentatissima in viale don Bosco) una nuova ‘rinascita’. Una cultura profonda ed approfondita maggiormente perché come ha ricordato il prefatore, Guido Garufi: “Si scrive per non morire e per poter morire” citando Maurice Blanchot. Con il poeta maceratese di ‘Fratelli’, amico di Montale e Luzi, a far corona intorno ad Angeletti, pure chi scrive, lo stesso Andrea Mozzoni, Sandro Marozzi (già amministratore comunale treiese), la poetessa Lucia Nardi, finalista del Premio Musa d’argento, Ariana Hoxha insegnante della scuola albanese presso la biblioteca Mozzi Borgetti, e i lettori (bravissimi) Gianfranco Mancini e Cristiano Lambertucci. Storia nella storia di Maurizio, anzi anteprima: con Mancini, Medori regista, una recente ma intensa condivisione infatti nell’interpretazioni di famose liriche in dialetto e no (Totò, Pasolini, Trilussa, i poeti del vernacolo maceratese e fermano): filmati che spopolano su Youtube.
Il poeta ‘fatto in casa’ anzi in cantina ha fatto centro anche grazie alla sua poesia “amicizia, amore, pianto, preghiera, compassione, disperazione” (Garufi) con una citazione sempre appropriata in calce tenendo presente come scrive Robert Musil che ‘Tutte le vie dello spirito partono dall’anima ma nessuna vi fa ritorno’. Non è il caso di Angeletti perché alla fonte (letteraria) lui farà ritorno con una seconda silloge dove poesia e prosa staranno in equilibrio sulla tolda di una nave con il cannocchiale puntato sulle ingiustizie umane e sul destino sempre più gramo che sembra più attenderci tra le pieghe dell’ineluttabile tramonto di ‘Lor Signori’, delle banche e di tutte le lobbies presenti e future (speriamo no).
(foto di Luciano Carletti)
(Video di Genesio Medori)
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