Se l’ignaro maresciallo dei Carabinieri in servizio all’uscita del casello autostradale di Teramo, avesse meglio ‘indagato’ e dato un’occhiata al bagaglio, certo non avrebbe permesso che quei due signori in Bmw, provenienti da Roma e diretti a Civitanova se la ‘filassero’ all’inglese. Dopo un’occhiata, il sottufficiale non avrebbe detto: “Voi, andatevene…”. Al contrario li avrebbe fermati, di sicuro. Almeno per il tempo di … un autografo, di una stretta di mano e magari di un saluto militare anche se quei due – il generale e il colonnello- nell’Arma non ci sono più dopo esserne stati in tutte le epoche terribili che questo Paese ha attraversato, le ‘icone’ più rappresentative e popolari e per tantissimi italiani, autentici ‘eroi’. Al ‘via libera’ del maresciallo teramano, il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno hanno peraltro dato gas senza perder tempo in direzione delle Marche con il loro carico di libri “Servizi e Segreti”: l’autore è lo stesso ex generale, direttore del Sisde e prefetto. Questi andati letteralmente a ruba alla fine di un incontro straordinario e sold out al Caffè del Teatro – Cerolini a Civitanova Alta, organizzato benissimo da Anna Rita Macellari. Un evento preceduto dalla visita dell’ospite illustre e del colonnello De Donno alla sede civitanovese dell’Associazione dei Carabinieri in congedo, accompagnati dal presidente Roberto Ciccola e dall’Ispettore regionale generale Tito Baldo Honorati. Poi la ‘salita’ a Civitanova Alta fin dentro la grande sala dello storico Caffè. Un incontro introdotto dallo stesso Ciccola: al centro l’intervista-dialogo tra Maurizio Verdenelli, scrittore, già inviato speciale del ‘Messaggero’ per i grandi fatti dell’Italia centrale e il ‘prefetto di ferro’ –Mario quasi omonimo di quel Cesare Mori inviato da Mussolini per combattere la mafia ma poi rimosso e promosso senatore per i ‘troppi’ successi sull’onorata società dei ‘colletti bianchi’ (ne racconta l’epopea un film del ‘77 con le musiche di Ennio Morricone, freschissimo premio Oscar).
I carabinieri civitanovesi, in congedo ed in attività, si sono stretti attorno al loro ‘generalissimo’, all’uomo di tutti i misteri, i segreti e le grandi inchieste d’Italia: da quelle sul terrorismo, il caso Moro, a quelle di mafia al fianco di Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino avendo ai suoi ordini in Sicilia al tempo delle bombe del ’92 uomini come lo stesso De Donno e Sergio Di Caprio, il celebre cap. Ultimo, impersonato in Tv da Raul Bova. E riferendosi a De Donno, che diligentemente aveva intanto preso posto in un tavolino in prima fila, Mori ha ricordato come Giovanni Falcone lo chiamasse in segno di confidenza, stima ed amicizia: “Peppino”. A lui, sorridente e tranquillo signore di mezza età, si deve infatti quel fondamentale rapporto di polizia “Mafia ed Appalti” dal quale partì la fondamentale operazione antimafia che ha portato Totò Riina e Bernardo Provenzano in carcere. In prima fila anche lo stesso generale Honorati –alla fine dirà di condividere in tutto il pensiero di Mori – e il comandante della compagnia di Civitanova, Enzo Marinelli insieme con la signora Giovanna Paolone vedova dell’eroico maresciallo Sergio Piermanni. Al cui nome è legata tanta storia della Benemerita nelle Marche. La vicenda è ormai leggenda. Il sottufficiale, pur essendo in licenza quell’alba tragica del 18 maggio 1977, lasciò tutto per unirsi al brigadiere Angelo Albanesi (nel palazzo dei Piermanni quella notte per indagini) alla caccia del clan dei catanesi che a Porto San Giorgio aveva trucidato il brigadiere Beni, ferito il capitano Aiosa e l’appuntato Di Toro Mammarella. Piermanni, 37 anni, fu ucciso a tradimento sulla piazza della stazione ferroviaria da uomini della banda, lasciando prima di spirare ad Albanesi una promessa: “Ti affido i miei figli”. La banda venne sterminata dal mitra di Albanesi; il capo arrestato a Francavilla. Fu così stoppato il rischio della grande malavita nell’isola felice.
Tuttavia ora la Procura generale ha lanciato un nuovo allarme. Che ne dice il gen. Mori? “Sono dubbioso riguardo alla presenza di gangli di grandi centrali malavitose: penso piuttosto a realtà criminali circoscritte”. Dubbioso anche circa la veridicità dei report sui giri d’affari delle mafie. “Queste statistiche sono cialtronerie”. Positivista, poi, nell’escludere la possibilità di aiuti da parte di ‘pendolini’ e veggenti così come nel riferimento accennato da Roberto Ciccola alla ‘Montesanta’ di Civitanova, l’indimenticata Pasqualina Pezzola cui richiesero aiuto per il caso Moro. Inutilmente: “Potrei risolvere il caso ed indicarvi la prigione delle Br, tuttavia posso mettere a disposizione il mio dono solo per i malati” rispose la ‘Montesanta’ agli investigatori che erano andati a trovarla a Civitanova Marche in quei giorni terribili della primavera del ’78. Le domande, di Verdenelli –sul finire, pure del pubblico- sono state tante. A mitraglia. Il generale si è difeso bene, in altre ‘attaccando’, altre dribblandole come sui processi: il covo di Riina, l’arresto di Provenzano, la trattativa Stato-Mafia, questo tuttora in corso. “I processi si fanno nelle aule di giustizia…”. Giusto, non nelle sale da thè, pur di gran classe come quella di Valentino Cerolini. Intensi i ritratti da parte di Mori e i ricordi. Si comprende comunque tra le righe e fuori che tra i protagonisti un posto in primo piano c’è nel cuore dell’ex direttore del Sisde (e pure del col. De Donno, dal sorriso che traspare) per Francesco Cossiga. ‘Picconatore’ ma pure ‘appuntato onorario dell’Arma’, onorificenza cui il presidente teneva in un rapporto di forte simpatia e contiguità con la Benemerita.
Il capitano Ultimo, generale: com’è Di Caprio, visto da vicino? “Tra tutti i miei carabinieri è stato il migliore in assoluto. Nell’azione, sulla strada intrepido, vincente, il migliore ripeto. Fortemente motivato”. Carlo Alberto Dalla Chiesa? “Grande protagonista, disegnava progetti ed incarichi nuovi di grande respiro. Dei quali, era normale, assumeva la responsabilità”. Sapeva, che il generale era sul punto di entrare in politica, che avrebbe molto probabilmente accettato la candidatura socialista del collegio di Macerata per il Senato? Gli chiede Verdenelli sulla scorta del fatto che quella candidatura venne poi offerta a lui (“grazie, vorrei fare ancora il giornalista” la risposta). Mori, per la prima volta un po’ colto di sorpresa, dalla ‘informativa’: “Dalla Chiesa era ormai vicino al congedo, si sapeva che era molto vicino a Craxi…”. Quali ricordi di Falcone e Borsellino? “Giovanni, riservato, ma poi aperto ed amichevole quando entravi nel sua stima. Paolo era capace di farti un buffetto, di offrirti una sigaretta, due minuti dopo che ti eri messo sull’attenti davanti a lui. Due modi d’essere siciliani, in ogni caso uomini straordinari”.
Il caso Moro. Chiede l’intervistatore: “Quel giorno di aprile del 1978 ero al lago della Duchessa, laddove un falso comunicato annunciava il corpo dello statista, abbandonato dalle Br. C’era anche lei, capo dell’Anticrimine, su quello specchio d’acqua tra i monti reatini?” Mori (sorride): “Ero invece a Roma in via Gradoli a scoprire il covo delle Brigate Rosse: sapevamo tutti che quello era un falso comunicato che ‘copriva’ un depistaggio”. Il caso OP e Mino Pecorelli, il giornalista che per primo segnalò la falsità di quel comunicato, l’uomo di tanti scoop ucciso il 20 marzo 1979 nella sua auto? “Ricordo perfettamente: al comando ogni giovedì c’era attesa per l’uscita dell’agenzia ‘Osservatorio Politico’, OP parlava spesso in codice, anche nelle analisi politiche (Dalla Chiesa era ad esempio il generale Amen ndr). Ricordo che una volta prese a prestito l’anisetta Meletti di Ascoli Piceno per indicare il generale Gianadelio Maletti del Sid ed andò avanti per qualche numero fino a quando fu a tutti noto che non del noto liquore ascolano, Pecorelli voleva parlare ma dello stesso capo del controspionaggio italiano”. Poi la lunga fila per avere un autografo, un indirizzo di saluto scritto di pugno dall’autore famoso sul libro che è un’introduzione allo studio dell’intelligence nella storia umana. Tuttavia il primo autografo, la prima copia è per lei, Giovanna Piermanni. Il generale si alza dal tavolino e con un inchino, consegna il suo libro alla moglie dell’eroe che Civitanova, le Marche, l’Italia e noi tutti non dimentichiamo, testimoni di quel sacrificio senza precedenti quasi, nella storia moderna del paese quarant’anni fa.

Il colonnello Paolo Zanaroli, il colonnello Giuseppe De Donno e Valentino Cerolini insieme al generale Mario Mori

Mori riceve in dono il dvd con la rassegna stampa legata alla vicenda del caln dei Csalesi in cui si immolarono Sergio Piermanni e Alfredo Beni
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