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Simonia, peccato di grande attualità

Se ne è parlato a Civitanova nel corso di "Lecturae Dantis"

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La terna di lettori

La terna di lettori Lucio Sagripanti, Mattia Storani e Mattia Bartolini

di Walter Cortella

Continua con successo la lettura dei canti dell’Inferno a cura dell’Associazione Dantesca di Civitanova. Negli accoglienti locali della scuola “Anita Garibaldi”, Francesco Sagripanti ha presentato il canto XIX dedicato ai simoniaci, peccatori che hanno mercanteggiato con i beni sacri spirituali della Chiesa. È un grave peccato, esclusivo del mondo ecclesiastico, del quale si macchiano sovente alti prelati. Deve il suo nome a tale Simon mago, il primo degli eretici che cercò di comperare dall’apostolo Pietro il potere di amministrare anch’egli, con la semplice imposizione delle mani, lo Spirito Santo. Inutile dire che il suo ignobile piano naufragò miseramente, ma quel maldestro tentativo è passato comunque alla storia.

I simoniaci visti da Gustavo Dorè

I simoniaci visti da Gustavo Dorè

Dante colloca i simoniaci nel cerchio dei fraudolenti, in particolare nella III bolgia. Scontano la pena infilati a testa in giù in profonde buche scavate nella roccia. Dei loro corpi nudi si vedono solo le gambe che agitano furiosamente, perché tormentati da una fiammella rossastra che brucia in eterno la pianta dei loro piedi. È la dura legge del contrappasso: in vita mercanteggiarono calpestando lo Spirito Santo ed ora questo, sotto forma di fiamma ardente, brucia loro i piedi. E all’arrivo di un nuovo dannato, vengono sospinti sempre più in basso. Dante viene attratto in particolare da un di essi del quale, però, non può vedere il volto. Incuriosito, con l’aiuto di Virgilio, si avvicina alla buca e vi parla dentro, chinato, proprio come facevano i frati medievali quando confessavano gli assassini che, sepolti vivi a testa in giù, sarebbero morti per soffocamento.

Panoramica della salaIl suo interlocutore è un papa, Niccolò III Orsini, uomo di studio e dal carattere forte, che compì ogni sforzo per creare una potente signoria da destinare ai suoi parenti cui assegnò, senza tanti scrupoli, importanti incarichi ecclesiastici molto remunerativi: è questo il nefando crimine del nepotismo, una piaga che affligge tuttora la nostra società. Il papa cade in un deprecabile qui pro quo: scambia il Poeta per Bonifacio VIII, pontefice ancora vivente all’epoca in cui Dante scrive la sua Commedia, bramoso di potere e strenuo difensore dell’autorità della Chiesa, ma anche artefice della consolidata posizione economica della sua famiglia, i Caetani. La gaffe di Niccolò III è un sottile artificio con il quale Dante «bolla» come simoniaco il papa in carica, pur senza nominarlo esplicitamente. Ha un bel coraggio, sapendo che a Roma si poteva essere giustiziati per molto meno! Ma papa Orsini va oltre e allude anche all’arrivo di Clemente V, il pontefice francese che spostò la sede apostolica ad Avignone, asservendola per lungo tempo alla Corona di Francia. Anche lui, «ostaggio» politico di Filippo il Bello, non lesinò mezzi per concedere maggior potere alla sua famiglia: nominò cardinali ben quattro suoi nipoti!

Francesco Sagripanti

Francesco Sagripanti

Dante chiude il canto con un veemente attacco verbale a papa Niccolò III. Gli rinfaccia di aver preso con l’inganno quel danaro che lo rese ardito contro Carlo d’Angiò, lo taccia di essere un cattivo pastore e lo accusa senza mezzi termini e con durezza con il motto: “Fatto v’avete dio d’oro e d’argento…” E non risparmia nemmeno l’imperatore romano Costantino, reo di aver reso ricco e potente, con la sua celebre donazione, papa Silvestro I. E tutta questa dura invettiva contro il malcapitato Niccolò III sotto il compiacente silenzio di Virgilio. Come di consueto, il dr. Sagripanti, studioso da sempre innamorato dell’opera dantesca, ha presentato il canto dei simoniaci con termini accessibili e continui riferimenti storico-letterari, sottolineandone la grande attualità. La sua esposizione risulta avvincente e l’uditorio, ogni volta più nutrito, segue sempre con molta attenzione il suo commento. La lettura del testo poetico, resa particolarmente impegnativa dai continui cambi di registro vocale, è stata eseguita da tre fedelissimi giovani iscritti all’associazione, Lucio Sagripanti, Mattia Storani e Mattia Bartolini.



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