Una scena di Carmen
di Marco Ribechi
Brividi allo Sferisterio e non solo per il freddo. Carmen conquista l’arena a passo di flamenco, lo spettacolo in collaborazione con Civitanova Danza è la perla dell’estate maceratese. Ci sono voluti ben due anni per assistere alla meravigliosa rappresentazione della Carmen proposta dalla compagnia Antonio Gades, ma la lunga attesa non ha assolutamente tradito le alte aspettative.
Era il 4 agosto 2023 quando un violento nubifragio allagò il foyer dello Sferisterio costringendo alla cancellazione dell’evento, con somma disperazione dell’allora direttore artistico Paolo Pinamonti che aveva lavorato a spron battuto per portarlo in arena (leggi l’articolo). In città erano presenti i massimi vertici della fondazione Antonio Gades intitolata a uno dei più importanti ballerini e coreografi spagnoli del XX secolo, una figura quasi leggendaria nel suo ambiente, specializzato nel flamenco e nella danza spagnola. A causa degli impegni della compagnia non era stato possibile riprogrammare lo spettacolo nel breve termine, ma la promessa fu che si sarebbe lavorato per proporlo in futuro.
Il futuro di ieri è il presente di oggi e la scorsa notte la promessa è stata finalmente onorata in concomitanza con i 150 anni della Carmen di Bizet: il pubblico dello Sferisterio ha potuto assistere a qualcosa di visivamente straordinario e musicalmente eccelso, seppur con l’assenza dell’orchestra come era in programmazione nel 2023, che avrebbe costituito una chicca assoluta mai realizzata in Italia. Nonostante la defezione l’appuntamento è stato senza dubbio memorabile, come testimoniano gli interminabili applausi della platea interrotti solamente dalle luci che ne hanno sancito la fine. Questo perché la carica emotiva della Carmen, unita alla forza popolare del flamenco, ha dilaniato i cuori degli spettatori creando un vortice di sensazioni difficilmente replicabili. Uno degli aspetti che ha permesso di creare delle impressioni così efficaci è certamente il grande grado di verità di ciò che è accaduto in scena per circa un’ora e mezza. La rivisitazione della Carmen attuata da Gades nel 1983, contemporaneamente alla narrazione cinematografica di Carlos Saura che stava girando Carmen Story con protagonista lo stesso Gades, voleva infatti essere soprattutto reale. La Carmen di Bizet, a giudizio di Gades, era carica di stereotipi derivati dalla sua genesi francese. Ispirandosi maggiormente alla novella omonima di Prosper Mérimée, il coreografo aveva deciso di riportarla alla Spagna, a questo si deve l’utilizzo del flamenco che così visse una vera e propria rivoluzione da danza dei reietti ad elevato elemento artistico.
A dare evidenza di questa attitudine popolare e della sua veridicità sono soprattutto i costumi che contribuiscono a trasformare le danze in scene di vita quotidiana. I danzatori infatti sono vestiti come persone ordinarie, in jeans e maglietta o camicia gli uomini, in lunghe sottane voluminose le donne. Guardandoli, senza ovviamente prenderne in considerazione la somma tecnica, sembra realmente di osservare dei passanti appartenenti a classi popolari della società. Gades infatti amava di Carmen in particolare l’aspetto proletario, simbolo di passione, di coraggio, di libertà, ma anche di lotta di classe. Carmen per lui racchiudeva gli ideali del comunismo che lo hanno sempre fortemente animato.
Oltre ai costumi, a fare da corollario a delle danze spettacolari, anche una musica che scava nel profondo dell’animo umano, il flamenco, con quel suono lamentoso e tristemente nostalgico con cui cogliere i dolori degli amori che divampano bruciando chi li prova, togliendo ogni senso di razionalità e di misura. “Los amores son terribles” cantano i gitani, accompagnati da una poderosa chitarra di cui Gades diceva: “Una chitarra e una cantante di flamenco possono avere lo stesso potere, se non di più, di un’orchestra con cento maestri”. Ieri è stato proprio così (senza offesa per la Form) con una musica suonata da pochissimi elementi, ma con una carica emotiva da pelle d’oca, che ha riempito gli immensi volumi dello Sferisterio. A far vibrare le viscere del pubblico anche le Compás, ovvero i ritmi irregolari del flamenco, battuti attraverso le palmas (mani) o con forti colpi di tacco sul palco di legno che risuonavano come tamburi di guerra. Il flamenco si è però alternato alle eterne musiche di Bizet che hanno aiutato l’intreccio narrativo, mostrando l’avvicendarsi delle scene più concrete con quelle che invece avevano un filo più legato alla narrazione. Inoltre, a creare suggestioni quasi terribili, anche i lunghi silenzi accompagnati dai movimenti sinuosi ma statuari dei danzatori e vissuti dal pubblico in atteggiamento quasi religioso. L’alternarsi di questi tre registri ha sublimato la visione annullando il tempo e lo spazio dello spettacolo e proiettando lo Sferisterio in un mondo altro, allo stesso momento intimo e cosmico.
Infine le danze, interpretate in maniera assoluta da ogni protagonista, a cui hanno fatto da capofila Esmeralda Manzanas nei panni di Carmen e Alvaro Madrid che impersonava Don José. Se il protagonista maschile è apparso di una bellezza statuaria, virile attraverso movimenti netti ed esplosivi, la Manzanas/Carmen ha dominato la scena con il suo magnetismo primordiale e caotico, capace di generare vita e passione, ma anche distruzione, gelosia e follia, dimostrando come l’amore e il desiderio incontrollato possano essere davvero “terribili” e portare a “pazzie”, ovvero al drammatico epilogo che appare quasi inevitabile per quanto tremendo. In generale i movimenti di danza sono stati caratterizzati da uno spirito di fierezza, di eleganza inarrivabile, per offrire una narrazione effettuata tramite il controllo assoluto del corpo, sia nello stato di quiete che in quello di ardente e irrefrenabile passione. I passi frenetici o lentissimi, rumorosissimi o assolutamente silenziosi, ostentati o appena accennati sono stati una perfetta metafora fisica dell’esistenza umana che, per chi si abbandona alla passione, si alterna tra stati difficilmente controllabili dalla razionalità.
Inutile dire che Carmen Flamenco ha conquistato la platea in maniera totale e assoluta con infiniti applausi che, dopo vari minuti, sono terminati solo per volere della compagnia e dell’arena stessa. Solo l’accensione delle luci ha fatto capire al pubblico che, purtroppo, era ora di abbandonare l’arena. Anche nel momento dei saluti i danzatori, sempre in formazione, sempre impettiti, non hanno mai rinunciato alla loro fierezza e alla tensione scenica, prolungando il messaggio di Gades fino all’ultimo secondo.
Lo spettacolo nato dalla collaborazione dei due principali festival di Macerata e Civitanova è la testimonianza che le sinergie, legate a delle scelte oculate costruite sulla qualità e sul valore artistico, intercettano il gusto di un pubblico anche di massa, troppo spesso nutrito nel vortice mainstream da offerte che scadono sempre più nel trash, con conseguente svilimento della cultura che invece è l’elemento più virtuoso di una società. Appuntamenti come quello di ieri, narrazioni come quella di Gades, ristabiliscono le priorità dimostrando che ciò che fa riflettere non è noioso, al contrario è il banale ad essere noioso, e che il valore sommo dell’arte non è l’intrattenimento ma la sua capacità di educare e creare profondi mondi interiori in grado di trasformare l’indole degli osservatori.
(foto di Luna Simoncini)
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Una collaborazione tra Macerata e Civitanova non può che sviluppare un’energia paragonabile solo a quella della fusione nucleare che avviene sul sole e sulle altre stelle.
Come mai non vedo i commenti denigratori dei soliti capisciotti !!!
…ancora non ti sei accorto il perché caro signor “MAALOX” ? allora glielo diciamo noi il perché ‘ stai facendo pena a tutti’ commenti solo quello che ti fa comodo procurati un costume in caso di pioggia per farti dei tuffi al sottopasso di via Roma…buonanotte e sogni d’oro
Bartolo’….non dirmi che le ovazioni non erano per gli interpreti ma x la giunta..
Aho’..con voi tutto e’ possibile dal momento che Gioggia e (com’è che lo chiamano i suoi) .Bimbominkia ..dicono che l accordo al 15 ma si legge 30% sui
dazi e’ stato un successo….Quando parli di capisciotti ti riferivi a questi due ???
In sintesi come scrivi un commento non fai altro che evidenziare sempre di più la tua pochezza in tutto..
PS..Opera molto bella e successo per loro meritato..
Semba incredibile che dopo aver assistito ad uno spettacolo così coinvolgente, si debba dover leggere dei commenti che non hanno nulla a che vedere con l’arte e la cultura, ma dettati da rancore e inutilità. Povera Italia.