di Gianluca Ginella
Morte di Mithun Rossetti, la procura respinge la richiesta dei famigliari del giovane che chiedevano copia del referto stilato dal medico legale. L’avvocato della famiglia: «Rifiuto senza alcuna plausibile ragione». La morte del giovane, 26enne di origini indiane, residente a Treia e studente di Unicam, risale alle 12 di domenica 7 agosto 2016. La famiglia da allora attende di conoscere la verità su cosa accaduto al giovane, trovato senza vita in un annesso di una villa di Porto Sant’Elpidio. «Non posso nascondere lo sconcerto e il rammarico suscitato dal ricevimento della notifica del provvedimento negativo nei familiari e nel sottoscritto – dice l’avvocato Federico Valori, che assiste i familiari di Mithun –; ciò credo possa essere bene intenso da chiunque abbia seguito gli sviluppi dell’investigazione». Il legale spiega che l’autopsia era stata richiesta proprio dai familiari del giovane che ritengono che in questa vicenda vi siano lati oscuri che vanno chiariti e hanno forti dubbi sul fatto che possa essersi trattato di un suicidio. Nonostante la richiesta di fare l’autopsia sia arrivata dai familiari «oggi vengono esclusi dalla sua conoscenza e ciò senza che venga addotta alcuna plausibile ragione, al di fuori del tautologico richiamo al segreto istruttorio».
Non rimane allo scrivente che insistere con la procura di Fermo affinché l’inspiegabile contegno fino ad ora tenuto possa cessare instaurando finalmente la franca ed effettiva collaborazione tra la famiglia Rossetti, i suoi legali e consulenti, ed autorità giudiziaria, in quando contegno giusto in generale ed ancor più nel caso del povero Mithun, ove qualunque persona di comune buonsenso può agevolmente rilevare numerose circostanze in contraddizione con l’ipotesi troppo frettolosamente sposata del suicidio». Il risultato dell’autopsia serve per approfondire alcuni dettagli per capire se sia opportuno svolgere un accertamento sui reperti genetici e che servirebbero «per accertare definitivamente se Mithun abbia avuto rapporti sessuali quella tragica notte – prosegue il legale –. Non può sfuggire l’importanza di tale accertamento che potrebbe dire se c’era qualcuno con lui durante le ultime ore di vita». Il legale si rammarica per «l’attuale sfiducia manifestata verso i familiari ed i professionisti che li affiancano ci impone di formulare al più presto le nostre istanze per non perdere più tempo prezioso per l’accertamento dei fatti. La famiglia Rossetti chiede di continuare ad indagare i tanti aspetti misteriosi ed inquietanti della morte di Mithun, senza escludere pregiudizialmente alcuna ipotesi».
L’avvocato Valori sottolinea: «insisteremo nel rilascio di copia della perizia autoptica, chiederemo il rilascio di copia del contenuto del computer, di cui abbiamo a suo tempo chiesto il sequestro, e del cellulare che è stato ritrovato nei giorni immediatamente successivi la nostra richiesta (è innegabile che le nostre richieste rechino fortuna alle indagini). Chiederemo altresì di acquisire, ove non si fosse già provveduto, l’intero traffico mobile che abbia interessato le celle che presidiano il territorio ove sono avvenuti i fatti». Il legale ribadisce l’intenzione della famiglia a collaborare alle indagini e di voler mettere a disposizione «le nostre risorse private per condurre gli accertamenti. La famiglia Rossetti è pronta a fare da sola ciò che dovrebbe richiamare la solidarietà collettiva, quantomeno delle pubbliche autorità». E conclude: «Troppo tempo è passato per temere di essere petulanti, specie quando si ricevono dinieghi tanto più contundenti quanto più immotivati».
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