Mariano Piampiani, Alberto Taborro e Sandro Brillarelli
di Giacomo Gardini
Il mistero della Natività prende forma in Vaticano grazie alle mani sapienti di tre artigiani tolentinati. Un sodalizio, quello con la Pontificia Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, che prende il via nel lontano 2007. Allora padre Bruno Silvestrini, parroco della stessa dal 19 marzo del 2006, convoca Mariano Piampiani e Antonio Angeletti.
«Il presepe è frutto di una lunga amicizia consolidata negli anni – afferma Piampiani – sin da quando padre Bruno prestava servizio presso la Basilica di San Nicola». Due anni dopo, nel 2009, entra a far parte del gruppo Alberto Taborro: «Mariano e Antonio avevano bisogno di un furgone per il trasporto dei materiali – ricorda Taborro –Non ho esitato a dire sì: sono stato contagiato sin da subito dal loro entusiasmo. Quello che inizialmente era un impegno, si è trasformato in una passione». Poi, la disgrazia: nel 2011 Antonio Angeletti viene a mancare, sconfitto da un terribile male. «Proseguire senza di lui è stato così difficile – ammette commosso Piampiani – Antonio era un amico di vecchia data, oltre che un instancabile lavoratore. Il telaio che tuttora sorregge il presepe è opera sua, dipinto poi dalla pittrice Marisa Ricci. È stata la prima persona che ho voluto al mio fianco per cercare di accontentare padre Bruno». A sostituirlo è stato Sandro Brillarelli, che andrà a completare il trio attuale.
E così arriviamo a oggi. Da circa undici anni, i tre artigiani elaborano, realizzano e allestiscono l’intera scenografia, ed è proprio nel suo studio che risiede la peculiarità del presepe. L’allestimento scenico infatti cambia ogni anno ed è lo stesso Mariano Piampiani, conoscitore del latino, a effettuare le ricerche. «Parto da un’idea di base, per poi sviluppare un tema specifico – spiega Piampiani – Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo deciso di collocare la Natività nell’antica Roma. Immaginate la scena nell’insula, un condominio dei giorni nostri: la Sacra Famiglia riunita tra le botteghe degli artigiani». Nel 2016, quando il centro Italia è stato colpito dal sisma, il presepe era ambientato in un tempio in rovina, circondato dalle tende degli sfollati. Un vero capolavoro che si ripete di anno in anno, motivo di vanto per la città di Tolentino, patria dei tre artisti. Lo stesso padre Bruno sottolinea come lo scenario riesca a trasmettere «un messaggio fondamentale: Gesù Cristo al centro della vita di ogni giorno e di ogni uomo». Un’opera che spicca per la bellezza e l’originalità di ogni suo particolare, ma che richiede tanto lavoro. «Iniziamo a lavorare al presepe la prima settimana di ottobre – racconta Brillarelli – Due ore ogni sera, dal lunedì al venerdì, nella falegnameria di Duilio Battellini. Realizzarlo non è una passeggiata, ma ci divertiamo tantissimo. Siamo degli inguaribili mattacchioni». Il presepe viene poi trasportato in Vaticano e allestito intorno all’8 dicembre, dove resta per quasi due mesi. Lo smontaggio infatti, anche quest’anno, è avvenuto sabato 2 febbraio. Tre artisti, tre tolentinati che con la loro semplicità e la loro maestria artigiana hanno conquistato la solennità del Vaticano.
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