La cerimonia in via Cioci
“Bella ciao” e “l’Inno di Mameli” intonati in piazza della Libertà per le celebrazioni del 25 Aprile che a Macerata si sono svolte sotto la pioggia. Ombrelli aperti e parole espresse col cuore nel corso degli interventi di piazza Libertà dove la cerimonia si è spostata dopo la deposizione della corona d’alloro al monumento alla Resistenza di via Cioci, a cui hanno partecipato il sindaco Sandro Parcaroli, insieme, tra gli altri, al vicepresidente della Provincia, Luca Buldorini, al presidente del Consiglio comunale Francesco Luciani, al procuratore Giovanni Narbone, prefetto Isabella Fusiello, al questore Gianpaolo Patruno, al colonnello Raffaele Ruocco, comandante provinciale dei carabinieri.
In piazza della Libertà tra gli altri ha parlato il sindaco di Macerata: «Con la cerimonia di questa mattina al Monumento alla Resistenza, abbiamo voluto promuovere un momento sentito, personale, intimo di presa di coscienza e di approfondimento condannando gli orrori di una pagina drammatica della nostra storia affinché la consapevolezza sia da insegnamento per le future generazioni e per tutta la comunità – ha detto Sandro Parcaroli -. E un pensiero lo abbiamo rivolto anche a Papa Francesco, un uomo che ha sempre parlato e manifestato i suoi grandi valori di libertà, democrazia e pace; valori propri della Liberazione e valori che ci rendono cittadini consapevoli del domani».
A proposito del Papa, il vescovo Nazzareno Marconi che ha rivelato che ieri insieme al presidente della Regione, è stato in Vaticano, in forma privata: «siamo andati a portare omaggio al feretro di Papa Francesco per esprimere la gratitudine delle Marche perché Papa Francesco ha avuto una attenzione particolare alla nostra. Il modo miglior per onorare chi è morto è continuare a vivere i valori con cui queste persone hanno vissuto, sia Papa Francesco sia coloro che hanno lottato per darci la libertà».
Ombrelli aperti in piazza della Libertà durante la cerimonia
La presidente dell’Anpi Macerata, Chiara Bonotti, ha ricordato i partigiani, nome per nome, da Capuzzi a Barilatti, da Cicalè a Morbiducci e Lorenzoni, e anche quelli chiamati con appellativi di battaglia, come Luce, Saetta, Millo: «A tutti dobbiamo le dimensioni consuete in cui si muovono le nostre vite: libertà e democrazia. Entrambe conquistate a carissimo prezzo – ha detto -. Perché è necessario ricordare: la Resistenza avvenne per scelta. E noi siamo qui oggi a celebrare quella scelta. La scelta di chi, senza aspettare ordini superiori o proclami, decise autonomamente di impugnare le armi contro un regime totalitario.
Chiara Bonotti
Un regime che aveva calpestato diritti e libertà, che aveva represso il dissenso con manganelli, squadracce e olio di ricino, che aveva mandato al confino intellettuali e dissidenti, che aveva promulgato ignobili leggi razziali condannando a morte i suoi stessi cittadini, e che aveva consegnato la sua stessa patria ai nazisti dopo averla trascinata in una guerra devastante». Ha ricorda che i caduti nella Resistenza «furono circa 45mila, a cui si aggiunsero 21mila mutilati o invalidi.
Il sindaco Sandro Parcaroli
Delle 35mila partigiane combattenti e delle 70mila che presero parte ai Gruppi di difesa della donna, circa 4.600 vennero arrestate o torturate, 2.800 fucilate o impiccate, mille caddero in combattimento. Le vittime civili delle rappresaglie nazifasciste furono 10mila. Altrettanti gli ebrei italiani deportati. Dei duemila rastrellati nel Ghetto di Roma ne tornarono solo 11. Sono passati 80 anni da quel 25 aprile del 1945 in cui Milano venne liberata. 80 anni da quel 25 aprile in cui la voce di Sandro Pertini incitò cittadini e lavoratori allo sciopero generale contro l’occupazione tedesca e contro la guerra fascista. In quella giornata ci sono tutte le nostre radici democratiche.
Il vescovo Nazzareno Marconi
Il 25 Aprile è un giorno che ne contiene tanti. Contiene mesi di lotta, settimane di paura e fame, giorni di attesa trascorsi scongiurando agguati e rappresaglie, notti di dolore e pianto. Ma contiene anche abbracci spezzati, figli mai più rivisti e amici persi per sempre. Il 25 aprile celebriamo la liberazione dal nazifascismo: una liberazione che fu rinascita, sociale, politica e soprattutto morale».
Venendo ai nostri giorni, ha detto «Ogni volta che condanniamo il razzismo siamo eredi di quella Resistenza che ha visto combattere fianco a fianco uomini e donne di diverse nazionalità. Lo siamo ogni volta che ci opponiamo alle ingiustizie e ci battiamo affinché vi sia una società di uguali. Lo siamo ogni volta che ripudiamo i tentativi di autoritarismo che vogliono erodere le forme di sovranità democratica. Lo siamo ogni volta che pretendiamo che i diritti essenziali siano garantiti a tutti e a tutte, e non diventino merce di privilegio. Lo siamo ogni volta che ci rifiutiamo di credere che il nazionalismo sia amore di patria».
«Impegniamoci insieme, concretamente, a costruire una democrazia completa, quella per la quale 80 anni fa uomini e donne sono morti opponendosi al nazifascismo: con le armi, ma anche solo con la propria coscienza» ha detto Juri Meda, docente e presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea “Mario Morbiducci”.
(foto Fabio Falcioni)
Da destra: Danilo Doria (comandante polizia locale), il questore Gianpaolo Patruno, il prefetto Isabella Fusiello, il presidente del Consiglio comunale Francesco Luciani, il sindaco Sandro Parcaroli, il vicepresidente della provincai Luca Buldorini
Angelo Sciapichetti (secondo da destra) con, al suo fianco sulla sinistra, Andriano Ciaffi
Mauro Radici e l’assessore Katiuscia Cassetta
Juri Meda
Mauro Radici
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Questa è una bella ricorrenza..peccato che sia presente questa inutile e dannosa amministrazione….
Il vescovo non ha detto ‘vivere i valori di chi è morto’, ma ‘vivere i valori di chi è morto per dare la libertà’.
Libertà e democrazia sono valori astratti e complessi. Concretamente: se la libertà è libertà di fare il male, si tratta di un valore contraddittorio, soprattutto quando la libertà di pensiero diventa impossibile, essendo stato abolito il pensiero dal mondo tecnologico materialista e edonista e nichilista. Se la democrazia comporta necessariamente la selezione di una classe politica dirigente sempre più squallida, mediocre e intenta a farsi gli affari propri viene da chiedersi che valore sia…
Il dogma neoliberale della libertà nei fatti si esprime nel paradossale imperativo: “sii libero”, che spinge alla depressione e all’esaurimento. Chi fallisce è colpevole e porta questa colpa con sé, senza possibilità di perdono e di espiazione.