Archiviata l’indagine per la morte di Mithun Rossetti: lo ha deciso il giudice Marcello Caporale del tribunale di Fermo dopo che la procura aveva chiesto di archiviare e la famiglia, tramite i propri legali, si era opposta (leggi l’articolo). Ieri è arrivata la decisione del giudice. «Il copioso materiale probatorio raccolto depone in senso univoco per il suicidio – scrive il giudice –, non si può in alcun modo aderire all’ipotesi dell’intervento di uno o più soggetti che lo abbiano aiutato, istigato o tantomeno ucciso».
Il giudice dice inoltre che da parte dei famigliari non viene offerta «una ricostruzione alternativa dello svolgimento dei fatti, coerente, consequenziale, completa». Queste le parole con cui il gip mette una pietra sopra alle indagini per la morte del 27enne studente Unicam, che viveva a Treia, e che è stato trovato senza vita in un annesso di villa Castellano a Porto Sant’Elpidio il 7 agosto 2016. Ma la famiglia e i suoi legali, non ci stanno. «L’archiviazione ha creato sconcerto e sgomento, si è ignorato del tutto che vi è la prova che un terzo ha manomesso il cellulare – dicono gli avvocati Federico Valori e Rossano Romagnoli –. Ciò travolge tutto il castello di carta degli inquirenti. Rimangono inesplorate strade investigative non percorse e di estrema rilevanza. Con i nostri mezzi svolgeremo gli accertamenti informatici che a nostro avviso vanno sviluppati e nel giro di pochi giorni, una volta rinvenuti i video della micro sd, presenteremo una denuncia di omicidio nei confronti di ignoti elencando tutti i motivi di sospetti e formulando ipotesi alternative». I legali aggiungono inoltre che c’è un altro testimone che però non è stato mai ascoltato. Un civitanovese «che vedeva Mithun sulla Chat. Ebbene, è rimasta lettera morta. Mithun nelle ultime parole dice ad altro testimone: sono stato rapito. Era nudo e cercava abiti. Ebbene anche questa è lettera morta. Lorena Poddine (la madre di Mithun, ndr) lamenta che nessuno ha voluto conoscere il figlio, e si trova Lorena in grave prostrazione ma non molla perché conosceva il figlio e sa bene che non li avrebbe mai lasciati di spontanea volontà era troppo attaccato a loro».
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