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Le donne reclamano la città:
«Stiamo perdendo la libertà»
(Foto)

MACERATA - Più di cento persone, compresi uomini, bambine, giovani e non hanno partecipato al corteo con l'idea comune che l'antidoto all'insicurezza è la socialità. La scrittrice Lucia Tancredi ha citato gli ultimi casi di cronaca: «Pamela, Renata, Azka, c'è bisogno di riappropriarsi della politica della donne, è in gioco l'integrità del nostro corpo»

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di Federica Nardi

(foto di Andrea Petinari)

Renata Rapposelli, Pamela Mastropietro, Akza Riaz. Tre donne, tre morti violente che hanno sconvolto la provincia. E poi il raid razzista di Luca Traini, con uno schieramento mai visto prima di forze dell’ordine che ha presidiato Macerata a lungo per garantire la sicurezza. Una parola – sicurezza – che le donne in marcia ieri sera per la città mettono in discussione. «Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano», recita lo slogan che apre la passeggiata per la città. Più di cento persone, donne e uomini, bambine, giovani e non, si sono ritrovate dalle 21,30 sotto ombrelli rosa e neri con l’idea comune che l’antidoto all’insicurezza della strada non è l’ipervigilanza esterna né l’autocensura, ma la socialità.

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Lucia Tancredi

«Il corpo di Pamela fatta a pezzi è il corpo delle donne – dice Lucia Tancredi, insegnante e scrittrice – Un gesto simbolico per cui non c’è, tra l’altro, ancora una spiegazione. Una ferita per tutte noi. Prima il corpo di Rapposelli, gettato. Poi Pamela, gettata a bordo strada e poi Azka, gettata dal padre. C’è bisogno di riappropriarsi della politica della donne, è in gioco l’integrità del nostro corpo. Stiamo perdendo libertà che abbiamo faticosamente conquistato. Per questo l’idea del cammino e di farlo insieme. L’immagine di Pamela, sola per le campagne mentre si allontana dalla comunità, ci insegna che da sola, la donna, non ce la può fare. Pamela era sola. Le donne devono riscoprire la loro genealogia». La testa del corteo canta “Maledetta primavera”, ma anche “Bella ciao”. Tra le fila di donne e uomini gli slogan che colorano gli ombrelli (simbolici, perché non piove), diventano discorsi: dall’equità salariale, fino al ritorno del patriarcato, passando per la più semplice delle libertà che proprio l’iniziativa vuole affermare: «voglio passeggiare libera», c’è scritto su una mantellina rosa.

manifestazione-corteo-festa-della-donna-8-marzo-2018-macerata-foto-ap-34-325x217«La percezione di strade non sicure viene sempre risolta o con l’invito a restare in casa e ad essere “modeste” o attraverso la sorveglianza delle forze dell’ordine – dice Valentina Marchionni, una delle partecipanti -. Ma non si affronta la questione principale: le molestie possono arrivare da chiunque, basta con lo spauracchio dell’uomo nero. Possono arrivare in famiglia, a lavoro, anche per strada. Perché allora non pensare a una educazione culturale per gli uomini invece che alle ronde notturne? Perché la molestia nasce da un maschio, che si sente autorizzato a farla. La socialità, in questo senso, è un forma di riappropriazione della città alternativa. Vivere la città è l’antidoto a una percezione negativa della sicurezza». La passeggiata maceratese è un punto di inizio, in città, per un movimento nazionale che si sta riorganizzando intorno ai temi forti della politica sulle donne. Senza organizzatori ufficiali, né promotori ufficiali, è stato il passaparola a portare in piazza Annessione le persone. Il corteo, dopo aver percorso il centro storico e piaggia della Torre, ha terminato la passeggiata in piazza Vittorio Veneto, dove striscione e ombrelli sono stati posizionati, tra gli applausi dei presenti, sulla scalinata della piazza. Presenti anche il vicesindaco Stefania Monteverde e il consigliere comunale Gabriella Ciarlantini.

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