
di Luca Patrassi
“Comunità presenti e beni comuni. Le radici del futuro” è stato il tema discusso nelle giornate della Soft Economy organizzate dalla Fondazione Symbola con il sostegno di ben 35 tra promotori, partner e patrocini e la partecipazione di 95 relatori. Location il teatro comunale di Treia e indirizzi di lavoro tracciati dalla relazione del segretario generale di Symbola Fabio Renzi, volto storico di Symbola ed anche del territorio maceratese, così come ben presente nel ricordo e nelle frequenti citazioni è stata Assuntina Brachetta.
Interventi in serie anche per la sessione di oggi che ha chiuso le tre giornate di festival. Ha aperto la serie il sindaco di Treia Franco Capponi che ha sottolineato come in questi giorni di confronto «in territori alle prese con diverse crisi – sismica, climatica, demografica – siano venute fuori diverse soluzioni che si spera i decisori riescano a fare proprie come accaduto per altri territori. Ringrazio i tre commissari straordinari presenti che hanno contribuito all’avvio e all’accelerazione della ricostruzione postisma».

Il vescovo di Macerata Nazzareno Marconi: «Sono necessarie nuove modalità dil turismo, la valorizzazione enogastronomica dei piccoli borghi, bisogna sostenere una neopopolazione dei territori e questo comporta l’elaborazione di una nuova cultura delle aree interne e dei boschi. Un nuovo modo di abitare il territorio non può realizzarsi se non con l’elaborazione di una nuova cultura dell’abitare e del produrre, il frutto dell’incontro virtuoso tra la cultura resiliente delle comunità storiche e quella dei nuovi abitanti».

Dal vescovo il microfono passa a Giorgio Menichelli, vicepresidente della Camera di commercio delle Marche che apre con una citazione: «”Non chi comincia ma chi persevera”, siamo alla tredicesima edizione di questo festival che dimostra come sia importante la costanza. Una fetta importante delle 130mila imprese delle Marche sono collocate nelle aree interne dove svolgono non solo una funzione economica ma anche sociale, sentinelle del territorio. L’impresa deve essere al centro della discussione se si vuol guardare al futuro del territorio» .

Il confronto prosegue con le riflessioni di Aldo Bonomi («il problema delle aree interne non si risolve con il lamento ma con la proposta», della sindaca di Arcevia Marisa Abbondanzieri e di Irene Bongiovanni di Confcooperative. Poi è Guido Castelli ad aprire la trilogia dedicata ai commissari straordinari. «Ogni terremoto – ha osservato il commissario alla ricostruzione – ha una sua complessità, dobbiamo guardare ai fabbricati ma anche alle comunità che erano deboli anche prima del terrremoto.

Una cosa abbiamo compreso in profondità è che la crisi sismica ha drammatizzato situazioni che toccheranno tutte le altre aree interne: Symbola ci concede di liberare il pensiero, sullo sfondo ci sono le crisi climatiche e demografiche che dominano lo scenario dei territori al di fuori delle aree sismiche. Bisogna applicare la filosofia del Bearzot mondiale, “primo non prenderle” e dunque dobbiamo trattenere la popolazione, ricucire dall’isolamento viario,guardare alla digitalizzazione come fattore di sistema e creare una forte relazione con il sistema del sapere, dell’Università, e delle aziende. Un tema centrale è come rendere stabile questo sforzo: la nostra è una governance multilivello che ricerca le soluzioni di cui hanno bisogno le aree interne. La frammentazione è tale che c’è bisogno di una cooperazione istituzionale: l’area del Centro Italia è un modello laboratoriale da esportare, rialimentare quanto è stato fatto attraverso nuovi partenariati».

Guido Castelli
Dal terremoto alle alluvioni, si passa al commissario Fabrizio Curcio: «La mia è una storia di 30 anni di emergenze, ora mi occupo di ricostruzione. L’obiettivo è provare ad avere una visione diversa anche grazie ai finanziamenti cospicui che arrivano, utilizzare l’evento straordinario per fare un passo avanti. Però se un Paese come l’Italia ha più di 50 commissari straordinari significa che un problema lo abbiamo, allora mettiamo mano all’organizzazione ordinaria. Ti devi occupare di tutte le esigenze della comunità se vogliamo unire la visione del Paese con quello che dobbiamo fare nello straordinario. Se un sindaco oggi ha un segretario e un geometra a scavalco come pensiamo di affidargli 10 milioni per fare le opere? Mettere in sicurezza un corso d’acqua non è tirare su un argine ma fare uno studio ed invece non abbiamo i piani aggiornati sulla prevenzione del rischio idraulico, in questo modo che prevenzione vuoi fare? Si parla sempre di semplificazione ma dobbiamo associarla all’indicazione delle responsabilità».

Giovanni Legnini ora è il commissario alla ricostruzione di Ischia: «La cifra del lavoro di Symbola è quella di essere riuscita a formulare domande nuove, il tema della giuntura mi ha molto colpito: questi sono laboratori a cielo aperto. C’è stato un lavoro sinergico che portò a rifondare la prospettiva di ricostruzione: semplificazione delle procedure, nuovo approccio urbanistico, la funzione conformativa di adattamento dei poteri di ordinanza ai territori, non bandi generici. per programmi astratti, e infine NextAppennino. A Ischia il paradigma è molto diverso, alcuni di quei pilastri sono stati trapiantati: il tema della legittimità urbanistica, dei condoni, è declinato con molta fatica. Il punto fermo è la messa in sicurezza del territorio iniziando dalle delocalizzazioni, non si ricostruisce dove c’è un rischio non mitigabile. Vorrei stimolare una riflessione a proposito dei progetti forestali, innoviamo alcuni istituti antichissimi come gli usi civici, poi la funzione di giuntura tra gestioni commissariali e poteri ordinari deve essere enfatizzata».

Franco Capponi
Concreta anche l’osservazione di Pierciro Galeone (Ifel Anci): «I Comuni sono in seria difficoltà demografica, ci sono segnali positivi nell’arco alpino ma l’Appennino rimane con dati allarmanti all’interno di un quadro negativo nazionale. Abbiamo poi un problema di fragilità delle amministrazioni comunali, carenze di risorse economiche e umane. Avremo una spinta obbligatoria a fare le cose insieme: la cosa che funziona è la messa in comune dei servizi, creiamo agenzie pubbliche che svolgano queste funzioni.

Aldo Bonomi
Leggiamoci come una città dal punto di vista del tempo, della distanza da casa al lavoro. A Roma e in Lombardia ci vogliono mediamente 80 minuti per andare e tornare dal lavoro ed allora è necessario stimolare forme di aggregazione, facciamo diventare ordinarie le politiche straordinarie,, immaginiamo unpiano operativo nazionale che sviluppi per l’Appennino capacità di governance e sussidarietà. Il principio dei bandi è primitivo, tipico di chi non ha capacità di lettura del territorio e chiede ai territori di competere invece di collaborare». Si prosegue con le relazioni di Pietro Marcolini che ha sottolineato le azioni assunte nel campo della telemedicina per la fornitura dei servizi e di Gianfranco Pederzolli.

Ermete Realacci
Chiusura affidata al presidente di Symbola Ermete Realacci: «Questa iniziativa è una scommessa vinta, la qualità degli interventi è stata altissima anche per il fatto che facciamo un casting spietato. Lo schema è quello di un appuntamento dove si scambiano riflessioni e non gettoni di presenza: abbiamo da poco presentato Green Italy, un rapporto di 450 pagine fatte da 80 esperti, e martedì presentiamo “Noi siamo cultura”. Questo modo di agire dà a Symbola credibilità ma facciamo anche iniziative nazionalpopolari iniziando dai presepi cui ogni anno aggiungiamo statuine con nuovi mestieri, quest’anno saranno una migrante di colore e un operaio con il casco, a significare inclusione e sicurezza sul lavoro».

Ancora Realacci: «se tu hai una identità forte non hai paura di aprirti, se ce l’hai debole alzi i muri. La questione del lavoro: c’è il problema del reddito ma ci deve essere anche l’orgoglio di fare quel lavoro. Una parte dello sforzo è guardare con nuovi occhi questo Paese. Il problema demografico è serio e non si risolve solo con gli incentivi, l’Italia può sfidare il futuro senza perdere identità e radici». Appunto le radici di chi guarda al futuro.



Il vescovo Nazzreno Marconi
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