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Sfollato, muore a 61 anni
Per mesi ha desiderato tornare a casa
“Debilitato perché senza speranza”

CAMERINO - Giuseppe Ceccarelli per tre mesi ha vissuto con la sua famiglia a Civitanova. E' morto nella stanza dell'hotel a causa di un infarto. La figlia Michela: "E' stata dura stare lontani da casa, i problemi non si risolvono mandando le persone sulla costa"

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Giuseppe Ceccarelli, scomparso a 61 anni il 27 gennaio. Insieme a lui l’amatissima cagnolina morta il 5 dicembre

 

di Leonardo Giorgi

Per tre mesi Giuseppe Ceccarelli ha vissuto sulla costa, dopo il sisma. Senza poter tornare a casa. E lontano da casa è morto, il 27 gennaio, a 61 anni. «Vivere da sfollati è molto dura, sei portato via da tutto quello che era tuo. A mio papà tutto questo è pesato». Michela Ceccarelli racconta il dramma che ha affrontato insieme alla sua famiglia costretta a lasciare Camerino. In seguito al devastante terremoto del 30 ottobre, Michela ha vissuto per tre mesi in una camera d’albergo a Civitanova insieme alla mamma Piera Cruciani e il papà Giuseppe, che la settimana scorsa è scomparso per un infarto fulminante. «E’ successo mentre stava in una camera d’hotel, a Civitanova. Lo stress – sottolinea la figlia del 61enne – può portare a questo. E’ stata tanto dura, perché da casa ti porti via le cose fondamentali e poi non siamo potuti più tornare. Io lavoro a Corridonia e mia madre a Camerino. Mio padre faceva tutti i giorni su e giù con l’auto per non fare perdere a mia madre quelle poche ore di part time». «Ci siamo sentiti come deportati, a vivere sulla costa» aggiunge la mamma. Michela e Piera da mercoledì sono tornate a vivere a Camerino, in un agriturismo nella zona. A Civitanova, fino al 5 dicembre, viveva con loro anche la cagnolina, un vero e proprio componente della famiglia Ceccarelli. «Eravamo partiti in quattro e ora siamo in due. Il cane è morto per una fatalità – spiega Michela -, ma è stato un peso in più da portare per mio padre. Chi ci conosce sa quanto la amavamo. In una situazione di disperazione dove non c’è nessun margine di speranza e dove non vedi una soluzione, un fisico si debilita. Ormai mio padre non me lo ridà più nessuno, ma voglio raccontare la mia storia per far capire che non si risolve un problema solo mandando la gente sulla costa». Anche se, come sottolinea Michela, «è difficile parlare di certe cose», la ragazza vuole far sapere a tutti «quanto è dura trovarsi in un’altra realtà dove devi arrancare in continuazione. Siamo una famiglia spezzata, e oltre ai vari problemi ora siamo solo in due a dover far fronte alla paura di nuove scosse».



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