Il taglio del nastro
di Alessandra Pierini
L’arte marchigiana è fatta di tanti piccoli tesori e richiede la passione e la voglia di scoprirla. Emblema di questo percorso di ricerca è l’ampliamento a Macerata del “Museo Diocesano della Devozione Mariana” nei locali sottostanti questa la basilica della Madonna della Misericordia. Un viaggio tra cunicoli, gallerie e nicchie per ammirare capolavori dell’arte devozionale.
La presentazione del vescovo Nazareno Marconi
Quella di questo pomeriggio è stata una doppia inaugurazione. Il nastro è stato tagliato anche nella sala giubilare a Macerata, che fa parte del progetto giubilare di rete dei Musei Ecclesiastici delle Marche sul tema “Immagini di maternità” a cui hanno aderito 13 diocesi, compresa quella di Macerata. Un modo per accendere anche i riflettori sull’artista seicentesco anconetano Giovanni Battista Foschi, meritevole di ricerche e approfondimenti, di viene proposto un ciclo pittorico proveniente dal Duomo della Santissima Annunziata di Treia, attualmente inagibile per i danni del sisma 2016.
Ivano Palmucci è uno dei curatori
Due progetti che hanno visto il vescovo Nazareno Marconi appassionato e coinvolto in prima persona: «Lo abbiamo persino visto scartavetrare la spalletta di un muro» evidenzia Ivano Palmucci, direttore dell’archivio diocesano, uno dei curatori della mostra. Tra i dettagli da non perdere quella che il vescovo ha definito “Glorificazione del somarello” e la lacrima di bronzo sotto l’occhio della Madonna di Montelupone di Ermenegildo Pannocchia.
Il ciclo pittorico di Giovanni Battista Foschi
«Abbiamo avuto qualche dubbio – ha spiegato monsignor Marconi – prima di scegliere il nome Museo della devozione Mariana, perché oggi il termine ‘devozione’ è inteso quasi in senso dispregiativo. Ma la ‘devotio’ era un atto concreto e solenne, che univa amore per Dio e per la comunità civile. Un vero atto di devozione mariana fu la stessa costruzione della Basilica della Mater Misericordiae, fatta per chiedere la salvezza di Macerata dalla peste del 1447».
La Madonna di Montelupone con la lacrima di bronzo
Il museo si articola su tre sezioni: la devozione alla Mater Misericordiae, con opere ed arredi sacri, seguono gli ex-voto o le opere donate, tra autori anonimi ed artisti affermati, dal 1500 agli ultimi anni del 1900. Per finire alcune opere di devozione mariana provenienti da chiese di tutta la Diocesi chiuse per il sisma. Qui c’è anche una sala è dedicata alla devozione alla Vergine Lauretana. «Con questa mostra – ha sottolineato il vescovo – rendiamo visibile un patrimonio artistico e spirituale che lega l’arte sacra al cuore della nostra identità culturale».
Denise Tanoni, curatrice della mostra
E’ stato Palmucci a illustrare le singole scene del ciclo pittorico di Foschi con l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività, la Fuga in Egitto. «Sono immagini di maternità nelle quali l’autore ha saputo cogliere e trasmettere quei momenti e quegli stati d’animo che caratterizzano la condizione di madre, cioè l’essere una madre. Da un’osservazione attenta e meditata, al di là del tratto pittorico, è possibile cogliere atteggiamenti ed inclinazioni che riguardano l’accettazione, l’attesa, la condivisione, l’accoglienza, la tenerezza, la cura e la protezione, tutte disposizioni che si sviluppano in correlazione alla maternità».
Il vescovo Marconi e il sindaco Parcaroli
Ha sottolineato l’importanza di Foschi la curatrice Denise Tanoni: «E’ un artista ‘ritrovato’, per il quale si apre una stagione di ricerca e di studio, finalizzata alla sua valorizzazione e a un giusto riconoscimento storico e critico. I dipinti evidenziano una cultura figurativa composita in cui si mescolano il naturalismo del Barocci, il classicismo del Reni e l’enfasi barocca».
meglio tagliare i nastri tricolore che l'erba alta a Fontescodella, eh?!?!?
Il vescovo Marconi forse non conosce il patrimonio artistico che è custodito nelle 2 chiese, di cui una era la parrocchia, chiuse dal terremoto del 2016, perché altrimenti sarebbe intervenuto per dare la possibilità ai fedeli e non, di ammirarlo, invece sono lì abbandonate a se stesse. Non capirò mai, perché ci sono figli e figliastri, comunque se le avanza mezz'ora di tempo dalle inaugurazioni, il mio paese é Appignano.
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