Visso e Castelsantangelo uniti
La Regione: “Sì può,
non c’è limite demografico”

SPENDING REVIEW - La legge che regola la materia non prevede un limite minimo di popolazione per costituire un nuovo Comune. Piermattei, enti locali della Regione: "Se ne può creare anche uno di soli quattrocento abitanti"

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I due sindaci che hanno scelto l'unione dei loro comuni

I due sindaci che hanno scelto l’unione dei loro comuni

di Monia Orazi

Avanti tutta con la fusione dei comuni di Visso, 1180 abitanti e Castelsantagelo sul Nera, 310 abitanti. La legge regionale che regola la materia, non prevede un limite demografico minimo per costituire un nuovo Comune. Il limite minimo di tremila abitanti vige soltanto per la gestione associata dei servizi, tramite convenzioni, unioni di comuni o unioni montane. Così il progetto dei due sindaci sembra concretizzarsi (leggi l’articolo). «Non c’è nessun limite demografico alla fusione di comuni, se ne può creare anche uno di soli quattrocento abitanti» spiega Claudio Piermattei dell’ufficio enti locali della Regione. Sono soltanto due i casi di fusione tra comuni, Trecastelli nell’anconetano che ha dato vita ad un nuovo ente di oltre 7mila abitanti e Vallefoglia nel pesarese che unendo due comuni ha dato vita ad una nuova realtà di oltre 15mila abitanti. I due nuovi comuni hanno beneficiato rispettivamente di 280mila e 200mila euro di contributi regionali, a cui si aggiungono altre agevolazioni. Nei primi dieci anni dalla costituzione il nuovo ente ha diritto anche ad un contributo statale pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali del 2010, fino ad un massimo di un milione e mezzo di euro per fusione. Oltre a questo è soggetto al patto di stabilità solo dal terzo anno successivo alla fusione e non ha vincoli all’assunzione di personale anche a tempo determinato, per i primi cinque anni, fermi restando alcuni parametri di rispetto della spesa corrente. Per i Comuni risultati di fusione ci sono agevolazioni anche nell’accesso ad una serie di provvedimenti regionali di settore per gli enti locali, in cui sono equiparati ad unioni di comuni o montane. Il nuovo comune che dovrebbe nascere dovrà seguire un iter, che prevede la partecipazione popolare, apposite delibere di consiglio comunale, uno studio di fattibilità, procedimento regionale ed il referendum consultivo delle popolazioni interessate. Se i cittadini si esprimeranno favorevolmente, la Regione, con apposita legge regionale, istituirà il nuovo Comune. «Il tema della gestione dei piccoli comuni è molto complesso perché sono sottoposti ad una serie di vincoli associativi, di spese, di funzione, e relativi tagli – osserva Piermattei – la prospettiva di fusione va vista in un’ottica di prospettiva di sviluppo economico, si procede alla revisione delle circoscrizioni regionali e provinciali, perché non ci sono abbastanza risorse per garantire i servizi minimi, inoltre i vincoli finanziari impongono l’obbligo di risanamento del debito pubblico». L’esperienza dei comuni di Vallefoglia e Trecastelli è molto positiva come rivela Piermattei: «Ci sono opportunità di risanamento finanziario, posso testimoniare come per i due nuovi comuni la fusione sia stata una leva significativa di sviluppo economico, i sindaci riescono a dare risposte altrimenti difficili per altri piccoli comuni. Con i progetti i comuni associati riescono a dare posti di lavoro». Il parametro minimo dei tremila abitanti è utilizzato dagli esperti per valutare la convenienza economica di una fusione: «Secondo alcune opinioni una fusione per dare vita ad un comune con meno di tremila abitanti non è conveniente, la legge dispone per la zona montana l’obbligo della gestione associata delle funzioni per i comuni con meno di tremila abitanti, obbligo in cui dopo cinque anni dalla fusione, ricadrebbe anche un nuovo comune».



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