di Maurizio Verdenelli
La ‘sua’ finestra sui Monti Azzurri all’ora del tramonto (soprattutto) dal palazzo nobile di famiglia in via Roma, è stata la stessa del ‘Giovane Favoloso’ del quale si celebrano ora ‘i giorni’ a 218 anni dalla nascita. E se Giacomo Leopardi ‘dipingeva’ poeticamente la Valle delle Armonie sulle ‘sudate carte’, Piero Ceccaroni Morotti lo ha fatto su ceramica. Un grande, ininterrotto affresco rinascimentale dell’anima, dominata dalla Natura che per Piero tuttavia non è matrigna ma dove la presenza umana è ridotta al minimo. E dunque non poteva mancare, in calendario, stavolta nel contesto per ‘la festa annuale nel nome di Giacomo’ anche il ricordo di questo sublime artista morto vent’anni fa, appena sessantenne. Sabato, l’inaugurazione, alle 18. La mostra: “Piero Ceccaroni, dipinti su ceramica”, a cura del professor Stefano Papetti, realizzata con la collaborazione del Comune e dell’Assessorato alle Culture, proseguirà fino al 4 settembre. Al museo civico di Villa Colloredo Mels, sul Colle dell’Infinito, in esposizione le opere degli anni 1980 e 1990, scelte dal curatore come le più rappresentative del periodo. La pittura è su ceramica, su pannelli costituiti da elementi assemblati per formare veri e propri quadri. Il segno è “a punta di pennello” sottilissimo, i colori quelli tradizionali ceramici. Nelle opere del primo periodo dominano forti i colori, il blu persiano, i verdi, poi i colori si rarefanno e lasciano il posto a tratti quasi di grafica, a reticolati, a costruzioni più geometriche come negli ultimi lavori esposti.
Dice la nota critica: “La descrizione dei contenuti delle opere dell’artista è sicuramente non facile, tutto è fantasia, sogno, ricordo, tensione verso l’infinito tanto che è possibile parlare di una rappresentazione dei luoghi che esprimono l’anima del paesaggio recanatese dell’autore”.
Piero Ceccaroni, nato nel 1936 a Foligno, arrivò alla pittura per caso eppure attraverso uno stretto percorso artistico – familiare. Gli studi classici e poi la laurea in Giurisprudenza, la stessa professione forense non facevano presupporre la vocazione da ceramista, diventata poi autentica passione. Sicuramente l’incontro con l’arte si deve alla profonda vicinanza con lo zio Rodolfo Ceccaroni (1891-1983) insigne ceramista che introdusse il nipote ai segreti di una disciplina antica e tradizionale nelle Marche. Questo l’incipit di Piero, dagli anni Settanta. Ma ecco, dopo, il distacco nello stile personale e nell’ideazione che ha portato l’autore alla creazione di opere uniche nel loro genere, facendone l’erede dell’istoriato rinascimentale. ‘Giardini d’amore’, per il critico Fortunato Bellonzi, sono al centro delle opere di Piero, sollecitato a percorrere a grandi passi questa nuova via da personalità come Luigi Dania. Un percorso che si raffina, via via rarefacendosi con la sperimentazione di colori e forme che determinano il successo del prodotto artistico. Il progetto di Piero ((spirituale e malinconica è la sua anima) è simile a quello di Giacomo: i Canti di Recanati sono per lui concretamente la preservazione dei luoghi cari alla grande poesia leopardiana, ed ora famosi nel mondo. Nel corso della propria attività, Piero Ceccaroni ha realizzato molte esposizioni in Italia e all’estero. E naturalmente nelle Marche: a Recanati, Macerata ed Ancona Ottenendo i maggiori riconoscimenti internazionali con il “Premio Acquisto” a Faenza nel 1987 e con la Medaglia d’Argento nel 1990 a Vallauris (Francia) alla 12° Biennale Internazionale della Ceramica d’Arte.
Dal 3 luglio al 4 settembre con orari 10-13/ 16-19 – lunedì chiuso – venerdì apertura fino alle 24
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