Francesca Scopelliti
di Maurizio Verdenelli
(foto di Andrea Petinari)
Solita storia. “Sono passati 33 anni ma non è successo nulla”. Parola di Francesca Scopelliti, la compagna di Enzo Tortora, questo pomeriggio nell’Aula della facoltà di Filosofia, in corso Garibaldi a Macerata. “L’Italietta che non sa e non vuol sapere” ha ‘digerito’ infatti abbondantemente il caso Tortora con tutto il suo orrendo carico di giustizia ingiusta. Quella che vide un innocente ammanettato ‘come un animale’ sulla base di dubbie (a dir poco) rivelazioni di due ‘collaboratori di giustizia’ (“Faccio fatica a chiamarli così” dice Francesca) mostrato alla folla, sbattuto ‘in prima pagina’ ancor prima che in carcere e lì dimenticato. Molti ancora si chiedono se Tortora sia stato davvero alla fine riconosciuto innocente, come finalmente dopo 3 anni da quell’arresto del giugno 1983. Sì, anche ieri è avvenuto a Macerata (in un bar, ad esempio) dove il celebre giornalista è virtualmente ritornato. “Grazie a Romano Carancini che – come sindaco di Macerata- ha voluto Enzo Tortora in città” è stata infatti la dedica della Scopelliti in epigrafe a ‘Lettere a Francesca’.
Il pubblico presente in sala
In realtà Tortora era già stato in carne ed ossa a Macerata. Era la volta di ‘Campanile Sera’ con Mike Bongiorno ed Enza Sampò, e Civitanova superstar grazie alla cultura di Dante Cecchi (pronto ad hoc un libro della Regione a cura di Alberto Meriggi che sarà presentato sabato 8 ottobre in teatro). Il ‘re’ dei presentatori, in giacca a quadretti, era in quell’occasione presente in un palco dello Sferisterio ad una ‘prima’ della stagione lirica. E nel palco, lui, il braccio alzato in segno di saluto, era stato immortalato dal fotoreporter de ‘Il Messaggero’, Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni: “Ecco il paparazzo!” sorrise, complimentandosi poi con Pietro perché il ‘paparazzo’ era riuscito a fotografare, nell’oscurità della sera, senza flash. A Macerata, oggi, il ‘ritorno’ del presentatore più bravo della storia della Rai è stato circondato da un’atmosfera di vero affetto. “Occorre che ‘Lettere a Francesca’, libro importantissimo (dedicato a Marco Pannella, ndr) diventi un manuale da introdurre nelle nostre scuole e sia così fondamentale per l’iter del disegno di legge sulla riforma della giustizia all’esame del Parlamento. Sarebbe il minimo per un caso che ha segnato la storia del nostro Paese” ha detto con passione l’avvocato Renato Coltorti, presidente della Camera penale di Macerata che con l’ordine forense ha organizzato l’incontro. Di questo, il caso Tortora è stato prodromico alla tavola rotonda ‘A che punto siamo con le riforme’ presieduto dall’onorevole Walter Verini, capogruppo Pd in Commissione di Giustizia e tra gli altri, con Piergiorgio Morosini, componente del Csm – in sala presente l’onorevole Irene Manzi, con genuflessioncella d’uso al sindaco Carancini.
Romano Carancini
Il caso Tortora, dicevamo, è la storia di un fallimento. “Lui è morto due anni dopo l’assoluzione per l’esplosione di quella ‘bomba al cobalto’ che l’ingiustizia aveva innescato” ha detto la Scopelliti che ha letto pure la conclusione della prefazione al libro di Giuliano Ferrara: “E ogni tanto penso, mia cara Francesca, che morendo di passione e di dolore il tuo Enzo ha perso tutto, e si è perso a tutti, ma ha guadagnato l’oblio su quel che sarebbe seguito”. E’ seguito, come noto, il nulla nonostante la vittoria schiacciante del referendum per la responsabilità civile dei magistrati. Nel frontespizio c’è una frase dal carcere, dal quale Tortora visse anche il terremoto (‘il massimo’ scrive lui a Francesca): “Solo i bimbi, i pazzi e i magistrati non rispondono dei loro crimini”. “Lettere di 33 anni fa ma mantengono un’attualità sconvolgente per il tempo perduto” ha detto l’ex senatrice “Solo un metro quadrato in più negli istituti di pena ha sortito la battaglia per la giustizia giusta. E da parte mia, in Parlamento ho ricavato solo delusione e scarsi risultati”. “Eppure mi sento ancora e sempre a fianco di Enzo quando ‘per rispetto alla magistratura italiana’ volle a tutti i costi rinunciare all’immunità che l’Europarlamento voleva garantirgli, data l’evidenza della sua innocenza. Non è una battaglia dunque tout court contro i giudici, ma contro quei magistrati che disonorano la toga (e qui un’amara stoccata contro i pm del caso che hanno proseguito trionfalmente le carriere, ndr) . Da questa convinzione nasce la collaborazione con l’Unione delle Camere Penali italiane, durante un Open Day a Rimini, due anni fa”.
Poi la decisione di pubblicare quelle lettere dall’inferno carcerario italiano, per il protagonista assoluto della Tv italiana, i suoi 28 milioni di telespettatori. il venerdì sera su Rai2. “Ho radici calabresi –dice Francesca- e quelle lettere, con amore e tanta riservatezza, le ho conservate per oltre tre decenni nella mia scrivania. Non avrei dunque voluto pubblicarle. Tuttavia a Rimini mi dissero: sono documenti che appartengono a tutto il Paese. Fino all’ultimo ho tentennato, sin quando quella notte cominciarono a stampare. Mi informò l’editore Pacini, ed io repressi a fatica il grido: ‘Fermate le rotative!’. Adesso questa buona battaglia per il riconoscimento della battaglia di Enzo, mi sentirò appagata unicamente da una riforma vera della Giustizia in un Paese finalmente civile e fondato sui diritti, per cui la vita, ineguagliabile, di Enzo si è consumata”. Già, i diritti. Ha detto il presidente dell’Ordine degli avvocati di Macerata, Stefano Ghio: “In questo Paese diritti riconosciuti, non si possono poi davvero esercitare”. In tanti a parlare prima di Francesca, alla quale la parola è stata ‘lasciata’ dopo un’oretta buona, ma lei n’è stata felice: “Grazie per la condivisione e la comprensione dei maceratesi”.
L’avvocato Stefano Massimiliano Ghio, presidente dell’Ordine di Macerata
In un’ora, inoltre declinante, per la Giustizia in questa provincia: dopo la dolorosa soppressione del Tribunale a Camerino ecco la soppressione nell’organigramma di due figure di magistrati a Macerata. Per l’ansimante (nonostante i generosi sforzi) macchina giudiziaria del capoluogo ancora un ostacolo grave, è stato sottolineato da Coltorti, Ghio e Carancini (primo cittadino ed avvocato). Segnale incoraggiante è stata la decisione di far introdurre la ‘vedova Tortora’ da due giovani donne: Paola Pagnanelli, giornalista (“Il Resto del Carlino”) e Lucrezia Ercoli, filosofa, direttrice di Popsophia, classe ’88. Enzo era infatti un giornalista, dalla scrittura piena di meraviglie al pari del suo eloquio, apertissimo alle giovani leve. Un ricordo personale. Perugia, fine 1969. ‘Verrà Enzo Tortora, nessuna paura, sosterremo l’assalto’ così epicamente alla sua maniera, esortava noi giovani l’ispettore capo de ‘La Nazione’, Stelio Tavanti, in una drammatica riunione redazionale sul caso del concorrente ‘Messaggero’. Il quotidiano romano (ancora presente in Umbria) stava dispiegando tutte le sue risorse per strappare al giornale toscano, la tradizionale leadership in Umbria. L’entusiasmo al nome di Tortora, allora inviato di punta del gruppo Monti fu grande: ci riempì d’entusiasmo. Lui in realtà non arrivò, tuttavia bastavano quelle poche telefonate che ci fece per darci la forza e vincere uno scontro editoriale che avrebbe regalato a noi giovani un consolidato futuro professionale. Grazie ancora, Enzo.
L’avvocato Paolo Giustozzi
L’avvocato Renato Coltorti, presidente della Camera penale di Macerata
Il deputato Irene Manzi
La giornalista Paola Pagnanelli
Lucrezia Ercoli, direttore di Popsophia
L’avvocato Giuseppe Bommarito
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