
Gianluca Romagnoli
Mentre i colleghi di sempre sono a Perugia con la famiglia, lì da dove poi partirà il feretro, l’ex questore di Macerata Antonio Pignataro, che per anni ha lavorato con lui, ha ricordato Gianluca Romagnoli, l’ispettore della Squadra Mobile, in pensione dal 2023 e morto nella notte di martedì a causa di un malore.
Romagnoli, 62 anni, si è sentito male in casa a Porto Recanati, è stato soccorso dal 118 e trasportato all’ospedale di Perugia in ambulanza. I medici hanno cercato di salvargli la vita ma non c’è stato niente da fare. In quelle ore drammatiche si è scatenato un tam tam degli ex colleghi e amici per essere accanto alla famiglia e sperare che si potesse salvare. Da Perugia in tarda mattinata partità il feretro. Il funerale ci sarà oggi pomeriggio alle 14,30 nella chiesa del Preziosissimo Sangue a Porto Recanati. Romagnoli è stato per molti anni, dal 1989, a capo della sezione antidroga di Macerata, la “sua” squadra antidroga divenuta una famiglia per chi ci lavorava e che ha portato a termine una lunga serie di indagini contro lo spaccio in provincia.

Antonio Pignataro (in basso a sinistra) e Gianluca Romagnoli (il secondo in alto da destra)
Nel corso di questo periodo ha lavorato con Antonio Pignataro, giunto a Macerata nel 2018 dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro e la strage di Luca Traini. «Chi era Gianluca Romagnoli? Innanzitutto, un caro amico, un fedele collaboratore, un bravissimo poliziotto e, in ultimo, il “Generale”, come lo chiamavano alla Squadra Mobile per la sua passione nel lavoro che si identificava in questi tre incisi: fedeltà alla Repubblica, disciplina e onore – lo ricorda Pignataro – mi riesce difficile accettare la perdita di un amico, di un bravo poliziotto, di una persona meravigliosa, non riesco a dare libero sfogo ai miei pensieri più introspettivi, nel ricordare Gianluca: un uomo generoso, coraggioso, armato di una carità cristiana colma di altruismo tale che quando lo chiamavo, in qualsiasi giorno, in qualsiasi ora, era pronto a mollare tutto e a seguirmi per proteggere la sua comunità ad ogni costo, in guisa tale che oggi possiamo affermare che Gianluca può essere considerato un modello da seguire, una grande fonte d’ispirazione per i giovani poliziotti perché quando si è troppo giovani è difficile comprendere quanto sia importante svolgere il proprio lavoro con passione e amore e mettersi sempre in discussione, anche a costo della propria vita e della propria serenità, per il bene pubblico. Sono stato sempre orgoglioso e onorato di aver avuto come miei collaboratori i poliziotti della Questura di Macerata e, tra loro, uno speciale era Gianluca, che voglio ricordare con il sorriso ma anche con la nostalgia per non poterlo più abbracciare, telefonargli e incontrarlo come mi accadeva da circa quattro anni, esattamente dal giorno in cui ho dovuto lasciare a malincuore il mio incarico da questore nonostante abbiamo sempre testimoniato con i fatti quello che dichiaravamo alla stampa e dopo anni, taluni increduli, hanno apprezzato il nostro lavoro, il nostro sacrificio il nostro senso dello Stato: oggi sono riconoscenti e grati».

L’ex questore Antonio Pignataro
L’ex questore ricorda Romagnoli come una persona che aveva una grande dote. «Gianluca riusciva con il suo talento a trasformare il lavoro in un sogno, il sacrificio in una gioia, l’insuccesso e l’amarezza professionale, che nella nostra attività di poliziotti accade spesso, nella costanza quasi paragonabile ad una piccola goccia d’acqua che scalfisce e modella la roccia non per la sua potenza ma per la sua costanza, consapevole, però, che la lotta alla criminalità è una lotta difficile, pericolosa piena di insidie, che può essere vinta solo se metti in gioco la tua vita e la tua serenità per sconfiggere il male e far prevalere il bene – prosegue Pignataro – Gianluca aveva un pregio: sapere di essere utili a qualcuno. Sapeva che occorre coraggio per difendere e proteggere una comunità alla quale sei chiamato ad assicurare serenità, pace e sicurezza e, nonostante gli ostacoli, riusciva a trovare la strada “giusta” che si scorge sempre, anche quando sembra impossibile, se metti la tua missione il tuo lavoro al primo posto. Gianluca poneva al primo posto il suo lavoro, che non vuol significare tralasciare la famiglia. Quando si combatte una battaglia per far prevalere il bene, essa assurge ad esempio anche per la propria famiglia, per i propri figli, in maniera tale da sembrare quasi uno specchio in cui non solo si riflette la propria famiglia ma l’intera comunità, così da non sentirsi abbandonati in un contesto sociale di uomini di valore che sappiano armonizzare i pensieri e le sensazioni che spesso non riesci a manifestare a causa dell’indifferenza : il male peggiore della nostra società. Gianluca aveva il dono di dare colore, luce e suono al nostro lavoro anche nei momenti più difficili che abbiamo dovuto affrontare durante tre anni di duro lavoro posto in essere con cautela e prudenza sopportando con pazienza le minacce di morte, le offese, le ingiurie e le critiche politiche e nonostante tutto mai un passo indietro contro il male contro la criminalità».

Pignataro rivendica la sua battaglia, combattuta con al fianco proprio il “Generale”, contro la droga. «Durante quegli anni abbiamo dato conforto con il nostro impegno nel lavoro a tante famiglie che chiedevano di eliminare le piazze di spaccio e di chiudere i negozi di cannabis legale – sostiene Pignataro – il percorso è stato lungo e faticoso ma vissuto sempre nell’unità, nella concordia e nell’umiltà nel relazionarsi con il contesto sociale al fine di riportare serenità in tutta la provincia di Macerata dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro, che aveva portato agli onori della cronaca la città di Macerata come la “fabbrica della paura”. Ma uniti, forze di polizia e cittadini maceratesi, spinti da un senso profondo dello Stato, siamo riusciti con il nostro impegno ad essere identificata come la città delle risposte e della speranza. Non esiste esempio migliore di condotta esemplare di quella di Gianluca che, con le sue parole, è riuscito a lasciare impressa in ogni poliziotto una traccia indelebile trasformando sempre le parole in opere concrete che hanno permesso a tutte le forze di polizia di rinsaldare e incrementare il rapporto fiduciario che deve sempre sussistere fra Stato e cittadino. Oggi non deve essere un giorno solo di lacrime, ma anche di qualche sorriso, nello stesso modo in cui, come egli faceva in tante circostanze, se ne usciva con un sorriso puntualizzando che “nei momenti più bui occorre anche sorridere per trovare conforto” e oggi, in un mare di lacrime, dobbiamo trovare il sorriso per ricordarlo per tutto quello che di buono è riuscito a lasciare alla Polizia di Stato e a tutti noi».
È morto “il generale” Gianluca Romagnoli, colonna della Squadra Mobile
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R.I.P. SIGNOR GENERALE, IL DESTINO È STATO CRUDELE STRAPPANDOTI DAI TUOI CARI.
SENTITE CONDOGLIANZE ALLA FAMIGLIA.