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La dottoressa che guida Geriatria:
«Il lavoro di squadra garanzia di qualità.
Riequilibrare la solidarietà tra generazioni»

MACERATA - Pia Francesca Tomassini, residente a Pollenza, guida il reparto dell'ospedale dal 2012: «Abbiamo sempre puntato al lavoro di squadra interprofessionale, indispensabile per garantire un alto livello di qualità sia clinica che assistenziale»

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Pia Francesca Tomassini con il personale del reparto

di Luca Patrassi

Pia Francesca Tomassini, residente a Pollenza. dirige dal 2012 l’unità operativa di Geriatria: un destino “segnato” visto che questa era la strada desiderata fin dall’iscrizione a Medicina a Perugia, obiettivo centrato poi con la specializzazione in geriatria a Chieti e una seconda specializzazione, stavolta in fisiatria, ad Ancona. Debutto professionale all’Inrca.

Ci presenti il reparto, numeri e attività…

«Il gruppo è formato da cinque medici, una coordinatrice, dodici infermieri ed otto oss, vari fisioterapisti con accessi programmati; i posti letto sono 21 ad accesso diretto dal pronto soccorso quindi le patologie di cui ci occupiamo sono internistiche, prevalentemente stati settici, malattie cardio e cerebrovascolari. Un’attenzione particolare è rivolta alla presa in carico dei pazienti affetti da demenza e Parkinson nei diversi gradi di gravità e dei disturbi del comportamento ad essi correlati sin dalle prime fasi di malattia impegnandoci a sostenere i caregiver spesso in difficoltà. Il reparto è stato ristrutturato e pensato per la gestione degli anziani (con sollevatori a muro, letti attrezzati, materassi ad aria di ultima generazione e spazi congrui). Si effettuano consulenze geriatriche al pronto soccorso e nei reparti, attività ambulatoriale ed ecodoppler».

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Pia Francesca Tomassini

Un progetto che vorrebbe realizzare nel prossimo futuro?

«Abbiamo sempre puntato al lavoro di squadra interprofessionale indispensabile per garantire un alto livello di qualità sia clinica che assistenziale quale obiettivo principale per ottenere una buona qualità di vita per l’anziano che in condizioni di fragilità necessita dell’impegno di tutti gli operatori».

La cosa che le dà maggiore soddisfazione?

«La soddisfazione professionale nasce proprio dal raggiungimento di questi obiettivi e dal rapporto con l’anziano che è sempre arricchente in quanto basato sull’ascolto e sulla valutazione olistica e quindi multidimensionale, fisica e psichica».

Scriveva qualcuno secoli fa che la vecchiaia è essa stessa una malattia. E’ cambiato qualcosa, si è allungata soltanto l’aspettativa di vita o anche la qualità?

«In questo particolare momento storico impera a livello occidentale l’ageismo (discriminazione nei confronti di una persona in base all’età) derivato dal venir meno della rete familiare e del patto generazionale (pochi giovani e stipendi bassi) e questo comprometterà in maniera consistente l’assistenza e la giustizia sociale. E’ inoltre necessario finanziare investimenti pubblici su strutture per anziani moderne e quindi adeguate alle diverse esigenze assistenziali».

E quindi quale ragionevole futuro per il paziente geriatrico?

«La cultura geriatrica che mi ha formato paradossalmente mi porta a non potermi esimere dal guardare alla programmazione nel futuro, augurandomi e impegnandomi professionalmente e umanamente per promuovere un modello di sviluppo sostenibile che possa riequilibrare la solidarietà intergenerazionale, potenziare il reale sostegno all’inserimento lavorativo femminile (con conciliazione di tempi e spazi lavoro-famiglia) e occasione non ultima l’ottimizzazione della formazione e integrazione di giovani provenienti da altri paesi per il miglioramento della vita di tutti».

Quali comportamenti suggerisce sul fronte della prevenzione?

«La ricerca relativa alla prevenzione sta coinvolgendo la maggior parte delle società scientifiche e quindi rappresenta la sfida dei prossimi anni in quanto da sempre per il geriatra non è importante aggiungere anni alla vita ma vita di qualità agli anni con suggerimenti che riguardano il contrasto alla solitudine, la corretta alimentazione, una buona attività fisica, un sonno adeguato e la corretta gestione dei farmaci».

Mancano gli specialisti, Geriatria come se la passa? Quali sono le motivazioni che spingono i giovani verso alcune specialistiche e non verso altre, anche verso l’estero?

«Purtroppo la specializzazione in geriatria è ad alto rischio di burnout data l’elevata consistenza dell’impegno clinico quando coesistono molte patologie e l’obiettivo è la stabilizzazione di esse e non  la guarigione ma l’ottenimento di una buona qualità di vita. I dati sulle iscrizioni alle scuole di specializzazioni confermano purtroppo che i giovani preferiscono specializzazioni che permettano loro di lavorare al di fuori del sistema sanitario nazionale in condizioni più redditizie e meno impegnative».

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