Luca Scarlini
di Marco Ribechi
Verdi diventa nero, agli Aperitivi Culturali Luca Scarlini racconta il male nell’opera. Applausi e apprezzamenti dal numeroso pubblico degli Antichi Forni di Macerata per la performance oratoria di un nuovo “acquisto” del salotto di Cinzia Maroni. Lo scrittore e drammaturgo si è addentrato in un’analisi del male nel lavoro di Giuseppe Verdi, soffermandosi in particolare su un quartetto d’opere due delle quali nel calendario estivo del Mof: Attila, Macbeth, I Masnadieri e Rigoletto. Nell’ora circa avuta a disposizione, anticipata da un intervento di Confartigianato Macerata per la presentazione della mostra sull’artigianato artistico proprio negli Antichi Forni, Scarlini ha saputo tracciare un quadro politico e sociologico dell’Italia ai tempi di Verdi, recuperando dei dettagli fondamentali per comprendere fino in fondo il lavoro del compositore.
Si tratta di particolari legati soprattutto ai contesti e alle ambientazioni delle sue opere che, all’epoca, costituivano dei retroscena conosciuti e comprensibili da tutti che contribuivano a quel clima di rottura che invece oggi è meno percepito, essendo quegli stessi lavori diventati ormai dei classici. «Tra il 1815 e il 1880 in Europa si riflette molto sulla natura del male – spiega Scarlini – poiché la Restaurazione aveva di fatto cancellato la libertà intellettuale. Questa riflessione avviene ancor più nel melodramma che è il territorio delle passioni, dove non si parla a bassa voce ma piuttosto si grida».
In particolare le quattro opere verdiane già citate sono un’indagine proprio sul male, sia come concetto universale che calato nella società: «Nonostante Verdi sia visto come legato al classico, al passato – continua l’ospite – bisogna notare che per i libretti si rivolge sempre a scrittori che trattavano la contemporaneità, espressioni di quella Scapigliatura lombarda da cui allo stesso tempo sembra prendere le distanze». Piave, Boito, Ghislanzoni e lo stesso Andrea Maffei che a Milano era una sorta di ambasciatore del Romanticismo Nordico. «Verdi era immerso in questo clima di contestazione e anche alcune sue scelte sono di rottura – prosegue Scarlini – Macbeth era un testo molto particolare per gli anni, un’opera dove è protagonista un coro di streghe, un immaginario Romantico che ancora non si era mai visto. Lo stesso vale per Rigoletto che è rivoluzionario già per la scelta del protagonista, un gobbo deforme». Tra i nuovi temi introdotti, assenti nelle produzioni precedenti, anche la presenza del malcontento: «Ovvero il personaggio che critica tutto – spiega Scarlini – come ad esempio Iago. Nel ‘700 non si sarebbe mai potuto concepire poiché il secolo era intriso di positivismo tecnologico, diverse invece sono le dinamiche culturali all’epoca del Macbeth e del Rigoletto. Anche la corte di Mantova dove è ambientata la seconda storia era famosa per rappresentare la corte peggiore, più viziosa e perversa d’Italia, e questo i suoi contemporanei lo sapevano bene mentre oggi ne abbiamo perso la conoscenza». L’ultimo passaggio della trattazione riguarda il cinema con alcune pellicole di ispirazione verdiana.
Basquiat
Tra queste anche il celebre Opera di Dario Argento, che ha un legame con lo Sferisterio di Macerata: «In quell’anno Argento doveva creare un allestimento di Macbeth estremamente orrorifico e truce – conclude Scarlini – gli fu proibito e riversò quella sua visione nel film Opera che doveva essere girato nell’arena ma, anche questo, fu proibito. Il Macbeth in generale è un’opera che ha suscitato moltissime rivisitazioni proprio per la sua componente oscura, malvagia». Dopo i meritati applausi il momento dell’aperitivo, offerto dal caffè Basquiat. Domani l’aperitivo dal titolo “Sortilegi e sete di potere” anticiperà la prima del Macbeth in arena e vedrà come ospiti Federico Gagliardi, Fabrizio Maria Carminati, e Lorenzo Tozzi.
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