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Benedetti guida l’Oncologia di Civitanova:
«In aumento pazienti e guarigioni.
Cure personalizzate ma sempre più costose»

INTERVISTE AI PRIMARI - Giovanni Benedetti dirige il reparto di Civitanova dal 2017. Il lavoro si svolge «sempre più in gruppi multidisciplinari per ottimizzare i trattamenti». Grandi risultati con gli anticorpi monoclonali bispecifici, «ma l’innovazione recente più importante è stata la scoperta delle proteine che regolano la risposta del sistema immunitario». Un appello per il ripristino del registro dei tumori

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Il primario Giovanni Benedetti con le dottoresse del reparto Lorena Verdecchia, Laura Ombrosi e Maristella Bianconi

di Luca Patrassi

Il primario Giovanni Benedetti dal giugno 2017 è il responsabile dell’unità operativa di Oncologia dell’ospedale di Civitanova. Umbro di origine (di Città di Castello), vive a Pollenza dal 2005. Laurea a Perugia, ateneo che lo ha visto ottenere le specializzazioni in Medicina interna, in Oncologia e un dottorato di ricerca in Oncologia.

La formazione…

«Ho dedicato molto tempo alla ricerca di base in laboratorio per la sperimentazione di nuove strategie terapeutiche (come le chemioterapie dose-dense con autotrapianto di cellule staminali emopoietiche mobilizzate dal midollo e raccolte dal sangue periferico) e di nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il trattamento del cancro del polmone e della mammella ed in ultimo approcci di immunoterapia basata sull’impiego di cellule dendritiche per il trattamento del melanoma».

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Il primario Giovanni Benedetti

Il primo incarico…

«Nel 1999 alla Usl di Bologna (ospedale Bellaria) dove ho contribuito (precorrendo i tempi) alla creazione di gruppi multidisciplinari per la patologia oncologica e portato a termine importanti progetti, studi e sperimentazioni cliniche relativamente ai nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il trattamento dei tumori del polmone della mammella, del colon retto e del melanoma.

Per motivi familiari nel 2005 mi sono trasferito nelle Marche e ho lavorato nell’Oncologia di Macerata con una importante collaborazione con il direttore dell’epoca, Luciano Latini, creando un gruppo che ha portato il reparto maceratese ai vertici della regione in termini di produzione, attività e innovazione anche nel rapporto con i pazienti e con le associazioni di Volontariato. Dal giugno 2017 ho l’incarico di responsabile dell’Oncologia dell’ospedale di Civitanova».

I risultati?

«Negli anni, con tantissimo lavoro e incontrando non poche difficoltà, abbiamo profondamente modificato la struttura ampliandola con nuovi spazi e implementando i servizi per corrispondere alle richieste del crescente numero di pazienti. Di fatto è raddoppiato il numero di persone prese in carico nel day hospital oncologico per le terapie (oltre 600 nuovi ricoveri nel 2023): è cresciuto il numero di pazienti visitati in ambulatorio per prime viste e controlli(oltre 3500 nel 2023;) e soprattutto è in persistente incremento il numero di pazienti presi in carico nell’ambito delle visite multidisciplinari che prevedono la discussione contemporanea dei casi tra gli specialisti (chirurghi, radioterapisti, anatomo-patologi) esperti per la particolare neoplasia, (cosidetti gom)».

Come siete strutturati?

«I gruppi multisciplinari per il paziente oncologico assorbono una quota importante della nostra attività, sono attualmente cinque: il Gom per i Tumori del distretto cervico-facciale, il Gom per i tumori del tratto gastro-enterico, il Gom per i tumori dell’apparato genito-urinario e infine il Gom per i tumori della cute melanoma e non-melanoma che si riunisce nella Dermatologia dell’ospedale di Macerata. Gli incontri hanno una cadenza settimanale e nel corso della riunione vengono presentati, discussi e presi in carico i pazienti per il completamento dei percorsi diagnostico-terapeutici specifici per la patologia. L’ambulatorio per i tumori del polmone è quello numericamente più rilevante ed in questo caso la valutazione multidisciplinare è ancora a distanza con gli specialisti pneumologi della regione, con il chirurgo toracico e con il radioterapista. Collaboriamo inoltre con la unità di Oncologia e la breast unit dell’ospedale di Macerata per la gestione delle pazienti con tumori della mammella in stadio precoce e con la Ginecologia e la Radioterapia per la gestione dei tumori genitali femminili. La nostra unità operativa ha una importante partecipazione con il Centro di ricerca oncologica regionale (Corm), istituito presso l’azienda ospedaliero universitaria delle Marche in Ancona, per i casi di neoplasie rare o più complessi e che necessitano di approfondimenti diagnostici con particolari analisi e pannelli di biologia molecolare (la cosiddetta medicina di precisione). La collaborazione con gli istituti di ricerca a carattere scientifco a livello nazionale è di fatto costante e viene istituita su ogni specifico caso per il quale sussista la necessità di una Consulenza o per l’arruolamento in studi clinici che permettano al paziente di ottenere trattamenti innovativi ma ancora non previsti nelle linee guida. In sintesi la multidisciplinarietà ed i trattamenti innovativi sono i binari che guidano la attività della nostra Oncologia».

L’equipe, i volti della Oncologia di Civitanova

«Il nostro gruppo di lavoro è costituito da cinque medici specialisti in Oncologia che sono, oltre a me, Laura Ombrosi, Lorena Verdecchia, Maristella Bianconi e Valeria Cognigni, dalle infermiere Chiara Scoponi, Gloria Gubinelli, Sabrina Tinti, Viola Fonti, Ida Losi con la coordinatrice Claudia Mengoni e dalla psicologa Emiliana Giuliani. Un contributo per la attività di ricerca non-istituzionali è fornito dalla biologa Federica Gioia mentre le associazioni “Casa Accoglienza Maceratese” e “Come Ginestre” sono presenti con del personale per migliorare l’accoglienza e l’orientamento dei pazienti. Siamo un gruppo particolarmente affiatato e che ha come riferimento il rispetto per il paziente. Rispetto che si concretizza nella capacità di dare ascolto alle esigenze ed alle preoccupazioni materiali ed emotive che pervadono necessariamente la persona affetta da una malattia oncologica».

L’attività svolta?

«Le attività amministrative sono suddivise in ricoveri in Day Hospital per la somministrazione delle terapie oncologiche, ambulatorio specialistico per le prime visite e per le visite di controllo, attività di consulenza per i reparti del presidio ospedaliero, partecipazione ai gruppi multidisciplinari per le specifiche patologie per la corretta ed efficace conduzione del percorso diagnostico e terapeutico di ogni paziente. Le attività extra-istituzionali sono prevalentemente dedicate alla ricerca clinica ed in particolare alla partecipazione a studi clinici per la sperimentazione di nuovi farmaci o strategie terapeutiche. L’attività di ricerca clinica prevede una collaborazione con le Oncologie della Ast Macerata e in minor misura con le Oncologie della regione e con gli istituti di riferimento nazionale. La collaborazione con i medici del territorio è una costante, oltre le visite istituzionali sono frequenti i colloqui telefonici per presentarci dei nuovi casi particolarmente urgenti o complessi oppure per gestire insieme le problematiche cliniche al domicilio dei pazienti in trattamento. Una efficace collaborazione è inoltre quella con i medici specialisti in medicina palliativa al domicilio (Ant e Iom) e che consente una efficace continuità di cura sia nel corso dei trattamenti antitumorali, sia nella gestione del paziente che è nella fase di palliazione».

Alla parola ospedale si abbina la cura, sul fronte della prevenzione cosa consiglia?

« La prevenzione è alla base di ogni atteggiamento oncologico. La prevenzione non può prescindere dalle conoscenze. La conoscenza della propria firma genetica ereditata e che consegniamo alla progenie è necessaria ad impostare la tipologia e la cadenza dei controlli in una fetta significativa della popolazione. La conoscenza dei comportamenti corretti sotto il profilo alimentare e delle abitudini di vita permette di prevenire almeno il 30% dei tumori maligni di natura epiteliale. A tale proposito permane fondamentale la corretta diffusione delle informazioni, un compito che non spetta solo agli specialisti poiché per renderla capillare occorre la mediazione di settori chiave come il volontariato, la scuola e i mezzi di informazione».

Ricorda le emozioni provate quando ha messo piede per la prima volta in ospedale?

«La prima volta che si mette il camice in corsia è un insieme di sensazioni ma per lo più ci si sente inadeguati o impreparati, poi la credibilità che ti attribuiscono i pazienti ti aiuta a crescere. Per me è stato sempre normale gioire con il paziente dei successi delle terapie quanto compartecipare alla preoccupazione o al dolore quando le cose vanno male, ma non bisogna mai perdere la lucidità e la speranza perchè c’è in ogni caso qualcosa di buono che si può fare. La speranza è una indispensabile compagna di vita per tutti noi».

I momenti più belli vissuti da primario?

«Quando ci hanno assegnato il reparto nuovo riconoscendo il tanto lavoro che abbiamo fatto per i pazienti e per la popolazione di Civitanova. E non solo. Poi quando ho publicato (insieme ad altri) un lavoro scientifico che migliorava la pratica clinica oncologica. Ed è un bel momento ogni volta che le persone mi incoraggiano a continuare nel condurre il reparto con professionalità ed empatia nonostante le i difficoltà in cui operiamo».

Cosa affronta con maggiore difficoltà nel rapporto con il paziente?

«La diffidenza, preferisco domande o critiche aperte e sincere. L’atteggiamento di chi vuol star a vedere cosa dici rispetto a quello che legge so Google è deleterio, fa perdere del tempo prezioso per iniziare le cure e produce uno spreco di risorse».

Cosa è cambiato in questi anni in fatto di cure e di qualità di vita degli utenti?

«E’ cambiato tutto, in meglio. La ricerca ha prodotto dei risultati importanti sia nell’affinamento delle tecniche di diagnostica per immagini ma soprattutto nelle tecniche della diagnostica molecolare che permettono di personalizzare la terapia ed hanno prodotto un miglioramento delle possibilità di vivere a lungo e anche di guarire dal cancro soprattutto nel tumore del polmone della mammella, del rene e del melanoma. I nuovi farmaci a bersaglio molecolare si possono assumere per via orale al domicilio, e gli effetti indesiderati sono meno impattanti rispetto alle chemioterapie del passato. Gli anticorpi monoclonali sono una ulteriore forma di terapia mirata, questi possono raggiungere con precisione le cellule tumorali nell’organismo e portarvi dentro specificamente sostanze in grado di bloccarle ed elimianarle. Si chiamano immuno-coniugati o anticorpi i monoclonali bispecifici. Ma l’innovazione recente più importante è stata la scoperta delle proteine che regolano la risposta del sistema immunitario (i cosidetti checkpoint). Da queste conoscenze sono state sviluppate delle immunoterapie molto efficaci ed in grado di controllare a lungo (anni) la malattia in stadio avanzato nel caso del melanoma del tumore del polmone e del rene, e probabilmente una quota di questi pazienti è destinata a guarire. Attualmente le immunoterapie vengono impiegate anche nello stadio precoce della malattia (appena prima o subito dopo la chirurgia radicale) cercando di guarire un maggior numero di pazienti».

Riflessi umani, ma anche economici…

«C’è un grande problema che è quello dei costi per i nuovi farmaci che sono e saranno crescenti in modo esponenziale. Su questo c’è poca consapevolezza da parte della popolazione e qui bisogna fare una importante opera di informazione ed educazione sanitaria. Inoltre è cambiato il modo di curare il paziente oncologico. Oggi si lavora sempre più in gruppi multidisciplinari per ottimizzare i trattamenti. Da alcuni anni c’è una importante attenzione alle problematiche sociali legate alla malattia oncologica, si pensi alla recente normativa sull’oblio oncologico, per questo nel nostro reparto sono presenti psicologo ed assistente sociale. Infine la comunicazione: qui c’è ancora molto lavoro da fare, poichè la ristrettezza dei tempi, la scarsa preparazione nel comunicare di noi sanitari e la disinformazione reperibile nel web rendono la comunicazione difficile e non sempre efficace».

Se potesse decidere in piena autonomia anche sul fronte delle scelte aziendali, una cosa che farebbe subito?

«Ripristinare il registro tumori e conoscere la prevalenza della malattia oncologica nella nostra regione. Solo conoscendo con precisione questi numeri si possono programmare interventi efficaci, altrimenti sarà un continuo rincorrere le emergenze».

Mancano i medici: sbagliata “soltanto” la programmazione o c’è dell’altro?

«In Italia non ci sono pochi medici, ci sono troppi medici che si devono occupare di altro rispetto alla cura del paziente. Si passa più tempo al computer – a fare richieste, redigere moduli o addirittura a fare fotocopie ed a dimostrare quello che si è fatto – piuttosto che ascoltare il paziente e visitarlo con accuratezza. Da neolaureato a Perugia manifestai contro il numero chiuso a Medicina e non ho cambiato idea. Poi i ministri ed i governi che hanno istituito Il numero chiuso e quelli successivi non hanno programmato niente e le vicende del Covid ne sono state un esempio».

Cosa direbbe a un giovane medico che le dicesse di voler andare all’estero perchè c’è più meritocrazia e si guadagna di più?

«Che fa bene, un periodo di lavoro all’estero può essere utile sotto tanti punti di vista oltre a quello economico, poi però dobbiamo rientrare in Italia e contribuire al nostro servizio sanitario nazionale che resta uno dei pochi universali al mondo ed ancora di importante qualità nonostante le eccessive ristrettezze economiche e l’eccesso di burocrazia».

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