Maria Falcone tra gli studenti e le studentesse
Giovanni Falcone da giovane? «Era un ragazzo come voi, ma molto pragmatico. Quando gli davano un compito, si poneva come meta il dover fare il meglio. In vita non era un eroe, faceva solo il suo dovere di magistrato. Ma la morte, di cui era consapevole, ha creato l’eroe. Pensate piuttosto a Giovanni come a un uomo, a un cittadino amante della democrazia. Il vostro compito è solo quello di essere bravi cittadini».
La voce penetrante e appassionata di Maria Falcone, splendida e carismatica 86enne, impegnata nell’instancabile opera di testimonianza della sorella Maria, ospite oggi dell’Università di Macerata per un incontro con gli studenti delle superiori, ha ridato vita nel cuore e nelle menti di tanti giovani la figura del magistrato ucciso da Cosa Nostra proprio trent’anni fa. A lui, l’amico e collaboratore Louis Freeh, ex capo dell’Fbi, ha dedicato un busto all’ingresso dell’Academy a Quantico, perché «si deve pensare a Giovanni come alla personificazione del senso dello Stato – ha raccontato Maria Falcone -. Per amore dello Stato e per il suo senso del dovere è riuscito a fare tutto quello che ha fatto, nonostante le sue paure umane, per raggiungere il fine ultimo di liberare la società dalla mafia».
La consegna dell’albero di Falcone al rettore John McCourt
Maria Falcone, già da ieri in città, ha ricordato anche le parole che il boss Tomaso Buscetta disse a suo fratello Giovanni: «Lo sa che il suo rapporto con la mafia si chiuderà solo con la sua morte?». E la risposta del magistrato: «Non si preoccupi signor Buscetta che anche se non ci sarò più io ci saranno altri magistrati dopo di me che porteranno avanti il mio lavoro».
L’occasione è stata la “Giornata della cultura civile” organizzata dall’Ateneo nell’ambito di un più ampio progetto di orientamento al sapere etico e alla cultura civile. L’incontro, che si sarebbe dovuto svolgere al Teatro Lauro Rossi, è stato spostato per precauzione all’Orto dei Pensatori in seguito alle scosse sismiche che hanno interessato la costa marchigiana. Nonostante la concomitante chiusura delle scuole, oltre un centinaio di ragazze e ragazzi non hanno mancato l’appuntamento.
«Abbiamo auspicato di essere un ateneo agile e veloce e oggi ne abbiamo dato la dimostrazione, riorganizzando qui questa importante iniziativa – ha commentato il rettore John McCourt -. L’Università e la scuola sono chiamate al dovere di elaborare e diffondere la cultura della legalità. Ma tutto il sapere del mondo non è abbastanza se non è accompagnato dalla volontà di usarlo per contribuire a costruire un mondo giusto».
Il dialogo tra studenti e studentesse e Maria Falcone, coordinato dalla professoressa Rosita Pretaroli, è stata introdotto dagli interventi dei docenti Benedetta Barbisan, Stefano Pollastrelli e Lina Caraceni, del vicepresidente del Consiglio degli studenti Jacopo Sammassimo e del dottorando Tommaso Santilli, che ha realizzato una serie di interviste sull’antimafia da vedere e ascoltare attraverso la web radio di ateneo Rum.
«Attraverso l’educazione si può uscire da quelli che sono i limiti della propria famiglia, anche da contesti mafiosi – ha detto ancora la presidente della Fondazione Falcone -. E’ per questo che sono qui oggi, per far conoscere mio fratello ai giovani, per educarli. Non credo lui sia morto, se dopo 30 anni siamo qui a parlare della sua vita»
A chiusura, il comandante dei Carabinieri Forestale delle Marche Gianpiero Andreatta ha consegnato all’Ateneo l’Albero di Falcone, una delle gemme del Ficus che cresce all’ingresso della casa palermitana del giudice a Palermo, che fin dai primi giorni dopo la strage di Capaci è stato costellato di messaggi, appelli, gridi di dolore e speranza. «E’ un simbolo vivo di legalità – ha spiegato il generale Andreatta – e come la legalità andrà curato e cresciuto. Ogni giovane pianta è georeferenziata e sarà possibile seguire sul sito quello che diventerà un bosco diffuso di legalità».
All’incontro erano presenti anche il vicepresidente della Regione Filippo Saltamartini, il sindaco Sandro Parcaroli, il prefetto Flavio Ferdani, il procuratore capo Giovanni Fabrizio Narbone e il vescovo Nazzareno Marconi.
(redazione CM, foto Fabio Falcioni)
Il vice presidente della Regione Filippo Saltamartini
Altroché se lo era. Oggi si usa il termine eroe quasi sempre a sproposito. In questo caso no
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Noi di una certa età abbiamo vissuto quella tragedia per lo Stato e per la legalità. E non dimentichiamo. So che, malgrado le apparenze, ci sono giovani che vivono quegli ideali e ne diventano testimoni.