di Mario Battistini
In meno di nove mesi, più di ventimila visitatori hanno ammirato le stupende sale del Palazzo Buonaccorsi, che la passata Amministrazione comunale ha interamente rigenerato, ridando lustro a un’opera architettonica di straordinario valore storico e artistico. Un risultato sorprendente. Quando, negli Anni Novanta, il Comune decise il recupero di questo pregiato edificio, non pochi maceratesi, istigati dai soliti insopportabili politicanti, storsero il naso, ritenendo inopportuno e sbagliato l’investimento di risorse economiche in tale attività. Ma il tempo, per fortuna, sa essere in ogni epoca un giudice implacabile nei confronti di tanti faziosi sputasentenze. Intanto, oggi, la realtà si tinge di rosa e il futuro promette altri exploit. Infatti, quando sarà convenientemente pubblicizzato (finora niente si è fatto su questo versante), il Buonaccorsi si rivelerà un’autentica ricchezza per Macerata. A tale riguardo, pur riconoscendo la forzatura del confronto, può essere di qualche utilità ricordare il linciaggio che nell’800 inscenarono i tedeschi nei confronti di Ludwig II, re di Baviera, colpevole di portare lo Stato quasi alla bancarotta per la sua mania di costruire sempre nuovi castelli. Ben quattro residenze merlate diventate nel tempo ineguagliabili attrazioni turistiche e fonte di grandi profitti per lo Stato e per la popolazione bavarese, che oggi, incredibile ma vero, accende ceri di riconoscenza sulla tomba del loro <folle> sovrano. Certo, il Buonaccorsi non è il fiabesco castello di Neuschwanstein e Macerata non è la Baviera, ma il bello è ovunque un’attrattiva, in Germania come in una piccola realtà di provincia.
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Ventimila visitatori del Buonaccorsi, in appena nove mesi, rappresentano un risultato strabiliante. In larga maggioranza turisti e studiosi di diverse regioni d’Italia, nonché stranieri (inglesi e francesi in particolare), molti dei quali arrivati a Macerata per la stagione lirica dello Sferisterio. E sarebbero stati ben più numerosi se il cartellone del teatro, impostato su titoli alquanto arditi, avesse dato più spazio alle opere tradizionali, quelle più amate dal pubblico di mezzo mondo. Ma dal prossimo anno – ottima notizia – si tornerà all’antico.
Sono tempi difficili per le famiglie, per i giovani e per il mondo del lavoro, ma non si spegne la voglia di conoscenza, il desiderio di maturare esperienze nuove, di ampliare gli orizzonti del sapere. E’ la risposta forte che parte dal basso e che è rivolta alla contrastata politica del governo, che taglia indiscriminatamente i fondi per la cultura, che mette in ginocchio le istituzioni teatrali, che ignora la ricerca scientifica e che svilisce l’Università e la Scuola. A Civitanova, per restare ai fatti di casa nostra, diverse mamme si sono improvvisate imbianchine per ripulire le aule dei loro figli. Sono in bolletta anche molti istituti del nord, privi di infrastrutture logistiche e di strumenti per la didattica. Addirittura si è letto che, qua e là in Italia, non pochi alunni siedono su sgabelli portati da casa. E’ accettabile e educativamente sostenibile questa situazione? In compenso, un sindaco della Padania, per amor di Patria, ha impresso i simboli della Lega sui banchi di una nuova scuola. Siamo allo sfascio, sostengono insegnanti e genitori, ma i ministri Bondi e Gelmini si compiacciono delle loro <riforme epocali>.
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La Cultura indubbiamente ha dei costi anche pesanti, ma ben superiori sono le positive ricadute che assicura anche in campo economico. Il progresso impone scelte coraggiose, forse impopolari, perché è fuor di dubbio che anche e soprattutto in tempi di crisi la Cultura sa essere una molla formidabile contro il pessimismo e la rassegnazione, una molla che risveglia interessi e passioni, che spinge a ragionare, a meditare e a riflettere. In tale contesto, riteniamo opportuno sollevare un interrogativo non più eludibile. Per rilanciare il centro storico, siamo proprio sicuri che sia utile e necessario costruire il tanto reclamato parcheggio sotto Rampa Zara? Partiti politici, associazioni e cittadini non affrettino il loro giudizio. Parliamone tutti serenamente, prendendo possibilmente le distanze da chi intende solo favorire gli interessi di bottega del proprio clan. Su <Cronache Maceratesi> ci siamo già occupati di questo problema nel marzo scorso riportando le osservazioni di urbanisti, di sociologi e di Italia Nostra che si stanno occupando del degrado che ovunque in Italia sta attanagliando i centri storici. Le cause sono molteplici e non sembra giusto attribuirle tutte agli enti locali. Tanto meno oggi con i bilanci dei Comuni ridotti all’osso e con i sindaci, di destra e di sinistra, posti dal governo nella condizione di non poter operare.
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I centri storici – è la ‘’sentenza’’ di urbanisti, sociologi e Italia Nostra – hanno perduto identità perché sono mutate le esigenze della popolazione. In passato, anche a Macerata, la vita pulsava all’interno della cinta muraria, dove si accentravano banche, uffici pubblici, scuole, agenzie assicurative, studi professionali, negozi, ristoranti e via di seguito. A partire dagli Anni ‘80, si è scelto però di vivere nelle periferie, risultando non più sopportabili i disagi presenti <in piazza>: abitazioni scomode ancorché di prestigio, strade anguste, dedali di vicoli e vicoletti, mancanza di garage, locazioni salate, lontananza dalle grandi vie di comunicazione. Come non bastasse, un’altra mazzata ai centri storici l’hanno inferta il consumismo sfrenato e l’inarrestabile avanzata della grande distribuzione che hanno fatto la fortuna di quartieri e frazioni, spesso anonimi ma ormai autosufficienti, dove nulla manca e tutto è a portata di mano. E’ insomma prevalsa la logica della comodità, che ha soppiantato storie, tradizioni e rapporti interpersonali. Oggi i supermercati e gli ipermercati sono le nuove <piazze> dei cittadini, mentre i centri storici continuano a perdere pezzi. Attenzione, però, ammoniscono gli esperti: non saranno i parcheggi e il commercio tradizionale a frenare la loro decadenza. Solo la Cultura può rimettere in moto meccanismi incrostati dalla ruggine, dall’apatia e dalle mode. La Cultura e pure un commercio rinnovato nell’offerta, con negozi e boutique che richiamano clientela e curiosi, potendo offrire prodotti e merci di alta qualità, assai raramente presenti negli esercizi rionali e sotto casa.
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Prioritario sarà investire nella Cultura in tutte le sue multiformi espressioni. Se il Buonaccorsi in nove mesi (e senza alcuna pubblicità) ha già attirato ventimila persone, pensate cosa potrà accadere quando sarà tutto funzionante il Museo diffuso già programmato dal Comune con un ampio ventaglio di interessanti proposte: il Museo del Risorgimento in piazza Vittorio Veneto (S. Giovanni), il Museo di Storia naturale, la Biblioteca <Mozzi Borgetti> (quasi 400 mila volumi), la Biblioteca statale di via Garibaldi, la Galleria d’arte moderna di Palazzo Ricci, il Museo storico del presepe, il Museo della Carrozza al Buonaccorsi, il Fondo librario dell’economista Maffeo Pantaleoni (oltre diecimila volumi) che da Roma è tornato a Macerata per interessamento del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Non è poco, ma anche altre iniziative possono esser messe in cantiere, come periodici mercatini di artigianato, artistici, di agricoltura e dell’usato, esibizione di bande e complessi musicali anche di soli dilettanti. Occorre, per farla breve, inventare sempre nuovi motivi di interesse per richiamare ospiti in città, oltre alle migliaia di turisti, melomani, studiosi e amanti dell’arte che hanno già imparato a conoscere e apprezzare Macerata grazie alla sua storica Università (720 anni di vita), grazie alla fiorente Accademia di belle arti, grazie all’affermata Stagione lirica dello Sferisterio e grazie adesso al recuperato Buonaccorsi. Natalia Aspesi, scrittrice di prestigio internazionale, appena un mese fa ha occupato quasi una pagina del <Corriere della Sera> per celebrare le bellezze di Macerata e le sue eccellenze storico-artistiche. Altrettanto ha fatto nei giorni scorsi, su <Cronache Maceratesi>, un turista svizzero, che ha sottolineato in termini entusiastici lo <splendore> del centro storico, consigliando peraltro di eliminare le auto dei commercianti che invadono vie e piazze in quella che dovrebbe essere un’isola pedonale, ma che tale non è mai stata. <Sarebbe bello – ha detto l’ospite di Lucerna – organizzare tavoli all’aperto per mangiare, per incontrare gli amici, per leggere un libro e per riposarsi. Questo chiedono i cittadini e i turisti, non le auto>. <I centri storici sono anch’essi dei monumenti – scriveva il grande ambientalista Antonio Cederna – e sono tutti incompatibili con le auto. Si sono formati nel corso dei secoli a misura di pedoni, di cavalli, di carri e di carrozze. Non dobbiamo violentarli con i veicoli>.
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Se questo è, non saranno nuove aree di sosta a ricreare in centro storico la situazione che esisteva trenta e più anni fa. Il mondo è cambiato e anche le esigenze dei cittadini, come abbiamo cercato di illustrare. Forse sbagliamo, ma non crediamo che il ventilato parcheggio sotto Rampa Zara possa invertire la rotta. Sosta gratuita? Il suolo pubblico è di tutti e il <pedaggio> è un deterrente per evitare abusi e per favorire una necessaria rotazione di veicoli nei parcheggi. Neppure i bus-navetta, che alcuni consigliano, riuscirebbero a risolvere la questione che si sta dibattendo. Bus-navetta furono introdotti negli anni ’70 al prezzo di 50 lire (andata e ritorno) ma risultavano sempre vuoti. Il problema, infatti, non sono gli autobus, le scale mobili o gli ascensori (che pure ci sono). Il problema è rappresentato dalle offerte che il centro storico è in grado di proporre ai cittadini: commercio non tradizionale ma di qualità assoluta, abbiamo visto, occasioni di incontro e di aggregazione attivando periodici avvenimenti culturali e ricreativi. Se questo non sarà, neppure taxi gratuiti riporteranno in centro quelle migliaia di residenti che da lustri hanno trasferito i loro interessi fuori delle mura urbiche.
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Non è poi vero, e terminiamo, che i posti auto sono così scarsi in città, come furbescamente vuol far credere chi lavora e sgomita per crearne di nuovi. Sono invece sufficienti, tanto è vero che non risultano quasi mai interamente sfruttati quelli al servizio del centro storico. Sono i parcheggi lungo i viali di circonvallazione, quelli in piazza Mazzini e sotto viale Leopardi (parcheggio Garibaldi con ascensori), quelli in funzione nelle strutture coperte dei Giardini Diaz (anche qui con ascensori) e di via Armaroli e zone vicine. Se questo è, pensiamoci bene prima di impegnare milioni di euro per realizzare un’opera pubblica dagli esiti incerti.
Noi non abbiamo alcuna verità in tasca, ci siamo solo permessi di illustrare alcune valutazioni emerse dai dibattiti che proprio sui centri storici sono in pieno svolgimento in Italia con la partecipazione di esperti e cittadini. Probabilmente, nessuno ha la medicina giusta per sciogliere un nodo così intricato. In ogni caso, piena libertà di giudizio e rispetto per tutte le opinioni. Per quanto ci riguarda, disco verde al parcheggio sotto Rampa Zara se sarà dimostrata la sua utilità. Ma dubitarne, al momento, non è peccato.
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Bell’articolo.
Un dato di fatto: un’inchiesta di MaceraTiAmo del novembre scorso, condotta per una settimana in città, ha evidenziato che almeno 2 parcheggi (Parksì e Sferisterio) sono largamente inutilizzati. Inutile quindi un nuovo parcheggio..o meglio…inutile il parcheggio per migliorare la qualità della vita dei cittadini, molto utile per chi su quel parcheggio già sogna la propria parcella.
Grazie Battistini per la riflessione che porterà molti a cambiare idea su un’ idea malsana dell’amministrazione.
http://www.maceratiamo.it/docs/stampa/20091107_IlRestoDelCarlino.jpg
per sapere qualcosa di più sulla nostra inchiesta
Innanzitutto, al di la se serve o non serve il parcehggio a Rampa Zara, una cosa emerge chiaramente, al di la di ogni ragionevole dubbio.
Diciamo la poca professionalità di chi ha pensato, progettato, ideato, deciso i 2 parcehggi mezzi vuoti.
Perchè se i parcheggi servono, ma…
Si fanno nei posti sbagliati o non sono bene serviti o è difficile arrivarci (oppure dovrebbero costare 2 lire e ne costano alla fine 100) è ovvio che qualcuno ha sbagliato alla grande.
Allora c’è stata evidentemente una responsambecillità politica e una responsambecillità dei tecnici.
Quindi di questi responsambecilli la città dovrebbe sapere nomi e cognomi.
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Per quanto riguarda specificatamente il Parcehggio Rampa Zara voglio solo far presente che dalla vecchissima idea originaria (parcehggio a raso, poco impatto ambientale, piantumazione, ecc.) adesso alcuni hanno invece ipotizzato un parcheggio multipiano con, guarda caso, anche qualche ben locale commerciale….
Insomma i soliti noti mettono sempre assieme l’utile (parcheggi) ed il dilettevole (vendita locali)
ma in campagna elettorale il parcheggio a rampa zara non era un preciso impegno della coalizione di sinistra?
Caro Mario Battistini,
probabilmente il parcheggio sotto Rampa Zara non serve più. Tanto in città, ormai, non ci sono più i residenti, scacciati a suon di vendite all’Università e a colpi di affitti impossibili e incontrollati.
Parimenti, ventimila turisti sono indubbiamente un ottimo risultato per lo splendido Palazzo Buonaccorsi che – come opportunamente affermi – ancora non è stato pubblicizzato a dovere. La sua forza, oltre ai dipinti e alle Sale, è ospitare un Museo inusuale come quello delle Carrozze. Personalmente non credo che avrebbe avuto più visitatori se, al posto delle carrozze ci fossero state le più tradizionali autovetture. Oppure sì, ma non per questo avrei tralasciato di valorizzare le carrozze. La stessa cosa, permettimi, ritengo valida per lo Sferisterio; dove il gap non è dato dal cartellone di rarità, quanto semmai dalla pessima promozione. Ben vengano le opere tradizionali (con le quali, peraltro, negli anni passati ci siamo indebitati fuor di modo…) ma non per questo evitiamo le chicche.
Concludendo, forse il parcheggio di Rampa Zara non serve più: quindi, se non serve il parcheggio figuriamoci se possono servire i palazzi – anche in Viale Don Bosco…
E però, guarda quanto sono dispettoso, io lo farei lo stesso, il parcheggio sotto Rampa Zara: vorrà dire che invece di 20000 visitatori ne avremo 25000 o 30000. E poi può darsi pure che – invertendo la rotta dissennata della svendita dei palazzi all’Università e applicando qualche strategia per un rinnovato insediamento di cittadini in centro storico (tanto le case nuove di Via Trento etc. non le comprano lo stesso, perché costano troppo…) – si comincia a rianimare Macerata.
Lo farei, infine, non foss’altro che per tigna: rispettando tutti i possibili criteri di salvaguardia del verde (peraltro già rovinato da quell’orrore del moncone della Strada Nord e non rovinato abbastanza per il deflusso dalla Galleria in direzione Villa Potenza), perché la barzelletta infinita di questa (città?) deve cominciare a finire.
Avevo circa sei anni quando parcheggiavamo la fiat 125 di famiglia sotto le mura de tramontana per andare all’upim o in centro.
Sono passati 37 anni e ancora si parla.e non c’e’ un parcheggio degno di questo nome.
Un’efficenza politica e amministrativa da esportare nel mondo.Un esempio di efficenza.
Data che a macerata c’e la cosi tanto conclamata Universita’ di Macerata proporrei di aprire una nuova facolta anzi due:
Facolta di responsambicillita’ e
Facolta’ in pubblica amministrazione. Ovviamente laurea dopo 60 anni da utilizzare nell’aldila’.
Quanto alla Cultura, la distinguerei nettamente dai Beni Culturali. I quali rappresentano le lapidi di una civiltà. La cultura, invece, è il sangue circolante di quella stessa civiltà. Considerare un centro storico solo come un palcoscenico ideale significa averne già decretato la morte culturale ed averlo trasformato in un bene culturale. Il famoso museo a cielo aperto. Siccome in centro storico ci vivo da sempre e non mi sento per niente morto o musealizzato (e come me anche gli altri accaniti residenti-resistenti), vorrei sottolineare anzitutto il lapsus del grande ambientalista Cederna: “I centri storici si sono formati nel corso dei secoli a misura di pedoni, di cavalli, di carri e di carrozze. Non dobbiamo violentarli con i veicoli” (come se carri e carrozze non fossero veicoli…). Ma a prescindere dai veicoli, siccome non ce ne vogliamo andare dal centro (e molti altri vorrebbero venirci a vivere; a farci cultura, cioè…); non avendo parcheggi adeguati a ridosso delle mura (grazie, come sottolineava Cerasi, al “genio” costruttivo dei nostri tecnici e al prezzo dei biglietti di quelli esistenti); e dovendo subire la chiusura degli ascensori nei festivi; il veicolo (peraltro a profumato pagamento) ce lo portiamo in centro. Viva i Beni Culturali. Ma noi siamo ancora vivi.
Il parcheggio sotto le mura, opportunamente collegato con il centro, è importante per realizzare una isola pedonale integrale ed effettiva, senza nessun permesso di ingresso se non per carico e scarico. Però non è sufficiente per ridare vitalità al Centro, se ad esso non si riaffida un ruolo-calamita . I privati, a mio parere hanno fatto già molto. Al di là dei piagnistei di rito, basta vedere come si è trasformato c.so Matteotti, piccola Montenapoleone Maceratese. Accanto alla grandi griffe occorrerebbe ora pensare a qualche altra attrattiva. So che alcuni professionisti stanno mettendo a punto una proposta legata all’impegno finanziario di imprenditori privati ed alla disponibilità di tutte le Istituzioni pubbliche.
In questa prospettiva, il parcheggio sotto le mura acquisterebbe allora una funzione indispensabile. Se son rose, fioriranno, a meno che la P3/mc (per richiamare Nostradamus)non spruzzi di notte qualche diserbante.
Io mi sento di ribadire quello che ho scritto qualche articolo fa…
Consideriamo che a Macerata non ci sono più uffici pubblici per i quali arrivare in centro, ci sono solo negozi costosi (e non quelli accessibili a tutte le tasche) per cui la maggior parte della gente non ha nemmeno voglia di guardare le attuali vetrine perchè serve a ribadire che “certe cose non te le puoi permettere” e che ci sono già diversi parcheggi.
Di non poca importanza il fatto che per andare in piazza basta “pagare” e quindi l’isola pedonale serve solo al comune per fare cassa!
Secondo me, le prime cose da fare, sono:
1 – Dare ai parcheggi un prezzo adeguato, magari piuttosto basso, che permetta a tutti di passare più tempo in centro piuttosto che fare la classica “toccata e fuga” per non spendere un patrimonio solo per la sosta.
2 – mettere un servizio di navette continue (come succede già in tantissimi paesi) tra il centro e i parcheggi attualmente esistenti in modo che raggiungere Piazza sia più semplice e veloce.
Penso che solo con questo “la voglia di centro storico” sia stuzzicata sia ai residenti che ai turisti.
Se poi ci vogliamo mettere qualche piccola iniziativa e/o di intrattenimento, sia di giorno che di sera, e una maggiore pubblicità dei nostri musei e palazzi che più li vedi e più sono belli (piuttosto che tenerli spesso chiusi) penso che avremo fatto il 50% del lavoro.
Il resto, quando c’è vita, viene da sè… magari riapre qualche negozio, qualche bar, ci si inventa qualche qualcosa di nuovo… e chi più ne più ne metta!
Ci vorrà qualche anno per ridare vita al centro storico e solo fra qualche anno, se realmente ce ne sarà la necessità, si potrà pensare ad un nuovo parcheggio.
Ma intanto non avremo speso soldi oggi per fare una struttura che non risolve i problemi e che, considerati gli attuali parcheggi sempre più vuoti, non servirebbe ad altro che.. a niente!
E non avremo nemmeno tolto liquidità ad altre iniziative più urgenti!
Cara Lilly devo farti un appunto su cioi che dici esul tuo modo di ragionare che purtroppo e’ tipico da quelle parti.
In centro non ci si va solo per vedere le vetrine di costosi negozi ma per goderne e viverne in pieno il sapore che un centro storico da.
Passeggiafre frequentare bar ristoranti e locali pubblici.
Se come dici tu il centro storico si rivitalizzera’ solo fra qualche anno allora dovremmo essere pronti con il parcheggio gia fatto in modo di essere in grado di accogliere la richiesta e non crearlo dopo facendo scappare di nuovo la gente perche non ci sono servizi adeguati alla richiesta.
E’ come invitare gente apranzo la domenica e fare la spesa mentri gli ospiti si siedono a tavola.
Caro Fabio, forse non mi sono spiegata bene, ma io non intendevo parlare solo di vetrine ma di ben altre cose.
A parte questo io resto convinta che prima di spendere tanti soldi utili per cose più urgenti sia meglio fare qualcosa perchè vengono più usati quelli che già ci sono e che troppo spesso sono mezzi vuoti.
Naturalmente è solo un mio parere senza pretesa che sia l’unico parere giusto.