Scintille Di Ruscio-Putzu,
l’ex sindaco: «Era incandidabile».
Lui: «Tutto in regola»

REGIONE - Il presidente con una lettera si dimette dall'Erap Marche: «L'attuale consigliere regionale era stato condannato nel 2018 a 8 mesi per falso ideologico». La difesa: «Ho il casellario giudiziale pulito, mi considero validamente eletto»

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Saturnino Di Ruscio e Andrea Putzu

«Il consigliere regionale Andrea Putzu nel 2020 era incandidabile». Sta rimbalzando da una chat all’altra, sui telefoni della politica fermana e non, una mail inviata ieri dall’ex sindaco di Fermo e attuale presidente Erap Marche, Saturnino Di Ruscio, al presidente del consiglio regionale, Dino Latini, e ai consiglieri regionali. Di Ruscio chiede “la dichiarazione di nullità, e conseguentemente, la revoca della nomina a consigliere regionale di Andrea Putzu”. Proprio lui, Di Ruscio, che nel 2020 era in lista con Fratelli d’Italia e risultato il primo dei non eletti. Ieri sera, dopo il botta e risposta con il consigliere regionale, il presidente Erap con una lettera ha comunicato le sue dimissioni (rimarrà comunque in carica fino al 4 agosto, incarico che svolge gratuitamente dal maggio 2023): «Le motivazioni sono legate all’avvio del contenzioso con l’ente regionale e correttezza vuole che rinunci allo svolgimento del ruolo».

Secondo Di Ruscio il motivo dell’incandidabilità sarebbe la condanna “in via definitiva (a 8 mesi e 20 giorni) per falso ideologico con sentenza passata in giudicato il 3 luglio 2018, dopo aver coltivato inutilmente i tre gradi di giudizio” riportata proprio da Andrea Putzu.

Ebbene, per Di Ruscio, il “reato è previsto quale causa di incandidabilità alle elezioni regionali indicate (quelle dello scorso 2020, ndr)… poiché trattasi di delitto commesso dal consigliere provinciale (allora Putzu era tale, ndr) con abuso dei poteri o con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio, reato contro la pubblica amministrazione, superiore alla pena della reclusione a sei mesi”.

Di Ruscio, che si dice “soggettivamente interessato, oltre che danneggiato”, rimarca anche di aver “depositato e protocollato istanza di accesso agli atti (…)” concludendo con la richiesta di revocare immediatamente l’elezione di Andrea Putzu.

Un documento “pesante” che, qualora le richieste di Di Ruscio dovessero trovare accoglimento da parte della Regione, potrebbe comportare la nullità dell’intera attività amministrativa svolta in questa legislatura, praticamente da cinque anni a questa parte, del consigliere regionale Putzu che è anche presidente di commissione regionale e che ha svolto attività anche in Europa. Putzu potrebbe essere anche costretto, verosimilmente, a restituire anche i compensi ricevuti per il suo incarico istituzionale facendo subentrare in Consiglio lo stesso Di Ruscio che, però, a quel punto si troverebbe nella stessa condizione con il suo incarico al vertice Erap, dal 2022. Da annullare dunque anche tutti gli atti firmati dall’ex sindaco nelle vesti di presidente dell’ente regionale per l’abitazione pubblica? Un bel groviglio con reazioni a catena che potrebbero incombere in maniera dirompente in queste settimane di campagna elettorale già a dir poco infuocata.

«Ho sempre operato in conformità della legge – la replica di Andrea Putzuanche nell’interpretazione della complicata normativa statale e regionale sulle cause di incandidabilità. La controversia, alla quale sembra fare riferimento l’esposto pervenuto in consiglio regionale, è relativa a una vicenda inerente alla presentazione di firme a sostegno di apposite liste elettorali per le elezioni politiche del 2013, addirittura concorrenti al mio partito politico. La mia posizione, in quella occasione, è stata solo quella di autenticatore delle sottoscrizioni. La pronuncia di condanna che mi riguarda prevede la non menzione nel casellario giudiziale il quale si presenta nullo. Appunto per tale ragione mi sono considerato e mi considero validamente eletto, nonché quindi convalidato, consigliere regionale della Regione Marche».

E poi continua: «Ho operato sulla base della convinzione dell’intervenuto esaurimento di una vicenda spiacevole e sfortunata dell’esperienza politica vissuta sino a quel punto addirittura per attività prestata a favore di terzi. Ricordo che a quei tempi, appena ricevuta notizia della pendenza del procedimento penale (anno 2014), scelsi di dimettermi da consigliere comunale del comune di Porto Sant’Elpidio. A tale atteggiamento rigoroso ho sempre ispirato tutta la mia azione politica e ritengo di dover continuare a farlo anche oggi nella situazione corrente, a difesa degli interessi che meritano tutela nel nostro territorio».

(Redazione CM)



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