di Gianluca Ginella
“Volevo uccidermi con un gesto dimostrativo alla Clementoni, perché capissero che l’avevo fatto per il lavoro. Ero giunto al capolinea”. Così Ioan Nini Dafinu nel corso dell’interrogatorio di garanzia nel carcere di Montacuto, ad Ancona, spiegando il perché dell’autobomba piazzata alla Clementoni di Recanati, lo scorso venerdì. Dafinu ha detto che il gesto l’aveva voluto compiere proprio alla Clementoni, perché “ho lavorato lì per 18 mesi (fino al novembre 2010, ndr), e avevo la speranza mi assumessero quando ho portato il curriculum, anche solo per fare le pulizie” ha detto il romeno 43enne al Gip Francesca Zagoreo. Dafinu ha precisato che “era un gesto autolesionistico. Non volevo fare male a nessuno. Se avessi visto qualcuno avvicinarsi all’auto l’avrei mandato via”. Dafinu deciso ad uccidersi si era seduto in auto e aveva acceso uno straccio per far saltare le 6 bombole di Gpl e una decina di taniche di benzina sistemate nell’auto, la Matiz Daewoo che aveva parcheggiato all’interno di un deposito della Clementoni, alle 7,15 di venerdì. Poi però si è spaventato, ed è fuggito. A quel punto ha messo a segno la rapina dell’auto alla maestra Alessandra Amichetti, per poi fuggire con quella. “Ho vagabondato, ero in stato confusionale” ha detto Dafinu al giudice, senza precisare dove sia stato nelle 34 ore di fuga. Raggiunta Ancona, aveva parcheggiato l’auto, e scritto un messaggio alla maestra, spiegandole che non voleva farle del male. Poi si è seduto su di una panchina. E lì è stato rintracciato da una volante della polizia di Ancona. “Si tratta di un gesto legato alla crisi economica – dice l’avvocato Elisabetta Nicolini, che assiste Dafinu –. E’ disperato. E’ una persona che non ha aspettative per il futuro”. Il Gip questa mattina ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere. E poi ha trasmesso gli atti al tribunale di Macerata, per competenza. Il pm Enrico Riccioni contesta a Dafinu i reati di incendio aggravato e rapina aggravata.
Ma la procura, come anticipato (leggi l’articolo), sembrerebbe orientata a constestare a Dafinu il reato di strage, per la notevolissima potenzialità esplosiva di quanto trovato in auto: le bombole erano sistemate con un ordine e le taniche, disposte sotto le bombole, erano state tagliate per far fuoriuscire il liquido più velocemente. Per la procura di Macerata tutto era predisposto per determinare il surriscaldamento delle bombole e determinare l’esplosione. Inoltre, la Matiz usata da Dafinu (ma di proprietà del suo padre adottivo) era a metano e il romeno aveva fatto il pieno prima di recarsi alla Clementoni.
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