di Maurizio Verdenelli
In Sicilia, nella campagne di Villalba, in provincia di Caltanissetta aveva conosciuto, il ‘Capo dei Capi’ di Cosa Nostra: don Calogero Vizzini. ‘Don Calò’, morto nel 1954, non gli aveva fatto però una grossa impressione, anzi per nulla. Lui aveva tirato dritto. Lo sbarbatello maceratese, al suo primo lavoro dopo la laurea in Agraria a Napoli, non s’era intimorito al cospetto del ‘mammasantissima’ al momento di censirne le terre che questi aveva ereditato tanti anni prima dal padre contadino, poi ampliate a dismisura. Non era trascorso allora molto tempo da quando il giovane Nicola, pronubo lo zio don Augusto Rinaldi, sacerdote salesiano, aveva lasciato il villaggio all’ombra del monte Bove dov’era nato due giorni dopo il natale del 1914. “Pensi che eravamo del tutto isolati dal mondo a causa del torrente che ci scorreva davanti e che dava il nome al paese stesso: Ussita. Non c’era il ponte: solo dei lastroni. In estate poi i pastori li collegavano con pali di legno per far passare le greggi durante la transumanza”.
Dei suoi cento anni ricordava tutto, l’onorevole Nicola Rinaldi. L’ardore era sempre lo stesso, la lingua saettava impietosa ricordando ora questo, ora quello. Personalmente ne portavo qualche ‘segno’ giudiziario allorché il senatore Rodolfo Tambroni compagno-avversario dell’onorevole nel nome di Arnaldo Forlani aveva denunciato per diffamazione Il Messaggero a seguito di un’intervista allo stesso Rinaldi. La causa davanti al Tribunale di Roma si concluse con una remissione di querela che il senatore motivò nel ‘ricordo della madre appena deceduta’. Già, perché la politica in quegli anni ’80 si combatteva duramente ma era pur sempre ‘pacioccona’. Prima di tutto veniva l’uomo, i suoi sentimenti, la città, la famiglia.
Ad Ussita, Rinaldi restò legato per un’intera esistenza. Ne fu sempre, vicino o lontano, il sindaco. “Quand’ero vicepresidente della Provincia e costruivo chilometri e chilometri di strade su un territorio praticamente abbandonato, il sindaco di Ussita era mio suocero, Rosi” mi disse, ricordando esattamente il numero di chilometri di asfalto (e non) da lui fatti realizzare. Ci fu anche un lapsus che potremmo definire freudiano quando nel corso dell’intervista per Cronache maceratesi gli chiesi il nome della moglie. Rinaldi ebbe allora un attimo di smemoratezza: era la dimostrazione, a fronte dei mille dati che aveva sciorinato perfettamente, che per lui il ‘pubblico’ poteva benissimo anteporsi al ‘privato’.
Del figlio, Marco, grande affetto ed altrettanta stima. “E’ un ingegnere, esperto della più moderna tecnologia riferita agli impianti di risalita”. L’ingegnere, ora anch’egli sindaco di Ussita (splendido e generoso “vizio” di famiglia che lo porta a combattere battaglie difficili nell’indifferenza e tra gli astuti dribbling delle istituzioni) aveva ereditato infatti la grande intuizione paterna. Quando cinquantenne, avanti a tutti, aveva compreso bene come lo Stato, il Palazzo, il Potere Centrale avrebbe alla fine cominciato ad abbandonare il margine, il suo territorio più lontano e gradualmente quello più vicino: province, comuni, regioni.
C’era bisogno d’attrezzarsi autonomamente. Ed Ussita, il cui comune istituito nel 1913 coincide in modo singolare con la vita stessa di Rinaldi nato l’anno dopo, entrò con la sua centrale idroelettrica, gli impianti sportivi (il palaghiaccio più moderno d’Europa, ancora meglio di quello di Innsbruck), il turismo di massa nel novero dei Guinness dei primati. Uno dei pochi comuni italiani autosufficienti e ‘ricchi’. Nicola Rinaldi avrebbe potuto avere fama, gloria e ricchezze a Roma, considerato l’estremo fervore della sua intelligenza, ma fu uno dei non pochi maceratesi troppo innamorati della sua terra per lasciarla. E naturalmente fu anche un ambientalista anche se collezionò una serie di irridenti Premi Attila, superando nel numero gli Oscar guadagnati da Dante Ferretti e moglie. Lui vedeva infatti un Parco al servizio dell’uomo e della sua economia, fortemente antropizzato: capace di scacciare l’abbandono dei suoi anni giovanili e la miseria così tradizionale purtroppo delle aree interne maceratesi e del Centritalia percosse come ora perdipiù dalle calamità naturali. “Il suo successo – ha detto l’avvocato Giuseppe De Rosa, celebrando ufficialmente i cento anni dell’onorevole nella sala consiliare di Ussita – è stato quello di aggirare la storia, giocare e vincere la scommessa” (cfr. Orizzonti della Marca, 2 gennaio 2015). “Era un grande difensore della montagna e delle zone svantaggiate del paese lo ricorda De Rosa – Ad Ussita ha compiuto una grande opera trasformando il territorio da paese pastorale in una moderna realtà turistica attrezzata. Un uomo molto sensibile ai valori sociali sempre vicino alla gente umile, con grandi capacità di visione e di progettazione nel campo dell’amministrazione pubblica e della finanza”. Il professor Franco Pedrotti ha ricordato come Rinaldi, uno dei primi firmatari della legge per il Parco nazionale con sede a Visso, abbia concesso in uso all’università di Camerino ben dodici ettari di sua proprietà a Tuseggia per un arboreto dove ci sono tutte le piante dei monti Sibillini.
“Il Premio Attila” amava fortemente la Natura. Per Ussita avrebbe voluto – come ultimo suo progetto – la creazione di un percorso naturalistico alla scoperta della ‘montagna segreta’: il Monte Bove, alla cui ombra si è svolta la sua centenaria esistenza. E lo stesso De Rosa concluse il suo ‘elogio’, un anno e mezzo fa presente lo stesso ‘festeggiato’, ricordando anni prima un episodio drammatico conclusosi fortunatamente con la discesa dalla cabina in Val di Bove ancorata ad un pilone. “Eravamo tutti sotto choc, soltanto lui, l’onorevole, per nulla turbato andava avanti a tutti ad indicarci muschi, ginepri e mufloni con dovizia di spiegazioni”. Ussita, la sua montagna, la sua valle erano sempre il paradiso terrestre per il “giovane” Nicola.
Il ricordo del presidente di Area vasta Antonio Pettinari: “A nome della comunità provinciale desidero esprimere un grato e commosso ricordo dell’amico Nicola Rinaldi che ha contribuito in modo significativo e nobile alla crescita politica amministrativa economica e sociale della nostra provincia. Profondo conoscitore del nostro territorio ed innamorato delle sue bellezze ambientali paesaggistiche e storico-culturali, era un convinto sostenitore delle potenzialità di questa terra e della sua promozione anche attraverso i suoi prodotti agroalimentari, enogastronomici ed artigianali e l’utilizzo delle sue energie naturali e rinnovabili. Mi colpivano in modo particolare l’amore per la sua montagna, il suo stile e la sua correttezza pur nella fermezza delle sue idee e dei suoi valori cristiani. Esprimo profondo cordoglio al sindaco di Ussita Marco e a tutti i suoi familiari”.
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Le più Vive Condoglianze Sindaco Marco….
Da tutti gli Amici di Civitanova Marche…..
L’opinione di Nanà
Di Nicola Rinaldi, per diversi anni, conobbi solo la “non positiva” leggenda legata alle sue continue conquiste del premio “attila delle marche”.
Ma è quando frequentai assiduamente quel singolare Comune di Ussita, in epoca post terremoto del ’97, che capii, seppure a fatica, quell’enorme “miracolo” che Rinaldi aveva compiuto nel riuscire a dotare quell’anomalo quanto affascinante Comune, composto esclusivamente dalla somma di tante frazioni, di tantissime potenzialità strutturali e infrastrutturali che nemmeno gli stessi ussitani riuscivano a comprendere appieno.
Non solo sviluppo del turismo e dello sport con alberghi, rifugi, piste da sci e impianti di risalita, palaghiaccio, piscina, ecc., ma ben 3 centrali idroelettriche che riconoscono al contestato Rinaldi di allora quella singolare, quanto spesso incompresa, capacità di “vedere oltre”, fino alle difficoltà economiche/energetiche dei tempi nostri.
Una capacità che ho potuto constatare personalmente, in un incontro casuale al comune di Acquacanina, dove con la vitalità dei suoi novant’anni e gli occhi che brillavano, mi parlava con passione di progetti così innovativi che io stesso, che pur mi ritengo innovatore, facevo fatica a capire.
Certo, il coraggio, la preveggenza ed i meriti dell’on. Nicola Rinaldi sono stati molti, e gli vanno riconosciuti. Così come gli furono riconosciuti pubblicamente e da più parti anche allorché era ancora in vita, quando ebbe a raggiungere l’invidiabile traguardo dei 100 anni.
Però non è possibile dimenticare nemmeno quei premi Attila che il WWF marchigiano gli assegnò a ripetizione per l’orrenda, costosa e deturpante funivia del Monte Bove realizzata (con tanto di piloni, tralicci di acciaio, edificio di arrivo in alta quota) nel 1974 e dismessa per la sua totale inutilità solo nel 1994 (funivia per la quale il Parco dei Sibillini ha attivato di recente un progetto di smantellamento, per il quale dovrebbe arrivare un finanziamento da parte del Ministero dell’Ambiente).
Un’opera devastante che, sui Sibillini, fa il paio con la strada denominata “il segno di Zorro” su una fiancata del Monte Sibilla.
Va anche ricordato che qualche anno dopo, nei primi anni ottanta, lo stesso Rinaldi propose addirittura di raddoppiare la funivia sul Bove, e tale progetto abortì solo per la tenace protesta di una parte della popolazione e soprattutto delle associazioni ambientaliste (CAI, WWF, Italia Nostra), le quali organizzarono una imponente manifestazione a Frontignano di Ussita alla quale partecipò anche l’on. Franco Bassanini.