Quando nel Maceratese
c’era la pellagra

MACERATA - Il consumo eccessivo di polenta, oggi alimento tipico ma una volta legato agli strati poveri della popolazione, aveva fatto dilagare il morbo. A raccontarlo uno studio del ricercatore Sergio Salvi presto in uscita

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Un documento d’epoca. La copia contiene un errore di stampa infatti risale al 1908 e non al 1808 come indicato

Pelle desquamata, disturbi gastrointestinali e gravi turbe psichiche che, nei casi peggiori, potevano anche indurre al suicidio. Questi erano i sintomi principali accusati dalle persone affette da pellagra, una terribile malattia, oggi scomparsa, che tra ‘800 e ‘900 devastò diverse regioni italiane, tra cui le Marche e, in particolare, la provincia di Macerata. A farne le spese furono gli strati più poveri della popolazione, obbligati al ripetuto consumo di polenta di mais e alla consequenziale carenza cronica di vitamina B3 che provocava l’insorgenza del morbo. Uno studio del ricercatore Sergio Salvi, in uscita sul numero 79 della rivista “Proposte e ricerche” (Edizioni Università di Macerata), ricostruisce la vicenda della pellagra nel Maceratese tra il 1879 e il 1913, fornendo un quadro che va oltre il dato puramente storico, soffermandosi soprattutto su aspetti che riguardano i regimi alimentari presenti nelle varie fasce territoriali marchigiane, le varietà di mais coltivate all’epoca e gli effetti apportati dalla legge del 1902 per la lotta alla pellagra in termini di diversificazione della dieta. Sullo sfondo, il ruolo svolto dal manicomio provinciale di Macerata e, soprattutto, dal pellagrosario provinciale di San Severino nel fornire assistenza ai malati. Lo studio si chiude con una curiosità: alcune delle varietà di mais diffuse tra ‘800 e ‘900 nella provincia di Macerata sono ancora oggi coltivate e fanno bella mostra di sé, come prodotti agroalimentari tradizionali, nel repertorio marchigiano della biodiversità agroalimentare.



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