di Elisabetta De Luca
“Kitchen at Fontespina” (1916-17), opera di un giovanissimo Pannaggi, apre il sipario del simposio tenuto al Guggenheim il 7 maggio da Christine Poggi, professoressa di storia dell’arte alla Pennsylvania University. La famosa spirale di F.L.Wright del museo newyorkese, situato tra la quinta avenue e l’88esima strada, dedica una grandiosa esposizione al futurismo italiano “Italian Futurism 1909-1944, Recostructing the universe” (aperta fino al primo settembre). La “cellula” futurista maceratese ha un ruolo rilevante all’interno della mostra in quanto all’epoca ha rivestito un ruolo da protagonista nella storia dell’arte italiana e internazionale e intorno alla quale sono gravitati numerosi e prestigiosi artisti Sante Monachesi, Mario Buldorini, Rolando Bravi, Bruno Tano, Umberto Peschi, Tullio Crali, Wladimiro Tulli e molti altri.
Il giovane Ivo Pannaggi ha lasciato segni indelebili spaziando tra pittura, architettura, arredo d’interni, collage, costumi scenografici, fotografia, grafica pubblicitaria, ecc. La Poggi, che conosce i nostri luoghi avendo dei parenti a Fontespina, si è immedesimata nella plausibile atmosfera dell’epoca quando in un tranquillo pomeriggio estivo durante la passeggiata di ritorno dalla spiaggia di Porto Sant’Elpidio, irrompeva lungo la ferrovia, il rumore, il dinamismo e la velocità dell’”intruso”, il diretto Milano-Lecce. E lui, Pannaggi, ha dipinto, secondo i principi dell’estetica della macchina, una delle sue opere più famose, il “Treno in corsa”(1922) prestato per l’occasione al museo d’oltreoceano dalla Fondazione Carima. Insieme al “Manifesto dell’arte meccanica futurista” scritto a Quattro mani con Vinicio Paladini, altre sue opere sono esposte ai numerosi visitatori provenienti da tutto il mondo. Ed e’ tutto centrato su questa idea di ‘macchina”, dell’entusiasmo e del potere da un lato ma anche di angoscia che questo progresso poteva portare, l’excursus della Poggi sul primo Pannaggi. Delinea anche influenze di altri artisti e movimenti quali il Purismo, il costruttivismo russo, Balla e De Stijl. Dedica inoltre un’attenzione particolare anche alle quattro stanze arredate da Pannaggi a casa Zampini, a Esanatoglia; è esposto al Guggenheim anche il dipinto “Funzione architettonica HO3” (1926) che ivi era stato appeso alle pareti. Si limita a questo primo periodo dell’artista, l’intervento della Poggi.
Pannaggi lascia infatti presto Macerata e viaggia moltissimo, tra le sue varie attività anche quella da corrispondente giornalista. Negli anni ’30 si trasferisce in Germania, dove frequenta il Bauhaus e in seguito alla sua chiusura, in Norvegia dove realizza Villa Rund, Villa Olses e Villa Feinberg. Proprio in Norvegia Pannaggi sarà, a breve, uno dei protagonisti dell’esposizione “Bauhaus in Norvegese”, lo anticipa Gabriele Porfiri, presidente del Centro Studi Ivo Pannaggi. Il centro studi, fondato a Macerata l’estate scorsa, ha come finalità principale la raccolta e la creazione di un fondo documentale da catalogare. Il lavoro ha cominciato a prendere forma con le prime classificazioni tra le quali: Pannaggi giovane 1913-1920, i costumi per il Balletto Meccanico del 1922 e L’Angoscia Meccanica del 1926, le caricature, la mostra del 1922 al Convitto, Pannaggi e il Bauhaus.
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