di Laura Boccanera
«Nemmeno una scusa, in 20 anni». Maria Rosa Berdini torna in televisione, su Rai 1, a due decenni dalla scomparsa della sorella, per parlare della banda della Cavallosa, dei fratelli Furlan e del cugino Paolo Bertocco condannati per l’omicidio di Maria Letizia Berdini, uccisa da un sasso scagliato dal cavalcavia di Tortona, sull’autostrada Torino Piacenza. Dalle telecamere sottolinea che in tutto questo tempo, alla sua famiglia, non sono arrivate mai le scuse di quel gesto che hanno strappato all’affetto dei suoi cari la 31enne originaria di Civitanova. L’invito a Maria Rosa è arrivato dalla trasmissione Storie Vere condotta da Eleonora Daniele. Maria Rosa, alle 10,30 di oggi, era in diretta e ha ripercorso quel tragico 26 dicembre del 1996 quando la sorella venne colpita da un masso. Da allora i Berdini iniziarono una battaglia, anche mediatica, per non abbassare l’attenzione e per chiedere giustizia e una pena esemplare per gli autori del folle gesto. Una battaglia condotta anche dal padre, Vincenzo Berdini, che fino alla sua morte ha lottato per difendere la memoria della figlia, morta a 31 anni, e per chiedere giustizia. A distanza di 20 anni Maria Rosa è tornata a chiedere che ci sia la certezza della pena. Troppo ingiusto, per lei, che fra indulto e sconti gli assassini di Maria Letizia siano rimasti in carcere poco più di 13 anni. «Hanno ucciso mia sorella per una scommessa – ha ricordato Maria Rosa – chi prendeva più auto, a seconda delle velocità vinceva una determinata somma, era tutto molto ragionato. Erano mesi che lo facevano, lo sapevano, lo sospettavano che fosse loro, se fossero stati fermati prima mia sorella sarebbe viva. Hanno aspettato che ci fosse il morto». Nella trasmissione anche alcuni opinionisti che hanno ricordato come episodi di questo tipo purtroppo non siano casi isolati e come una logica da videogame confonda il reale con il virtuale. Maria Rosa ha aggiunto anche come in tutti questi anni non sia mai arrivata una parola di scusa o rimorso da parte degli assassini di Maria Letizia. «Al contrario, anche durante il processo – ha detto la sorella della 31enne – quando incrociavamo il loro sguardo, mai una parola, neanche da parte dei loro familiari. Mio padre ci ha provato, ma invano». Infine l’appello: «Per questi reati – ha chiesto – devono esserci pene esemplari, invece non c’è la certezza della pena».
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Perche nessuno ha imparato loro a farlo……… questa è una triste verita!!!! Figli che “giocano” cosi per noia non hanno nessuno a casa
il padre che elemosina, INVANO, le scuse ai genitori degli assassini è un secondo macigno sulla testa della figlia.
il giudice avrebbe dovuto costringerli a chiedere scusa una volta al mese, a vita, oltre ad obbligarli a frequentare dei corsi di riabilitazione civica ai figli e ai genitori.