di Gabor Bonifazi
Poca gente equivale a pochi voti. Credo sia questa una delle ragioni per cui l’entroterra è sempre più abbandonato dalle Istituzioni: sembra infatti esserci più interesse per gli animali che per i cristiani. A dire il vero, nel 2004 fece eccezione la Camera di commercio industria artigianato che, in sinergia (come si abusa dire) con la Fondazione Carima, organizzò una bella manifestazione tesa alla valorizzazione della montagna attraverso il maiale e i suoi prodotti: Porkè. A Visso, in via Forcellini, trasformata per l’occasione in Porcellini, vennero allestiti simpatici stand che facevano bella mostra dei vari insaccati prodotti dai norcini della montagna. Per fortuna, la gente di montagna è abituata a sopravvivere con una certa saggezza alle forze della natura (neve e terremoti) e alle calamità umane (Iva, registratore di cassa, centri commerciali eccetera), non a caso si dice “scarpe grosse, cervello fino”. Ad esempio a Piè Casavecchia i fratelli Pompei hanno illuminato il Natale allestendo un piccolo presepe nel vecchio box della stazione di servizio. Il titolare del salumificio Valnerina, nella frazione di Ponte Chiusita al confine della provincia, qualche anno fa appese agli alberi simpatici simil ciabuscoli per promuovere i suoi insaccati. Ormai ogni piazzola della Valnerina è occupata da pensionati che vendono un po’ di tutto, prodotti di stagione e non: olio, patate rosse, lenticchie, cipolle, asparagi e soprattutto porchetta.
Anche lungo le strade delle altre vallate (Fiastra, Chienti e Potenza) ci sono dei piccoli punti di ristoro, piccole radure dove è possibile sostare e fare una merenda drive-in, intorno a furgoni attrezzati come una moderna osteria, che spesso vediamo alle fiere e ai mercati e che stanno conquistando un loro piccolo mercato. Molto interessante è il ristoro “da Alberto”, una sorta di osteria ambulante, anzi volante, con tanto di parcheggio alle porte di Castelraimondo, tra la stazione di servizio e la Torre del Parco, tra il campo sportivo e la mega rotatoria con tanto di vista verso la Rocca d’Ajello e all’ombra di una quercia secolare che funziona da insegna, come quei pergolati di vite delle osterie dei tempi andati. Alla cassa di questo moderno “auto negozio”, simile ad un albero della cuccagna, è disponibile anche un bigliettino da visita minimalista con su scritto le specialità alimentari (porchetta, panini e polli), il giorno di chiusura ed altri elementi utili all’identificazione: via, città, numero di telefono eccetera. Visto il successo, quest’attività ambulante andrebbe studiata e credo che quel fenomeno di Alberto vada premiato, come Barack Obama ha fatto con Marco Lentini, l’italo-americano di Filadelfia salito agli onori della cronaca per le sue ciabatte con cotoletta, che l’hanno portato un po’ più in là dei soliti hot dog con ketchup e senape di McDonald’s. D’altronde il locale, trascurato dalle solite guide di maniera, è entrato a pieno titolo su Facebook e su You Tube.
Alberto Grasselli, detto lu Porchettà, il 16 luglio del ’93, dopo ventisette anni di duro lavoro alla Timo, decise di realizzare il sogno della sua vita mettendo in moto, è proprio il caso di dirlo, questa osteria mobile: una veranda, una mezza dozzina di tavolini, due dozzine di sedie, un furgoncino frigorifero giallo in appoggio, un paio di wc chimici sottostrada, la moglie Fiorella alla graticola e allo spiedo, i figli Emanuele e Cesare al banco stracolmo di prodotti locali, i giovani Matteo e Daniele ad affettar prosciutti e lui tra il far porchette e il registratore di cassa. C’è sempre la fila per un panino farcito con prosciutto e formaggio o con una braciola di maiale stongata con tanta maionese e un bicchier di vino. Alberto è l’artefice dell’urbanizzazione di questo piazzale di ottocento metri quadri di proprietà comunale e pertanto meriterebbe che gli venga concesso il permesso di costruire qualcosa di meno precario. Comunque lu porchettà è un gran lavoratore cui sta a cuore mantenere buoni rapporti con l’Amministrazione e con i fornitori, che gli garantiscono la qualità e la quantità dei prodotti. Dal salumificio Bartolazzi di Muccia per le porchette, braciole e insaccati vari, al forno Rosetti di Castelraimondo per le rosette e al forno Ruffinelli di Sefro per i morbidi parigini a guarnizione della gettonata braciola con melanzane, dal pecorino di Capriglia e Dignano a quello con peperoncino prodotto dal Caseificio Picenum di San Ginesio a quello dei fratelli Lorenzotti di Matelica. Anche l’ultima novità culinaria di Alberto riprende dalla tradizione pasquale: ciambelle dolci, pizze al formaggio e uova sode. Un cibo povero quest’ultimo, utilizzato dai grandi bevitori dei tempi andati per non affogare completamente i dispiaceri nell’ebbrezza. Quindi la nostra montagna non è soltanto leggende e folclore, lenticchie e patate rosse, salumifici e caseifici, ma è fatta anche di nuove attività che non potranno che rappresentare la definitiva fine di una società arcaica di tipo silvo-pastorale. Ritornando ad Alberto il luogo è sempre affollato da studenti e professori dell’Università di Camerino, camionisti, motociclisti, artigiani, famiglie che vanno a fare il pic-nic nei dintorni del Castello di Lanciano e, a seconda delle stagioni, da pescatori o cacciatori. Sotto la veranda volante si possono incontrare diversi avventori fissi come l’inventore degli infissi in pvc Mario Pettinelli detto Tocio di Matelica, Pacì, un vecchio commerciante di bestiame di Serravalle e Pacì Fioranelli, l’ultimo carbonaio.
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altro che la maestra del cerimoniale dell’altro articolo: questi sono personaggi di cui andare orgogliosi!!! e poi sono certo che un bel panino con la porchetta vince contro ogni cerimoniale…
Fermarsi da Alberto per una sosta gastronomica è sempre un momento piacevole e ricco di soddisfazioni per il palato.