Stefano De Luca con la sua squadra
di Luca Patrassi
Il dottor Stefano De Luca è il primario della Chirurgia dell’ospedale di Civitanova: 63 anni, nato a Osimo ma «cresciuto sui colli jesini», laurea e specializzazione ad Ancona, servizio militare in Marina sull’Amerigo Vespucci «e da lì deriva la forte passione e indole velistica che attivamente coltivo». Dal 1993 al 2004 Torrette come assistente e poi aiuto nella Clinica chirurgica del prof Eduardo Landi, nel 2004 a Torrette, sotto la guida del prof. Andrea Risaliti.
Il primo ingresso all’ospedale di Civitanova.
«Nell’aprile del 2011 per la prima volta metto piede, non senza emozione, nel reparto che attualmente dirigo. Oggi ci sono uno staff di otto medici, perfettamente pari per genere e stratificati per fasce di età e formazione, cosa che dichiaro con un pizzico di orgoglio, una coordinatrice infermieristica, 23 infermieri e sei operatori sociosanitari, tutti giovani e motivati. Forse è questa una delle maggiori soddisfazioni dei miei anni di lavoro qui. Un gruppo così strutturato consente di fornire risposte rapide ed efficaci a tutte le più importanti problematiche della chirurgia, specie addominale, di elezione e d’urgenza, affatto trascurando le possibili urgenze di chirurgia toracica».
Stefano De Luca
L’attività svolta?
«Parallela alla degenza esiste una corposa attività ambulatoriale che comprende la diagnostica vascolare, la proctologia, la chirurgia endocrina e, grazie alla collaborazione della Gastroenterologia di Macerata, anche un fattivo servizio di endoscopia digestiva con sedute quotidiane anche nel presidio di Recanati. L’attività chirurgica operatoria si svolge anch’essa pressoché quotidianamente benché purtroppo ciò non riesca a soddisfare le richieste dell’utenza incrementando i tempi di attesa specie per le patologie minori».
La chirurgia e la terapia sono la risposta a tutto o anche la prevenzione ha un suo ruolo?
«Il trattamento chirurgico è l’atto finale di un percorso di diagnosi in cui ad oggi è raro che l’indicazione chirurgica non preveda già un piano operativo definito. L’efficacia di un buon trattamento chirurgico non prescinde da una ottimale gestione del percorso di prevenzione. L’ambulatorio di endoscopia digestiva, ad esempio, dal 2010 è coinvolto nell’attività di screening delle patologie colo-rettali e tanti dei nostri interventi infatti derivano da esso».
Professionalità dello staff, ma anche la tecnologia aiuta a migliorare.
«L’avanzamento tecnologico e le metodiche diagnostiche hanno determinato una rivoluzione che definirei copernicana nell’approccio chirurgico: negli ultimi trent’anni la chirurgia laparoscopica, e più di recente la robotica, hanno esplorato ambiti dapprima impensabili con sempre minori effetti traumatici ed estetici per il paziente, con esito di abbattimento delle complicanze e dei tempi di degenza, tutto nell’ottica di efficienza ed efficacia del servizio sanitario. Solo a carattere esemplificativo, fino a pochi anni fa l’approccio ai casi di urgenza era unicamente di tipo tradizionale: l’attuale orientamento è invece quello di riuscire a risolvere, per quanto possibile, anche quei casi con la tecnica laparoscopica».
I nuovi assunti sono spesso specializzandi. La presenza di tanti giovani è un’occasione di crescita?
«Il ricambio generazionale è sempre motivo di stimolo e crescita per tutti i gruppi di lavoro. Il nostro non fa eccezione e la chirurgia è sempre polo di attrazione per i giovani medici che amano questo lavoro ed il suo mettersi in gioco. Grazie alla collaborazione con la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ancona, nella cui rete formativa siamo integrati, ci vengono affidati giovani aspiranti chirurghi che una volta specializzati manifestano il desiderio di continuare nella sede laddove è avvenuta la loro formazione. Anche questo per me è motivo di orgoglio in quanto segno tangibile del buon affiatamento tra i singoli. Mi ricordo di essere stato assunto per la prima volta in ospedale già specialista da qualche anno, come me altri colleghi. Oggi sempre più spesso, qui ne abbiamo due testimonianze, si viene assunti ancora non specialisti».
Mancano gli specialisti anche per un errore di programmazione nazionale. Ora però si nota anche che diversi giovani medici scelgono di andare all’estero perché meglio pagati e hanno carriere più legate alle capacità Come se ne esce?
«La fuga verso l’estero dei giovani medici è la punta dell’iceberg di una difficoltà di programmazione a livello nazionale. Non va dimenticato tuttavia che la preparazione generale e specialistica che l’università italiana fornisce non è seconda a nessuno nel mondo; ciò che manca è forse invece l’investimento sulla ricerca e sugli approfondimenti tecnico-specialistici. Non soffriamo attualmente quindi di difficoltà o carenze di organico: tuttavia, il problema ci coinvolge dovendo supportare unità operative di altri nosocomi e in un passato recente anche del pronto soccorso».
Gli obiettivi.
«Un ospedale per intensità di cure è il modello teorico presupposto di garanzia di prestazioni di alta qualità, stretta integrazione tra tutte le figure professionali. Un valore aggiunto del nostro nosocomio è rappresentato dalla collaborazione stretta tra le varie unità operative, efficace integrazione fra tutte le figure professionali.Il futuro della sanità è infatti proprio questo: aumentare la qualità dei servizi, ridurre gli sprechi ed ottimizzare tutte le risorse disponibili. Ne scaturisce un modello organizzativo alla base di un radicale cambiamento sia nella mentalità che nel modus operandi di tutti i professionisti che vi lavorano. Fin dal mio arrivo ho percepito e personalmente incoraggiato quest’ambito promuovendo l’attivazione di gruppi multidisciplinari con altre figure professionali dell’ospedale per prendere in carico i pazienti e assicurare loro il miglior percorso di cura durante ogni fase della malattia. Anche se dovrà confrontarsi con le norme contrattuali nazionali, la rigida organizzazione aziendale e residue resistenze interne, il percorso è tracciato e dovrà estendersi anche alle altre unità operative degli altri ospedali di tutta la nostra Ast. Nell’attuale ruolo di direttore del Dipartimento di area chirurgica mi sento in linea con la attuale direzione generale dell’azienda che promuove questo ineludibile cambiamento: la risoluzione delle croniche carenze di personale e l’implementazione della forza del gruppo passa obbligatoriamente attraverso queste iniziative».
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Grande Michela!!! Bravissima!!
Reparto eccellente Grazie grazie grazie
Bravissimo dott de Luca ....un abbrraccio
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Un grazie al dr. De Luca e a tutto il suo staff di medici e infermieri. 5 anni fa sono stato salvato dal loro pronto intervento.
Conosco quasi tutti. Complimenti all’intero reparto per prontezza, capacità e professionalità.
E’ noto a tutti che da sempre chi non vuole aspettare deve ricorrere alla sanità privata.