di Luca Patrassi
Da sette anni Giovanna Faccenda è la direttrice del settore Territorio della Ast, sovrintende cioè all’organizzazione dei servizi sanitari di base. Formazione universitaria e specialistica ad Ancona, docente da decenni della Università Politecnica delle Marche.
Guida un settore particolarmente complesso al di là della semplice parola di riferimento, Territorio. Ci racconti come si articola l’attività…
«Il distretto è configurato come il sistema al quale è riconosciuta la responsabilità di governare la domanda (ruolo di committenza, valutare quali servizi per quali bisogni di salute) e di assicurare la gestione dei servizi sanitari territoriali (ruolo di produzione), l’assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale. Le modalità devono comprendere il coordinamento, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali; l’erogazione delle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria delegate dai Comuni. Tali attività necessitano di una forte integrazione tra figure diverse sia sanitarie che sociali come gli Ambiti territoriali sociali e i Comuni».
Da una parte la rete ospedaliera, dall’altra quella territoriale: in apparenza mondi distanti e divisi. Si dice che la rete territoriale non faccia da filtro a quella ospedaliera, è vero o c’è il mancato riconoscimento di un ruolo a chi opera al di fuori dei nosocomi?
«Dal mio arrivo nel 2017 oltre a garantire l’attività istituzionale (Punto unico di accesso, ambulatorio medico per esenzioni, autorizzazioni presidi e protesi, malattie rare, attivazione assistenza domiciliare integrata e predisposizione predisposizione del piano assistenziale individualizzato domiciliare) ho cercato di creare ponti in modo particolare tra territorio e ospedale al fine di avvicinare il più possibile i servizi specialistici al domicilio del paziente, esigenza acuita dopo la pandemia Covid. Ambulatorio medico-infermieristico stomizzati: con due infermiere che svolgono attività ambulatoriale di formazione e consulenze domiciliari. Dall’arrivo della dottoressa Elena Lucaroni abbiamo ripristinato le consulenze chirurgiche ambulatoriali e domiciliari; attività di telemedicina, Ecg a domicilio e Rp con telerefertazione da parte degli specialisti; Radiologia domiciliare in telemedicina, effettuazione Rx a domicilio per utenti non deambulanti; gestione accessi vascolari e posizionamento Midline domiciliari e nel territori; collaborazione del personale infermieristico Adi con il servizio di Anestesia dell’Ospedale per il cambio tracheostomie dei pazienti con malattie rare a domicilio; ambulatorio medico-infermieristico ferite difficili, con la collaborazione della Dermatologia dell’ospedale; progetto di miglioramento per l’integrazione del servizio Cure palliative domiciliari e Adi; collaborazione/integrazione dell’infermiere con l’ambulatorio multidisciplinare di screening del piede diabetico; progetto di miglioramento per la gestione delle lesioni da pressione nelle residenze protette ai fini del miglioramento della qualità di vita delle persone fragili ospiti; implementazione della telemedicina tramite l’attivazione di Punti salute (alcuni già aperti ed altri di prossima apertura) a Mogliano, Montecassiano, Passo Sant’Angelo, San Ginesio, Sarnano; attivazione/implementazione delle Case di Comunità tra le altre quelle di Treia, Corridonia, Macerata».
Da anni è una figura di riferimento della Ast. Quali sono state le soddisfazioni maggiori e quali gli obiettivi che si pone?
«Sicuramente sono soddisfatta della qualità dei servizi che diamo come Distretto e questo lo riscontriamo nelle manifestazioni di apprezzamento, orali e scritte, da parte degli utenti, anche se l’obiettivo è quello del miglioramento continuo. Gli obiettivi che mi pongo nel breve periodo sono quelli legati l’applicazione del decreto 77 come ad esempio il progetto di Infermiere di comunità per i territori del Distretto di Macerata che ha un territorio montano molto vasto con una popolazione anziana, dislocata in piccoli comuni non sempre facili da raggiungere, l’apertura delle Case di comunità tra le quali quella di Macerata, l’attivazione della Centrale operativa territoriale nel Distretto di Macerata. Inoltre stiamo predisponendo un percorso multidisciplinare sia ambulatoriale che domiciliare, per la diagnosi di disfagia e per l’appropriatezza del percorso terapeutico assistenziale collegato. Da ultimo aumentare i posti letto per la residenzialità extraospedaliera (Rsa, Cure Intermedie) con la riattivazione delle strutture di Corridonia e Tolentino per agevolare le dimissioni ospedaliere liberando posti letto per acuti e facilitare il rientro del paziente al proprio domicilio».
Mancano i medici, in particolare gli specialisti. E’ soltanto un problema di programmazione sbagliata o i giovani preferiscono andare a lavorare all’estero attratti da una meritocrazia forze maggiore, da rischi legali minori e da stipendi più alti?
«Sicuramente oggi i medici mancano come risultato di una programmazione sbagliata nel passato Da un paio d’anni c’è stato un grande sforzo da parte della Regione per aumentare sia le borse di studio per gli specialisti che per i medici in formazione per la Medicina Generale, sicuramente ci sarà un tempo di latenza ma fra qualche anno i medici sul mercato del lavoro aumenteranno. Fra le motivazioni che spingono i medici a trasferirsi all’estero impatta la maggiore remunerazione e i benefit che vengono concessi, anche la problematica della tutela legale e la meritocrazia possono essere un incentivo a preferire altri lidi».
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